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La lavorazione del cacao

Vediamo nel dettaglio i vari momenti che portano dalla raccolta dei frutti alla produzione di cacao pronto per l’uso.

La raccolta

I frutti, chiamati cabosse, grandi come meloni, sono staccati dai tronchi e aperti a colpi di machete: da qui si estraggono 30-40 semi chiamati fave, avvolti in una mucillaggine biancastra fatta di zuccheri.

La fermentazione

I semi vengono ammassati in tinozze di legno, in cesti o avvolti in foglie di banano, e messi sotto terra: in questo modo, la temperatura si mantiene sui 40-50 °C ad opera del processo di fermentazione durante il quale gli zuccheri si trasformano in acidi (soprattutto acido lattico e acido acetico). Inoltre, dopo un periodo di 3-5 giorni, a fermentazione avvenuta, i batteri e i lieviti iniziano a produrre i precursori dei 500 aromi presenti nel cacao. Con questa lavorazione, dunque, la polpa residua dei frutti viene eliminata, il sapore amaro e astringente delle fave si riduce mentre si sviluppano gli oli essenziali. Per ottenere una buona fermentazione, le fave vanno rimestate quotidianamente.

L’essiccazione

A seguito della fermentazione, le fave vengono di solito stese al sole su graticci o su speciali “cassettoni” in modo da poterle rapidamente ritirare al coperto in caso di pioggia. Se il clima non permette di asciugarle al sole, si mettono in enormi stanze dove sono sottoposti a flussi d’aria calda. In questo modo le fave perdono la metà circa del loro peso e, col nome di cacao verde, vengono insaccate nella iuta e spedite agli importatori.

La tostatura

Raggiunte le fabbriche, le fave sono tostate come si fa con il caffè: la tostatura serve a eliminare l’umidità residua, e il grado di tostatura dipende dalle necessità dell’azienda. Di solito le fave sono riscaldate per un tempo che dipende dal prodotto finale: per il cacao in polvere rimangono 1-2 ore a 115-120 °C; per il cacao da cioccolato 70-130 minuti a 105 °C. Una cottura eccessiva potrebbe aumentarne l’acidità e l’astringenza, rendendo la produzione difettosa.

La triturazione o molitura

Le fave torrefatte passano poi attraverso una serie di cilindri per essere ridotte in polvere: poiché contengono il 50-60% di materia grassa (il cosiddetto burro di cacao), vengono ridotte in pasta che per effetto congiunto del calore e della macinazione si fa fluida. È la cosiddetta “massa o pasta di cacao” o “liquore di cacao” che può prendere due strade diverse: una porta a produrre il cacao in polvere, l’altra a produrre il cioccolato.

Il cacao in polvere e il cacao magro

La massa di cacao viene filtrata a pressione in modo da separare il burro di cacao, una sostanza grassa di colore bianco giallastro, dal pannello; è questa parte che, polverizzata, dà il cacao in polvere. Sgrassando ulteriormente il cacao in polvere si ottiene il cacao magro.

Dal cacao al cioccolato

Per arrivare a produrre il cioccolato serve una serie di lavorazioni ulteriori.

L’aggiunta di lecitina

La lecitina di soia è un ingrediente fondamentale nella produzione del cioccolato: essa ha lo scopo fondamentale di emulsionare l’umidità ancora presente in tracce nel cacao, con la parte grassa; in questo modo la viscosità si abbassa aumentando la fluidità del preparato.

Il concaggio

Questa operazione consiste nel mettere il prodotto in speciali conche (da qui il nome) a temperatura controllata di 40 °C, dotate di bracci che rimescolano e amalgamano alla perfezione tutti gli ingredienti: cacao, latte, zucchero, vaniglia, nocciole… tutto ciò che si vuol mettere nella cioccolata per renderla squisita viene perfettamente amalgamato. È un procedimento importante, dal quale dipendono la pastosità, la rotondità e il gusto vellutato, ma anche la durezza e la brillantezza esterna del cioccolato una volta consolidato. La procedura del concaggio varia da Paese a Paese: secondo Rudolph Lindt, il suo inventore, il processo doveva durare 72 ore.

Il temperaggio

Dopo il concaggio, la cioccolata viene lavorata dalla macchina temperatrice: modulando la temperatura dai 40 °C del concaggio ai 28 °C per poi tornare ai 31 °C, essa provoca la cristallizzazione del burro di cacao in modo tale che, una volta prodotta, la tavoletta possa resistere al calore, avere un aspetto lucido e produrre il classico “schiocco” quando viene spezzata.

Il modellaggio

È la fase finale: il prodotto fluido viene versato in stampi di metallo o di legno appoggiati su nastri in movimento che, vibrando, eliminano eventuali bolle d’aria e rendono il prodotto perfettamente uniforme. Lasciandolo raffreddare, si ottengono le tavolette.

Conservare il cioccolato

Cacao in polvere e cioccolato vanno conservati al fresco e in ambiente assolutamente asciutto: essi sopportano male l’umidità che assorbono facilmente. Per questo, il frigorifero non è il posto adatto a conservarli, eccetto che per brevi periodi nella stagione calda. Inoltre assorbono anche gli odori: vanno avvolti in una pellicola trasparente o messi in sacchetti di plastica a chiusura ermetica, se si vuole preservarne l’aroma.
Con il caldo, i cristalli di zucchero e il burro di cacao affiorano dal cioccolato sotto forma di una patina biancastra: è un fenomeno che dà alle tavolette un aspetto non bello, senza però comprometterne il sapore o l’aroma.

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