I VINI LIQUOROSI

I VINI LIQUOROSI

Sono definiti “liquorosi” quei vini ottenuti partendo da un vino base, con gradazione alcolica di almeno 12°, ai quali si aggiungono altri componenti come il mosto concentrato, l’acquavite e la mistrella in modo che la gradazione alcolica finale sia compresa tra i 16° e i 22°. L’aggiunta di alcol, detta anche fortificazione, blocca la fermentazione del vino e ne favorisce la stabilizzazione: per questo motivo veniva usata un tempo per conservare il vino durante i lunghi viaggi in nave dal luogo di produzione alla destinazione finale.
Le caratteristiche dei vini liquorosi sono:
  • una gradazione alcolica più elevata di quella del vino, che tuttavia non deve essere superiore al doppio di quella di partenza;
  • una concentrazione zuccherina superiore a 50 g/l.
Tra i vini liquorosi più famosi al mondo ricordiamo il Marsala, il Porto, il Madeira e lo Sherry.

Il Marsala

La nascita del Marsala si deve al caso e alla passione di un inglese. Nel 1773, John Woodhouse, mercante di Liverpool in navigazione lungo le coste siciliane, a causa di un temporale fu costretto a riparare nel porto di Marsala, una cittadina il cui nome deriva probabilmente dall’arabo Marsha-Allah, che significa “Porto di Dio”. Qui gli venne offerto un bicchiere di perpetuum (“per sempre”), un vino locale il cui nome richiamava il particolare metodo di invecchiamento utilizzato, che consisteva nel rabboccare le botti, man mano che il vino veniva consumato durante l’anno, con un vino di nuova produzione in modo da conservarne le caratteristiche.
Woodhouse apprezzò molto il vino e decise di portarlo in Inghilterra: imbarcò quindi sul suo brigantino una cinquantina di pipe (botti con capienza di circa 420 litri) di vino, addizionato con alcol etilico per renderlo resistente alle alterazioni che il viaggio poteva provocare.
Giunto in Inghilterra, questo vino fortificato fu così apprezzato che il governo britannico volle che la flotta, comandata dall’ammiraglio Nelson, ne avesse a disposizione 500 botti all’anno. Nelson stesso definì il Marsala «Degno della mensa di qualsiasi gentiluomo». Dopo la sua vittoria contro Napoleone, a Trafalgar, il Marsala fu addirittura insignito del titolo di “Victory Wine”, vino della vittoria. Woodhouse tornò in Sicilia e affittò un ▶ baglio, oggi conosciuto come Baglio Woodhouse, dove fondò il più antico stabilimento siciliano di produzione del Marsala. Nel 1806 un altro imprenditore inglese, Benjamin Ingham, acquistò un baglio a Marsala e cominciò ad affinare i metodi di produzione del Marsala, adottando nuove tecniche sperimentate in Portogallo e Spagna.
Nel 1832, Vincenzo Florio, di origine calabrese ma residente a Palermo, fu il primo italiano ad avviare la produzione di Marsala impiegando tecniche e macchinari all’avanguardia. La sua azienda, la cui insegna è un leone che si abbevera a un ruscello, in pochi anni riuscì a fare concorrenza alle aziende inglesi, mentre la sua potente flotta mercantile esportava vino Marsala in tutto il mondo.
Quando nel 1862 Giuseppe Garibaldi fece visita allo stabilimento Florio, gli venne dedicato un tipo di Marsala che ancora oggi porta il suo nome: il Marsala GD, ossia Garibaldi Dolce.
Negli anni si sono sviluppati molti altri stabilimenti di produzione e nel 1962 il primo consorzio istituito nell’Italia meridionale fu il Consorzio per la tutela del Vino Marsala, che attualmente comprende 15 aziende. Insieme, coprono circa il 90% della produzione di Marsala.

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La produzione

Secondo il disciplinare del 1969 (anno in cui venne riconosciuta ufficialmente la DOC Marsala), la zona di produzione del Marsala è circoscritta alla sola provincia di Trapani, con esclusione del Comune di Alcamo e delle isole Egadi e di Pantelleria. La produzione massima ammessa è di 100 quintali per ettaro. I vitigni da impiegare variano a seconda del tipo di Marsala:
  • per i Marsala Oro e Ambra, si usano vitigni a bacca bianca quali Grillo, Catarratto, Ansonica detto Inzolia e Damaschino;
  • per i Marsala Rubino, si usano vitigni a bacca nera quali Perricone detto Pignatello, Calabrese detto Nero d’Avola e Nerello Mascalese.
Dopo la raccolta e la pigiatura, l’uva viene vinificata in bianco all’interno di contenitori da 400 litri circa, dove inizia la fermentazione. Successivamente avviene la concia, che consiste nell’aggiunta di mosto cotto per ottenere il tipo Ambra (Marsala grezzo), o di mistella e di mosto concentrato per ottenere i tipi Fine e Superiore.
Alla presenza della Guardia di Finanza si procede quindi all’alcolizzazione, cioè all’aggiunta di alcol etilico per raggiungere una gradazione alcolica compresa tra i 18° e i 21°. Il disciplinare stabilisce anche che il grado zuccherino minimo sia di 18°.
I vini sono fatti invecchiare per diversi anni in recipienti di legno, preferibilmente di ciliegio o rovere. Il metodo più usato è il Soleras (p. 270): consiste nel disporre le botti “a caduta” in modo che avvenga il travaso di 1/3 del vino da quella superiore a quella sottostante. In ogni botte è contenuto vino di annate differenti e, in questa maniera, il prodotto diventa ricco di profumi e aromi pregiati. Seguono, infine, la decantazionela filtrazione e la refrigerazione; solo a questo punto si procede all’imbottigliamento.

La classificazione

In base al colore si distinguono tre categorie:
  • Marsala Ambra, prodotto aggiungendo mosto cotto al vino base;
  • Marsala Oro, prodotto unicamente con uve a bacca bianca (è vietato l’uso del mosto cotto);
  • Marsala Rubino, prodotto con uve a bacca rossa (è vietato l’uso del mosto cotto).
La fortificazione dei Marsala Oro e Rubino viene fatta aggiungendo acquavite di vino affinata per 5 anni in botte anziché alcol.
In base ai grammi di zucchero contenuti in un litro, il Marsala si distingue in:
  • secco, con meno di 40 g/l;
  • semisecco, con 40-100 g/l;
  • dolce, con più di 100 g/l.
In base al periodo e al metodo di affinamento, il disciplinare distingue 5 tipi:
  • Marsala Fine, con 1 anno di invecchiamento e gradazione alcolica superiore a 17°. Può essere Ambra, Oro o Rubino;
  • Marsala Superiore, con 2 anni di invecchiamento in legno e gradazione alcolica superiore a 18°;
  • Marsala Superiore Riserva, con 4 anni di invecchiamento in legno e gradazione alcolica superiore a 18°;
  • Marsala Vergine Soleras, con 5 anni di invecchiamento in legno e gradazione alcolica superiore a 18°. Per la sua produzione è vietato l’impiego di mosti cotti o concentrati e la commercializzazione deve avvenire esclusivamente in bottiglia;
  • Marsala Vergine Soleras Stravecchio o Riserva, con almeno 10 anni di invecchiamento in legno e gradazione alcolica superiore a 18°.
La produzione di Marsala Fine, Superiore e Superiore Riserva avviene aggiungendo, a fermentazione avvenuta: l’alcol, che aumenta la gradazione alcolica; il mosto cotto, che accentua gli aromi e determina il colore; la mistella, che influisce sul grado zuccherino donando rotondità e morbidezza al prodotto.
Il Marsala Vergine si ottiene da sole uve bianche, ed è chiamato così perché la fortificazione del vino base viene fatta unicamente con alcol o acquavite; è vietata l’aggiunta di altri componenti, come il mosto cotto o il mosto concentrato, permessi invece negli altri tipi. La dicitura “Soleras” indica che è stato affinato con il metodo Soleras y Criaderas.

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Il servizio

Il Marsala, vino “da meditazione”, è ottimo anche abbinato a formaggi erborinati o ai dolci tipici siciliani come la cassata, i cannoli e la pignolata.
Va servito in piccoli calici a una temperatura compresa tra i 12 °C e i 14 °C.

Il Porto

Il Porto, o Vinho do Porto, è considerato il vino portoghese per eccellenza ed è uno fra i vini liquorosi più conosciuti al mondo. Prende il nome dalla città di Oporto (Porto, in portoghese), situata nel nord del Portogallo alla foce del fiume Duero (Douro).
La coltivazione della vite venne introdotta in Portogallo dai Romani nel I secolo a.C., e già nel Medioevo i monaci usavano aggiungere acquavite al vino durante la fermentazione per aumentarne l’alcolicità e conservarne più a lungo le caratteristiche.
Anche la storia del Porto, tuttavia, è strettamente legata ai mercanti inglesi che verso la fine del XVII secolo, a causa dell’embargo imposto sui vini francesi dal re Guglielmo III d’Inghilterra in guerra con la Francia, iniziarono a rifornirsi di vino a basso costo in Portogallo. Dopo il Trattato di Methuen (1703), che sancì l’alleanza politica ed economica tra Portogallo e Inghilterra favorendo l’importazione di vini portoghesi, anche il Porto iniziò a essere conosciuto e apprezzato al di là della Manica dove anche la Casa Reale inglese ne apprezzava il sapore.

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La produzione

Il Porto si ottiene esclusivamente da uve provenienti dalla regione dell’Alto Duero. Qui, le caratteristiche geografiche e climatiche, con le colline scoscese sottoposte a forti escursioni termiche, donano carattere e concentrazione zuccherina tipiche alle uve. Per i vari tipi di Porto si miscelano diverse varietà di uva: per il Porto Ruby si usano soprattutto le varietà Tinta Barroca, Tinta Cao, Tinta Roriz, Touriga Francesca e Touriga Nacional; per il Porto White le varietà Donzelinho Branco, Folgasao, Gouvenio, Malvasia Fina e Rabigato.
La vendemmia avviene tra fine settembre e ottobre, ed è ancora eseguita a mano a causa delle asperità del terreno. Il mosto viene messo in tini d’acciaio a fermentare a una temperatura controllata di 30 °C circa. Il processo viene bloccato prima che giunga a termine aggiungendo Brandy o alcol di origine vitivinicola (Aguardente): a seconda che l’aggiunta venga fatta a inizio o verso la fine della fermentazione, si otterrà un vino più o meno dolce. Seguono poi la ▶ svinaturala decantazione e la filtrazione. Inizia poi l’affinamento, nelle tradizionali pipe da 550 litri, fino alla primavera dell’anno successivo, quando il vino è trasportato nei depositi ministeriali di Vila Nova de Gaia, cittadina sulla sponda meridionale del Duero, di fronte alla città di Porto. Il vino qui imbottigliato ottiene il “sigillo di garanzia”, posto sul collo della bottiglia, che riporta l’emblema della “Giunta Consultiva degli Assaggiatori dell’Istituto Vino di Porto” e il numero d’ordine.

La classificazione

I vari tipi di Porto hanno nomi inglesi, che ricordano come siano stati proprio loro a scoprire questo vino, a valorizzarlo e a commercializzarlo.
Vediamo le varietà più famose.

In base al colore si distinguono:
  • il Porto White, prodotto esclusivamente con uve bianche, è un vino fruttato e giovane che viene classificato in base al grado di dolcezza in secco, semisecco e dolce. Il Porto White ha un colore giallo paglierino che, con l’invecchiamento, diventa sempre più ambrato;
  • il Porto Ruby, prodotto con uve a bacca rossa, è invecchiato 2-3 anni in botti di legno e non riporta in etichetta l’annata di produzione. Ha un colore rosso rubino intenso, il profumo richiama i frutti di bosco maturi, il sapore è corposo e fruttato. È la varietà più prodotta e anche la meno costosa;
  • il Porto Tawny, prodotto da miscele di Porto bianchi e rossi, subisce un invecchiamento minimo di 3 anni in botti di rovere dove assume un colore aranciato con riflessi ambrati. Il profumo è intenso e aromatico, il sapore complesso con sentori di frutta secca, cannella, miele e caffè. In etichetta non è obbligatorio che sia riportata l’annata di produzione;
  • il Porto Vintage, prodotto con uve millesimate, cioè di un’unica annata, viene imbottigliato tra il secondo e il terzo anno dalla vendemmia per poi subire un ulteriore affinamento.

In bottiglia acquista un bouquet eccellente di profumi e aromi di spezie e frutta matura.
Solo 3 o 4 annate per decennio vengono definite “eccellenti” dal Governo e possono fregiarsi della dicitura “Vintage”.

In base all’invecchiamento, si distinguono questi tipi di Porto:
  • il Late Bottled Vintage – LBV, invecchiato almeno 4 anni, è prodotto esclusivamente in annate particolari. In etichetta deve riportare l’annata di produzione;
  • il Vintage Character Port, invecchiato da 4 a 6 anni in botti di rovere, ricorda il Porto Vintage.
    È prodotto con vini di annate diverse, talvolta addizionati con piccole quantità di Porto di annate più vecchie così da aumentare la complessità del prodotto finale;
  • il Dated, invecchiato almeno 7 anni in botti di rovere, deve riportare in etichetta l’annata di produzione;
  • il Reserve, prevede un invecchiamento minimo di 10 anni che dona al vino trasformazioni aromatiche intense e ossidazioni complesse;
  • gli Aged Tawny, conosciuti anche come “Fine Olds Tawnies”, sono vini il cui invecchiamento senza tempo può raggiungere anche i 40 anni, non essendo soggetti ad alcun disciplinare di produzione.

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Il servizio

Il Porto è un vino “da meditazione” e va sorseggiato da solo. Il White e l’Aged Tawny possono essere gustati come aperitivi, accompagnati da stuzzichini. In alternativa, grazie alla loro dolcezza e morbidezza, possono abbinarsi in modo eccellente a formaggi erborinati e a dolci secchi, dal sapore strutturato.

Il Madeira

Il Madeira o Madera prende nome dall’omonima isola vulcanica portoghese al largo della costa atlantica del Marocco.
Nel 1418, Enrico il Navigatore, principe del Portogallo, ordinò al capitano Gonzales Zarco detto “Il Guercio” di conquistare l’isola per renderla abitabile. Approdando sull’isola Il Guercio si trovò di fronte una foresta impenetrabile, e decise di darle fuoco. L’intera isola avrebbe bruciato per 7 anni consecutivi, e l’incendio avrebbe lasciato un substrato di cenere perfetto per la coltivazione della vite. Nel 1420, furono importate le prime barbatelle di Malvasia e la canna da zucchero.
Sebbene il vino prodotto all’epoca fosse di scarsa qualità, svolgeva comunque un ruolo indispensabile in quanto serviva a rifornire le navi mercantili inglesi che facevano l’ultimo scalo sull’isola prima di attraversare l’oceano Atlantico e raggiungere le coste americane. Ma per le temperature elevate delle stive, a fine viaggio il vino arrivava “cotto”. Si pensò quindi di fortificarlo aggiungendo alcol per renderlo più resistente all’ossidazione.
Ci si accorse poi, casualmente, assaggiando il vino che dopo il viaggio in America era tornato sull’isola, che il calore e l’umidità gli avevano donato una grande complessità e struttura. Nacque così il vino Madeira o Vinhos de Roda (roda, in portoghese, significa ruota, giro, e ricorda che il vino ha fatto il giro completo di andata e ritorno), un vino migliorato e arricchito di profumi, che in breve tempo divenne uno dei vini più richiesti, tanto da essere scelto da Thomas Jefferson, futuro presidente degli Stati Uniti d’America, per il brindisi alla ratifica della Dichiarazione d’Indipendenza.

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La produzione

Nell’Ottocento, in seguito alla distruzione del 90% delle viti a causa di epidemie di ▶ oidiofillossera, furono innestate nuove barbatelle di Malvasia su radici già presenti, dando vita alle uve ancora oggi impiegate: tra le rosse le varietà Jaquet, Mole e Tinta Nigra; tra le bianche Muscatel de Setubal, Sercial e Verdelho.
Per ricreare artificialmente le condizioni delle stive si utilizzarono estufas (stufe) in pietra, che aumentavano la temperatura del vino e gli conferivano il caratteristico colore ambrato e il sapore di caramello bruciato. Il termine maderizzato è entrato a far parte del vocabolario moderno per indicare un vino ossidato. Ancora oggi il Madeira viene prodotto con questo metodo, ma le stufe sono usate solo per il Madeira di minore qualità (il 95% del totale), mentre per quello più importante si preferisce una “cottura” lenta, in botti messe in capannoni dove la temperatura sale fino a 40 °C per qualche mese l’anno.

La classificazione

In base al vitigno utilizzato per la produzione si distinguono il Madeira:
  • Sercial, il più secco, indicato anche con il termine di secco; sprigiona profumi eleganti e raffinati;
  • Verdelho, semisecco, indicato anche con il termine di medio; ha un colore dorato e una lieve acidità che lo rende il vino preferito dagli anglosassoni;
  • Boal, semidolce, indicato anche con il termine di dolce; è prodotto da una varietà rara coltivata nelle zone sud dell’isola, ha un colore intenso e profumi di frutta secca e caramello, con note agrumate;
  • Malmsey, il più dolce, con un’elevata concentrazione zuccherina, è indicato anche con il termine ricco; è ottenuto da uve Malvasia.

In base all’invecchiamento si distinguono:
  • il Madeira Reserve, prodotto da uve bianche, subisce un affinamento in botti di rovere per almeno 5 anni;
  • il Madeira Special Reserve matura in botti di rovere per almeno 10 anni;
  • il Madeira Extra Reserve matura in botti di rovere per almeno 15 anni;
  • il Vintage Madeira, prodotto da uve bianche di un’unica annata, invecchia in botti di rovere per almeno 20 anni. È obbligatorio indicare l’annata di produzione in etichetta;
  • il Solera Madeira, prodotto con lo stesso metodo dello Jerez (Sherry) spagnolo (p. 268), viene invecchiato come minimo 5 anni in botti secondo il metodo Soleras (p. 270): ogni anno si preleva dalla botte 1/10 del contenuto e si aggiunge un’uguale quantità di un vino più giovane. Questo procedimento si può ripetere fino a 10 volte, poi diventa obbligatorio imbottigliare il contenuto della botte. L’annata indicata sulla bottiglia è quella della vendemmia; del vino iniziale, alla fine del procedimento, resta solo 1/10 del contenuto.

Il servizio

Il Madeira è un vino versatile: può essere servito come aperitivo, nelle tipologie Sercial e Verdelho, o in abbinamento ai dessert, nei tipi Boal e Malmsey. Inoltre, come gli altri vini liquorosi è molto usato in cucina per preparazioni di carni, salse e in pasticceria.

Protagonisti in Sala
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