Secondo la legge italiana, si può chiamare “birra” solo il «prodotto ottenuto dalla fermentazione alcolica con ceppi di Saccharomyces carlsbergensis o di Saccharomyces cerevisiae di un mosto preparato con malto, anche torrefatto, d’orzo o di frumento o di loro miscele ed acqua, amaricato con luppolo o suoi derivati o con entrambi. […] Il malto di orzo o di frumento può essere sostituito con altri cereali, anche rotti o macinati o sotto forma di fiocchi, nonché con materie prime amidacee e zuccherine nella misura massima del 40% calcolato sull’estratto secco del mosto».
Inoltre, è ammesso l’impiego di estratti di malto torrefatto e di additivi alimentari consentiti (D.M. 27 febbraio 1996 n. 209).
Infine, «è esente da accisa la birra prodotta da un privato e consumata dallo stesso produttore, dai suoi familiari e dai suoi ospiti, a condizione che non formi oggetto di alcuna attività di vendita».