La lavorazione del caffè

La lavorazione del caffè

Per poter produrre una buona tazza di caffè, un morbido cappuccino o un delizioso gelato al caffè, i chicchi devono passare attraverso una serie di lavorazioni: dalla raccolta sulle colline tropicali del mondo, al banco del bar o alla moka di casa, il viaggio è davvero lungo!

La raccolta

La pianta del caffè fiorisce in tempo di pioggia: tanti sono i periodi piovosi in un anno, altrettante saranno le fioriture. È così che, sulla pianta, si possono trovare fiori, frutti acerbi e frutti maturi. Nella raccolta, quindi, si possono seguire due modi di procedere, che influenzano in modo determinante la qualità del prodotto finale:

  • il picking: consiste nel visitare le piante più volte nell’arco del mese, raccogliendo solo i frutti che appaiono perfettamente maturi. Questo è certamente il metodo che permette di avere il prodotto migliore, ma i costi gestionali sono decisamente più elevati. Di solito, questo sistema viene usato per la raccolta dell’arabica;
  • lo stripping: è il metodo più veloce, e consiste nel visitare la pianta una volta sola, e strappare dall’interno dei rami verso l’esterno tutti i frutti, maturi o acerbi. È un metodo che può essere automatizzato, riducendo molto i costi; tuttavia, l’uso dei macchinari, oltre a dare un prodotto meno buono, il più delle volte danneggia le piante.

Dal frutto al chicco

Il passo successivo alla raccolta è isolare i chicchi privandoli del resto del frutto. Anche in questo caso si possono seguire due sistemi diversi.

Il trattamento in umido
I frutti raccolti a picking sono messi in macchine spolpatrici che li schiacciano liberando i semi. Questi vengono lavati, cioè messi in grosse vasche d’acqua dove microgetti molto potenti staccano i residui di polpa rimasta ancora attaccata. Poi sono asciugati al sole, in modo naturale – che è il metodo migliore – o in modo artificiale, lasciandoli in enormi stanze dove soffiano getti d’aria calda.
Infine, i chicchi vengono messi in macchine decorticatrici che li libereranno definitivamente dal pergamino. Si ottiene così il caffè lavato, pronto per essere insaccato. Questa lavorazione è complessa e costosa, ma fa sì che il prodotto ottenuto sia di grande qualità.

Il trattamento a secco

Il materiale proveniente dalla raccolta a stripping viene per prima cosa selezionato separando i frutti dalle foglie, dalle pietre o dai rami presenti. I frutti vengono quindi sparsi a terra in grandi cortili e lasciati seccare al sole. In pochi giorni la buccia e la polpa saranno perfettamente asciutte: i frutti verranno messi nelle macchine decorticatrici che li libereranno da bucce, polpa e pergamino. Si ottiene così il caffè naturale, o non lavato, pronto per essere insaccato.

Dalla selezione alla tostatura

Una volta isolati, i chicchi (caffè verde) sono messi in sacchi di iuta da 60 kg: il caffè viene acquistato così dagli importatori, che lo sottoporranno a ulteriori processi di lavorazione prima di arrivare alla tostatura.

La selezione
Nei Paesi importatori come l’Italia, il caffè verde viene selezionato da macchine selezionatrici a fibra ottica: i chicchi vengono messi in una tramoggia che li fa defluire su una piastra vibrante. Così essi vengono separati (sgranati) e convogliati lungo scivoli (canali) che, grazie alla lunghezza, all’inclinazione, alla forma e al trattamento che li caratterizzano, fanno accelerare in modi diversi i chicchi che si distanziano fra loro. In questo modo, la selezionatrice può ispezionarli uno a uno: la loro immagine convertita in segnale elettronico che varia in base al colore, viene elaborata e confrontata a parametri prefissati. Se il chicco è conforme a quanto prefissato, cadrà nella tramoggia di raccolta, altrimenti si aziona una valvola che, con un preciso soffio d’aria, lo fa deviare dalla sua traiettoria e scartare.

La miscelazione
In genere, ogni partita di caffè è caratterizzata da un particolare aroma e gusto tipico: la miscelazione quindi, viene eseguita con lo scopo di:

  • migliorare la qualità assoluta del caffè;
  • fare in modo che le caratteristiche del caffè rimangano invariate nel tempo.
L’obiettivo è quello di ottenere una miscela di chicchi che diano un caffè di un livello qualitativo superiore a quello che si può ottenere dei singoli tipi di caffè. Una miscela può essere composta da vari tipi di solo caffè arabica, di solo robusta, oppure di arabica e robusta insieme. I maestri torrefattori miscelano i chicchi verdi a loro disposizione, provenienti da diverse partite, creando qualità uniche, dal gusto e dall’aroma specifici, caratteristiche costanti nel tempo che costituiscono un vero e proprio marchio di fabbrica distintivo dell’azienda.

La tostatura o torrefazione
Questo processo consiste nel riscaldare i chicchi che subiscono trasformazioni fisiche e chimiche. Da verdi che erano, diventano bruni per la caramellizzazione degli zuccheri presenti: a seconda delle temperature raggiunte, è più o meno profonda e, con essa, varia il colore. Nello stesso tempo si verificano reazioni chimiche con cui il chicco acquista il suo tipico aroma.
Durante questa delicata operazione, il peso del chicco diminuisce del 15% circa, mentre il suo volume aumenta del 60% circa: al suo interno, infatti, si sviluppano gas come l’anidride carbonica che lo rigonfiano. Inoltre, dopo questa lavorazione, il chicco non è più duro ed elastico come prima, ma friabile.
La tostatura avviene a circa 230 °C e può essere realizzata con:

  • macchine a convezione d’aria; esse producono un flusso d’aria calda che tiene in sospensione i chicchi; la torrefazione è più omogenea e profonda;
  • macchine a tamburo; il caffè si riscalda per contatto con le pareti metalliche arroventate.
Successivamente il caffè deve essere immediatamente raffreddato con aria o acqua: naturalmente è meglio con l’aria, perché ciò garantisce l’assenza di umidità, un parametro utile per la qualità del prodotto finale.

Il confezionamento

Serve a proteggere il caffè da tutti gli agenti che possono alterarne le qualità organolettiche: l’ossigeno, il calore, la luce e l’umidità. Anche in questo caso i sistemi usati sono due:

  • sottovuoto, cioè eliminando l’aria e mettendo il caffè in ambiente a gas inerti con tasso di umidità quasi nullo; questo processo permette di conservarlo per circa 24 mesi. Può essere messo sottovuoto anche in un sacchetto multistrato con valvola unidirezionale (valvola salvaroma): in questo caso il periodo di conservazione si riduce a circa 3 mesi;
  • non sottovuoto: confezionato di solito in sacchetti di carta o di plastica, il caffè può essere conservato meno di 2 settimane. Altrimenti si può confezionare in sacchetti con valvola salvaroma: è un dispositivo che scarica all’esterno l’anidride carbonica che si può sviluppare dai chicchi, senza, però, far entrare l’aria esterna nel sacchetto. In questo modo la conservazione arriva a 1 mese.

La commercializzazione

Il caffè che si trova in commercio è di vario tipo.

  • Il caffè in grani: è confezionato subito dopo la torrefazione e viene in gran parte destinato alla vendita al bar.
  • Il caffè macinato: dopo la torrefazione viene ridotto in una polvere di granelli più o meno grossi; di solito è destinato all’uso casalingo.
  • Il caffè solubile: dopo la torrefazione, il caffè viene usato per fare un infuso che, successivamente liofilizzato, viene messo in commercio; anch’esso è destinato all’uso casalingo.
  • Il caffè decaffeinato: poiché la caffeina non è tollerata bene da tutti, attraverso una serie di lavorazioni si produce un caffè nel quale la quantità di questa “droga” è notevolmente ridotta. Non essendo possibile rimuoverla del tutto, esistono standard che permettono di definire il caffè decaffeinato: lo standard internazionale permette un residuo di caffeina nei semi di caffè del 2,5%; lo standard europeo invece impone un residuo di caffeina nei chicchi di caffè inferiore allo 0,1%. Mediamente, una tazzina di caffè decaffeinato contiene 2-3 mg di caffeina contro gli 80-120 di un’analoga tazzina di caffè normale.
    Esistono vari processi per eliminare la caffeina dal caffè: vediamo i 3 principali.
    Ad acqua: la caffeina viene rimossa da un infuso di caffè per mezzo di filtri o altre tecnologie, quindi i chicchi di caffè vengono immersi in questo infuso; siccome l’infuso ha la loro stessa composizione (eccetto che per la caffeina), solo la caffeina presente nei chicchi passa nel liquido: le sostanze aromatiche rimangono al loro interno. È un processo che richiede diversi passaggi prima di arrivare a rimuovere la quantità voluta di caffeina. Dopo ogni passaggio, la caffeina che passa nell’infuso viene rimossa e si ripete l’operazione.
    Con i solventi: i chicchi vengono immersi in solventi che “sciolgono” la caffeina. Successivamente, caffeina e solventi vengono rimossi.
    Con i trigliceridi: i chicchi di caffè sono immersi in un bagno caldo di acqua e caffè; la caffeina migra verso la superficie dei chicchi, che vengono successivamente immersi in un bagno di olio di caffè ricavato da chicchi esausti. I trigliceridi dell’olio di caffè rimuovono la caffeina.

Il nuovo sarò Maître, sarò Barman
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