Che cosa serve per fare la birra?

Che cosa serve per fare la birra?

La birra si ottiene facendo fermentare con lievito selezionato un mosto preparato con acqua, malto di orzo e cereali anche torrefatti e aromatizzati con luppolo.

Per poter ottenere un buon bicchiere di birra, però, sono necessarie materie prime di ottima qualità: vediamo quali sono e che caratteristiche devono avere.

L’acqua

È fondamentale. Per produrre 1 litro di birra, infatti, servono 5-7 litri d’acqua: per la maggior parte sono usati per lavare e igienizzare i contenitori e gli ambienti di lavorazione; il resto serve per dare corpo alla birra, di cui rappresenta il 90% circa del volume. Per questo deve avere caratteristiche ben precise: oltre, ovviamente, a essere potabile, deve essere batteriologicamente pura e non contenere nitrati o nitriti. Di solito, l’acqua meno ricca di sali minerali è usata per produrre birre chiare e moderatamente alcoliche; quella più dura, invece, si usa per birre aromatiche, corpose e con grado alcolico superiore.

Non è un caso che le fabbriche di birra più antiche sorgessero a ridosso delle montagne, là dove sgorgavano abbondanti sorgenti di acqua. Oggi, invece, esistono aziende che usano acque trattate, producendo così birra dalle caratteristiche costanti.

I cereali

Sono la fonte di zuccheri (amido) che permette la vita ai lieviti. Il più importante è l’orzo (Hordeum vulgare), un cereale “parente” del grano, che cresce fino a 1600 m sul livello del mare. Non a caso, la birra è la bevanda fermentata più diffusa nei Paesi dove la temperatura e le condizioni climatiche ostacolano la coltura della vite.

Di solito, nella produzione della birra si usa la specie Hordeum disticum, caratterizzata da una spiga con 2 file di chicchi che si raccoglie fra aprile e giugno.

Al posto dell’orzo sono utilizzabili anche mais, riso, frumento, sorgo o avena, che possono essere maltati o no. Usati in quasi tutti i Paesi perché promuovono la produzione di birre più  beverine stabili, in Italia, per legge, la quantità di semi diversi dall’orzo utilizzabili nella produzione della birra non può superare il 40%.

Il luppolo

Questa pianta rampicante perenne (Humulus lupulus), appartenente alla stessa famiglia della canapa, sviluppa esili fusti che possono arrivare a 7 m d’altezza e cresce bene in aree dal clima continentale, con estati calde e asciutte e inverni rigidi e piovosi. Esistono piante maschili (che producono solo fiori maschili) e piante femminili: sono i fiori di queste ultime a essere impiegati nella produzione della birra, perché, essendo ricchi di ghiandole resinose, producono sostanze che danno alla birra il suo tipico gusto, contibuendo a rendere la schiuma persistente e compatta. La sostanza giallastra secreta dalle ghiandole resinose è costituita principalmente da:

  • sostanze  amaricanti: sono acidi come la luppolina, il lumulone e il lupulone che, oltre al classico sapore amaro, hanno anche un potere antisettico, e polifenoli come i flobafeni e lo xantumolo;
  • oli essenziali, che aggiungono interessanti note aromatiche e profumi;
  • resine, che migliorano le caratteristiche della schiuma.

Il luppolo più rinomanto proviene dalle aree intorno a Žatec, nella Repubblica Ceca; a Hallertau in Baviera; a Yakima nello Stato di Washington (USA); oltre che dalle regioni del Kent in Inghilterra; dell’Alsazia in Francia; del Belgio e della ex Jugoslavia. Per la produzione di birra, i fiori vengono oggi trasformati in  pellet, in sciroppo o essiccati per essere usati nella tecnica di dry hopping (in cui si aggiunge il luppolo a mosto freddo).

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Il lievito

È il nome generico dato a più di mille specie di funghi unicellulari; essi producono ed emettono una serie di enzimi che, digerendo gli zuccheri presenti nell’ambiente, ne ricavano energia per riprodursi. Nella produzione della birra, in assenza di ossigeno e secondo un processo chiamato fermentazione (p. 99), gli zuccheri vengono trasformati in alcol e anidride carbonica che rimangono disciolti nel liquido. Le specie di lieviti usate sono due:

  • Saccharomyces carlsbergensis, attivo a una temperatura compresa fra i 5 e i 10 °C; durante il processo di fermentazione, tende a depositarsi sul fondo del tino di fermentazione: da qui il termine di “bassa” fermentazione, per la quale viene usato;
  • Saccharomyces cerevisiae, attivo a una temperatura compresa fra i 15 e i 20 °C; durante il processo di fermentazione tende a salire alla superficie del mosto: da qui il termine di “alta” fermentazione, per la quale viene usato.

la birra nella legge

Secondo la legge italiana, si può chiamare “birra” solo il «prodotto ottenuto dalla fermentazione alcolica con ceppi di Saccharomyces carlsbergensis o di Saccharomyces cerevisiae di un mosto preparato con malto, anche torrefatto, d’orzo o di frumento o di loro miscele ed acqua, amaricato con luppolo o suoi derivati o con entrambi. […] Il malto di orzo o di frumento può essere sostituito con altri cereali, anche rotti o macinati o sotto forma di fiocchi, nonché con materie prime amidacee e zuccherine nella misura massima del 40% calcolato sull’estratto secco del mosto».

Inoltre, è ammesso l’impiego di estratti di malto torrefatto e di additivi alimentari consentiti (D.M. 27 febbraio 1996 n. 209).

Infine, «è esente da accisa la birra prodotta da un privato e consumata dallo stesso produttore, dai suoi familiari e dai suoi ospiti, a condizione che non formi oggetto di alcuna attività di vendita».

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