SLOW FOOD insegna...

CIBI DA STRADA

L’uso di acquistare e consumare cibi per strada si tramanda da millenni nei più vari contesti etno-geografici. Tracce di luoghi dove si somministravano all’aperto alimenti e bevande – oggi li chiameremmo “chioschi”, ma possono essere anche bancarelle ambulanti o botteghe di piatti pronti da asporto affacciate sul suolo pubblico – sono state trovate in numerosi scavi archeologici di età romana. Nei secoli successivi, anche in coincidenza con fiere e mercati, si consolidò l’abitudine a questo tipo di ristorazione: economico, semplice e informale, ben radicato soprattutto nelle grandi città di ogni regione del nostro Paese, oggi sta conoscendo una fase di riscoperta in virtù della sua straordinaria modernità. Dai turisti in visita ai centri storici ai lavoratori in pausa pranzo, sono molte le persone che scelgono di mangiare un boccone senza doversi sottoporre a lunghe attese né dover affrontare costi alla lunga insostenibili per il loro portafoglio. Il cibo di strada è, in sostanza, un fast food all’italiana, che si distingue dal modello americano per almeno tre elementi: gli alimenti offerti sono di origine locale e tradizionale, quindi non omologati; la confezione è artigianale e non industriale; il consumo non è necessariamente “veloce”, ma anzi si adatta ai ritmi e alle esigenze di ciascuno.
Tra i luoghi dove ci si può sfamare in questo modo simpaticamente alternativo vanno ricordate innanzitutto le friggitorie che, da Nord a Sud, dispensano prelibatezze locali: a Genova offrono frisceu, panizze, cuculli e cartocci di pesce; a Roma supplì e tranci di baccalà; a Napoli paste cresciute, crocchè di patate, sciurilli (fiori di zucchina), pizze fritte; a Palermo arancini, cazzilli e panelle. Lo stesso capita nelle focaccerie, che vendono vari prodotti da forno: dalla piadina emiliana allo sfincione palermitano, dalla farinata alla puccia di Taranto, dalla scacciata siciliana al castagnaccio toscano, oltre naturalmente a pizze e calzoni divenuti quasi universali.
Ma non basta: per gli amanti delle interiora, la Sicilia è un paradiso che offre il quarume (frattaglie bovine lessate), le stigghiola (animelle e peritoneo di agnello, avvolte nelle budelline dell’animale in fagottini cotti sulla brace), mussu e carcagnola (insalata di testina di vitello, zampetti e muso di maiale), pani ca’ meusa (panino morbido farcito di milza o polmone di vitello). Ma anche a Napoli si vende per strada la carnacotta (trippa e altri tagli del quinto quarto, asciutti o in zuppa), in Puglia le ipercaloriche bombette (involtini di capocollo di maiale imbottiti di pecorino) e a Firenze la trippa e il lampredotto (l’abomaso bovino). E nei luoghi di mare, si trovano offerte di pesci e molluschi: dal polpo bollito del mercato palermitano della Vucciria ai folpeti (moscardini) dei chioschi di Padova.

Il nuovo sarò Maître, sarò Barman
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Corso di Sala e Vendita per il primo biennio