Come si fa la birra

Come si fa la birra

Anche la lavorazione della birra è piuttosto complessa e viene distinta in una serie di fasi: vediamole in successione, descrivendo brevemente in che cosa consistono e a che cosa servono.

Il maltaggio

Per il suo impiego nell’industria della birra l’orzo deve essere maltato, vale a dire che i chicchi, separati dalla spiga, vanno fatti germogliare. L’orzo germogliato prende il nome di malto; se si usa un altro tipo di cereale maltato, va detto espressamente (malto di grano, di riso...). La maltatura rende solubili gli amidi contenuti nei chicchi facilitando la fermentazione del mosto. Le operazioni più importanti di questo procedimento di solito non avvengono nella fabbrica della birra:

  • la germinazione o tallitura; i chicchi vengono tenuti a macerare circa 36 ore in vasche d’acqua a 16 °C e con un’umidità dell’ambiente del 38 %. I semi si rigonfiano e vengono stratificati sul germinatoio arieggiato e con un’umidità del 45 %; qui restano circa 6 giorni, finché non spuntano le piccole radici durante il processo di germinazione. I semi germogliati sono detti malto verde, ma il processo di sviluppo della nuova pianta va fermato: si passa così alla fase successiva;
  • l’essicamento o torrefazione; un getto d’aria calda per circa 36 ore elimina l’umidità e disidrata i germogli. Si ottengono così:
    – il malto pallido, esposto ad aria a circa 85 °C, che serve per le birre chiare;
    – il malto caramellato, esposto ad aria a circa 105 °C che serve per le birre ambrate;
    – il malto torrefatto, esposto ad aria a oltre 130 °C che serve per le birre scure.

Poi il malto viene macinato ed è pronto per la lavorazione.

L’ammostamento e la chiarificazione del mosto

Il malto e le altre materie prime vengono impastate con l’acqua calda dentro i tini di miscelazione fino a ottenere una specie di polenta. La produzione del mosto ha 3 fasi importanti, che diversificano le varie birre conferendo loro aromi e corposità differenti; esse sono determinate dalla temperatura raggiunta.

  • 50-53 °C: a questa temperatura agiscono alcuni enzimi (proteasi ) che “digeriscono” le proteine dividendole negli amminoacidi che le compongono: ciò è importante sia per l’azione dei lieviti sia per lo sviluppo dell’aroma della birra.
  • 63-67 °C: a questa temperatura agiscono altri enzimi (amilasi ) che “digeriscono” gli amidi dividendoli negli zuccheri elementari che li compongono: sono questi zuccheri che il lievito usa durante la fermentazione, trasformandoli in alcol etilico e anidride carbonica. Essi costituiscono i 2/3 circa dell’estratto presente nel mosto filtrato.
  • 71-73 °C: a questa temperatura agiscono altre amilasi che trasformano gli amidi rimasti in zuccheri complessi (polisaccaridi), che il lievito non può usare, e che perciò restano inalterati nel mosto. Questi zuccheri contribuiscono alla corposità della birra e del suo  abboccato.

Si passa quindi alla chiarificazione del mosto, da cui vengono eliminate le parti che non servono alla fermentazione: le bucce dell’orzo e le parti più grezze che, insieme, formano le trebbie, un ottimo alimento per gli animali. Il mosto chiarificato passa così alla fase successiva.

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La cottura e l’aromatizzazione

Nella caldaia di rame, oltre al mosto si mette il luppolo e si porta a ebollizione per:

  • sterilizzare il prodotto;
  • arrestare l’attività degli enzimi;
  • coagulare le proteine instabili;
  • estrarre dal luppolo le sostanze aromatiche;
  • estrarre e polimerizzare le sostanze amare del luppolo.

Dopo 1-2 ore il mosto passa al filtraggio per eliminare il luppolo e altre parti insolubili, quindi viene messo in un mulinello (whirpool ) per eliminare, attraverso una centrifugazione, le sostanze che ulteriormente intorbidiscono e che saranno aggiunte alle trebbie.

La fermentazione

Prima di questo passaggio, il mosto va raffreddato alla temperatura adatta al tipo di birra che se ne vuole ottenere: fra 5 e 10 °C per la bassa fermentazione, fra 15 e 25 °C per l’alta fermentazione, a temperatura ambiente per la fermentazione spontanea.

Con la fermentazione gli zuccheri sono trasformati in alcol etilico e anidride carbonica secondo la formula descritta da Gay Lussac (1778-1850) per la decomposizione del glucosio:


C6H12O6 → 2C2H5OH         + 2CO2       + 18 kcal/mol

glucosio            alcol etilico    anidride carbonica    energia/quantità di sostanza 


Questa è una fase molto importante per l’aroma della birra: perché si svolga bene, va eseguita in un ambiente assolutamente sterile e perfettamente pulito, facendo molta attenzione alla composizione del mosto, alla purezza del lievito e alla temperatura, per evitare che si sviluppino microrganismi indesiderati che interferiscano con l’aroma e con il gusto del prodotto.


Tre tipi di fermentazione della birra
Bassa fermentazione Alta fermentazione Fermentazione spontanea

• Temperatura di fermentazione: fra 5 e 10 °C.

• Lieviti della specie Saccharomyces carlsbergensis.

• Alla fine della fermentazione il lievito è depositato sul fondo del tino.

• Si producono birre definite lager.

• Temperatura di fermentazione: fra 15 e 25 °C.

• Lieviti della specie Saccharomyces cerevisiae.

• Alla fine della fermentazione il lievito si stratifica sulla superficie del liquido.

• Si producono birre definite ale.

• Temperatura di fermentazione: ambientale.

• Lieviti e microrganismi presenti nell’aria.

• I tempi di fermentazione sono molto lunghi e la fermentazione è poco sicura.

• È usata quasi solo in Belgio e dà birre definite lambic.

Le principali sono:

Bock/Doppelbock, Lager, Münchner, Pils, Vienna.

Le principali sono:

Abbazia, Ale, Alt, Blanche, Stout, Trappiste, Weizen.

Le principali sono:

Faro, Gueze, Kriek/Framboise, Lambic.

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La maturazione o stagionatura

Quando il 90% circa degli zuccheri è stato trasformato in alcol (dopo 3-7 giorni di fermentazione) si passa alla maturazione, o stagionatura, o fermentazione secondaria: la cosiddetta birra giovane, travasata o no nei serbatoi di maturazione o stagionatura, viene sottoposta per 2-6 mesi a una leggera pressione di anidride carbonica che la satura evitandone l’ossidazione. Inoltre, la temperatura è mantenuta a 3-5 °C (maturazione tradizionale), a 4-12 °C (maturazione controllata) o a 18-20 °C (maturazione forzata). Questa operazione, che dura più a lungo per le birre a bassa fermentazione ed è più breve per quelle ad alta fermentazione, serve a far depositare i residui di lievito e, attraverso processi biologici e fisico-chimici, a far raggiungere alla birra il suo profilo organolettico definitivo.

Stabilizzazione e chiarificazione

Quando viene confezionata, normalmente la birra dev’essere perfettamente limpida: per questo viene purificata usando quasi sempre filtri con strati di coadiuvanti come la farina fossile o il gel di silice, che eliminano tutte le particelle insolubili, di origine biologica (proteine, lieviti) o chimico-fisica, ancora presenti. In questo modo la birra viene stabilizzata, cioè resa inalterabile dal punto di vista microbiologico, chimico e fisico.

Il confezionamento

È una delle fasi più delicate: dopo la chiarificazione, la birra va confezionata velocemente per evitare che si ossidi o che possa essere attaccata da batteri. Si può confezionare:

  • in bottiglie di vetro che, per ostacolare la penetrazione dei raggi di luce dannosi per la birra, sono di colore ambrato o di colore verde, meno efficace perché obbliga a conservare le bottiglie in ambienti più bui. La luce, infatti, fa acquistare alla birra un tipico gusto di uovo marcio. Sigillate con tappi a corona applicati a pressione, nel mercato italiano, le bottiglie possono essere:
    – di vetro a rendere, con forma e misure standard (20, 33, 50 e 66 cl);
    – di vetro a perdere con una forma che può variare a seconda del produttore ma contenuto predefinito (20, 33, 50 e 75 cl o 1, 2, 3, 4, 5 litri);
  • in lattine, cioè barattoli in alluminio o in banda stagnata con un rivestimento interno di vernice speciale che deve separare perfettamente la birra dal metallo. Il coperchio, che viene fissato ribaltando il bordo (curlingatura), ha una linguetta a strappo per l’apertura e la mescita;
  • in fusti o keg di acciaio inossidabile, forma cilindrica e capacità variabile dai 15 ai 50 litri. Hanno una valvola di spillatura e uno spillone che, attaccati a un impianto alla spina, facilitano il raffreddamento e il servizio della birra. Oggi esistono anche i K-keg, fusti in  PET che offrono una maggior persistenza del prodotto, ma non sono riutilizzabili.

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La pastorizzazione

La birra confezionata può essere sottoposta alla pastorizzazione per aumentarne la conservabilità: la confezione viene portata a una temperatura sui 60 °C per circa 10 minuti: questo uccide gli eventuali microorganismi presenti. Segue poi un rapido raffreddamento (colpo di freddo).

La conservazione

La birra ha vari nemici: l’ossigeno, la luce, la temperatura, il tempo.

L’ossidazione cambia il gusto della birra, che diventa sgradevole (gusto di carta ). Per questo, per mandare in pressione la birra da servire alla spina si usa anidride carbonica, e non l’aria compressa; ciò nonostante, dopo l’innesto dell’attacco per la spillatura la birra alla spina va consumata entro 4 giorni circa. Sempre per evitare l’ossidazione, anche le bottiglie e le lattine vanno consumate il prima possibile dal momento dell’apertura.

Anche la luce provoca uno sgradevole cambiamento nel gusto della birra (sapore di luce, tipico gusto di uovo marcio). Per questo una volta confezionata la birra va assolutamente conservata al buio.

Anche la temperatura è importante: per mantenere intatti i suoi caratteri organolettici, la birra non va esposta al sole per lungo tempo e va conservata in luogo fresco, fra i 5 e i 27 °C.

Infine il tempo: a differenza del vino, la birra non invecchia; è un prodotto giovane, che va consumato nel più breve tempo possibile. Sicuramente entro la data di scadenza (in genere 18 mesi dalla produzione), ma è meglio il prima possibile dopo il confezionamento.

Solo con alcuni tipi di birra non pastorizzata né filtrata e particolarmente alcolica e ricca di luppolo – che, con i suoi componenti, favorisce la conservazione – è possibile tentare l’invecchiamento: a volte, l’etichetta di questa birra riporta la data di produzione invece che quella di scadenza; non essendo pastorizzata, però, è bene sapere che se non viene messa a invecchiare, si altera in fretta. In genere, queste birre raggiungono il loro massimo del gusto dopo un invecchiamento di 5 anni, e solo in rari casi dopo un periodo più lungo.

Le bottiglie con il tappo a corona vanno conservate in verticale, se hanno il tappo di sughero vanno messe orizzontali, lievemente inclinate con il tappo in basso, proprio come si fa con le bottiglie di spumante.

La composizione della birra

Sostanza

Percentuale

Acqua

91

Acidi

0,5-0,35

Alcol

3-4 (a volte fino a 9)

Zuccheri

0,2-0,7

Anidride carbonica

0,4

Proteine

0,2-0,7

Sali minerali

0,35-0,5

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