I condimenti

I condimenti

Il modo in cui si condisce un’insalata è fondamentale: dare la giusta nota di sapore in più ravviva gli aromi delle verdure, rendendole più fresche e saporite, o accende di colore le combinazioni dei sapori delle insalate composte. Alcuni componenti – come l’olio e l’aceto – sono quasi sempre presenti, e devono essere altrettanto freschi e genuini quanto le verdure scelte per il piatto. Ma sono “condimenti” anche gli altri sapori che si aggiungono alle insalate: la senape, le spezie, le erbe aromatiche, il limone, i dressing e le salse. Vediamo qualcosa di più su questi ingredienti usati in minime quantità, ma che così tanto aggiungono al piatto.

L’olio d’oliva

Sembra impossibile che all’olivo, una pianta così semplice e rude, dai frutti amari e minuscoli, qualcuno abbia potuto pensare di ricavare una sostanza come l’olio, che sarebbe diventata essenziale nella dieta di molti popoli. L’olivo viene citato nei libri più antichi, dai testi sacri a quelli letterari, tuttavia ancora è incerto quale sia stata la zona del mondo in cui, per la prima volta, si è iniziato a coltivarlo. È probabile che anche questa coltura, come gran parte delle coltivazioni “di base”, abbia avuto inizio in Asia Minore, ma non sappiamo con certezza se l’uso delle olive sia stata una conseguenza diretta della coltivazione della pianta. A dare spazio alla coltivazione dell’olivo e alla produzione di olio, sono stati soprattutto i Greci, che hanno avviato l’arte di ricavare l’olio dalle olive (elaiotecnica), e i Romani che l’hanno resa più efficace.
Dai tempi dei Romani, la coltivazione dell’olivo ha superato momenti di crisi, come durante gli anni difficili dell’Alto Medioevo, e ha avuto momenti di rilancio, come nel periodo dei Comuni.
Anche nell’età moderna ha subìto alterne vicende, con riduzioni delle coltivazioni dovute sia a vicende politiche e militari, sia a condizioni climatiche sfavorevoli – in particolare alla fine dell’Ottocento si registrò un vistoso calo della produzione – e nuovi sviluppi.
Ma il vero salto di qualità si è avuto a metà del Novecento, con l’introduzione di tecniche agronomiche più appropriate che hanno permesso, tra l’altro, di abbattere gli alti costi di produzione, garantendo, allo stesso tempo, una migliore qualità degli oli. E si parla di “oli” perché, così come esistono numerose varietà delle piante di olivo, così esistono anche molti e differenti tipi d’olio: il loro sapore varia molto, oltre che per la varietà di olive con cui sono prodotti, anche per il luogo di produzione, il grado di maturazione delle olive raccolte e il modo in cui vengono lavorate.
L’olio migliore da usare a crudo, il più saporito, è certamente l’olio extra vergine d’oliva, particolarmente ricco di acidi grassi monoinsaturi, considerati salutari perché favoriscono la presenza nel sangue del colesterolo HDL “buono”, piuttosto che di quello “cattivo” LDL, causa di ostruzioni vascolari e infarti. Gli effetti positivi della dieta mediterranea sulla salute sono dovuti quasi esclusivamente al largo uso che si fa di questo olio nell’alimentazione quotidiana. Inoltre, esso ha ulteriori capacità benefiche per la presenza di fenoli e tocoferoli, note sostanze antiossidanti. L’olio di oliva è costituito prevalentemente da acido oleico (l’acido monoinsaturo più abbondante, che varia dal 55% all’83% in peso); esso viene usato per misurare l’acidità dell’olio: se l’acidità è inferiore allo 0,8%, cioè se in 100 g d’olio sono presenti meno di 0,8 g di acido oleico, l’olio è considerato di alta qualità. E l’olio extravergine d’oliva ha una acidità massima dell’1%, cosa che lo rende particolarmente adatto alla dieta umana.
L’olio d’oliva vergine, invece, ha un’acidità massima del 2%, mentre l’olio d’oliva, ottenuto da tagli di oli raffinati e di oli vergini, sempre molto validi e dai sapori più delicati, ha un’acidità massima dell’1,5%.
L’offerta di oli d’oliva è molto differenziata, e i vari oli si distinguono soprattutto in base alla loro origine e alla lavorazione; fra gli oltre 40 oli a Denominazione di Origine Protetta (DOP): ricordiamo l’Aprutino Pescarese (Abruzzo); il Brisighella (Emilia Romagna); il Colline di Brindisi (Puglia); il Sabina e il Canino(Lazio).

IL VOCABOLARIO DELL'OLIO

Aromaticità: è data da sfumature ben definite di gusto (aromi varietali tipici di erbe, peperoni, fiori) e dalla persistenza del sapore in bocca, che si percepisce aspirando.
Equilibrio: è dato dal rapporto fra la freschezza (legata all’acidità) e la delicatezza del sapore.
Fragranza: è una qualità del profumo.
Sapidità: deriva dall’aggettivo “sapido”, che significa “saporito, che ha sapore, che è ricco di gusto”; quindi significa “ricchezza di gusto, di sapore”.
Olio di equilibrato vigore: è un olio molto strutturato ma con profumi molto decisi.
Olio di notevole struttura: è un olio di grande sapore e acidità, adatto a condimenti importanti. Sono di questo tipo gli oli del Sud Italia.
Olio fine: è un olio con profumo e sapore carezzevoli, adatto a cibi leggeri e dai sapori delicati. Sono di questo tipo gli oli liguri.
Olio spigoloso: è un olio con un eccesso di acidità o con una tipica piccantezza. Sono di questo tipo alcuni oli meridionali.
Olio strutturato, oppure carico, oppure corposo: è un olio con una forte personalità acida, molto profumato e dal sapore intenso. Sono di questo tipo gli oli del Sud Italia.

Altri tipi di olio

Esistono anche altri tipi di olio che possono essere usati crudi sulle insalate:

  • derivati da frutti: palma, cocco, noce;
  • derivati da semi: arachidi, soia, sesamo, mais, girasole, cartamo, vinaccioli, colza. In commercio, inoltre, si trova l’olio di semi vari, di solito costituito soprattutto da olio di soia e olio di colza (dal costo di produzione più basso) che, però, può avere effetti dannosi sulla salute.
Estratti da semi, legumi o frutti coltivati ad hoc, o rimasti come sottoprodotti da altre lavorazioni (vinaccioli), questi oli sono interessanti da un punto di vista nutrizionale perché sono ricchi di acidi grassi insaturi (linoleico, linolenico, arachidonico) dall’azione antiossidante e preventiva del colesterolo “cattivo”.

Il nuovo sarò Maître, sarò Barman
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