STORIA DI UN MENU

STORIA DI UN MENU

La parola menu è francese e significa “minuto, dettagliato”. Fu impiegata per la prima volta nel Settecento per indicare una lista di vivande servite in un banchetto e da allora questo è il significato che ha assunto in tutte le lingue del mondo. Il menu è uno strumento importante sia per la promozione, sia per la gestione del locale: vediamo quali sono i momenti principali della sua storia e quali i momenti della giornata in cui viene usato.

L’uso del menu

Il menu è una lista di vivande, scritte in ordine cronologico e dettagliato, che viene presentata al commensale. Oltre ad essere un contratto stipulato tra il ristoratore e il cliente, rappresenta anche un potentissimo strumento di vendita. Potremmo affermare, infatti, che esso costituisce un vero e proprio biglietto da visita del ristorante o dell’albergo. Per esempio, se al cliente viene presentato un cartoncino poco curato, peggio ancora se macchiato, in cui sono elencate le vivande da scegliere, ciò lo influenzerà in maniera negativa per tutta la durata del pasto. Al contrario, se gli viene proposto un cartoncino ben fatto anche dal punto di vista grafico e magari con un leggero profumo di rose allora ci sarà, da parte di chi lo leggerà, un condizionamento positivo.
Il menu può essere “formale” o “informale”. In un ristorante gourmet si prediligeranno colori bianchi e cartoncini lucidi di una certa qualità. Nelle pizzerie e nelle trattorie, invece, si preferirà un menu informale con colori che tenderanno al giallo e con una carta più ruvida, così che l’utenza si troverà più a suo agio e potrà ordinare i suoi piatti con tranquillità. La tipologia di menu dipende, dunque, dal tipo di locale e dal tipo di esperienza che si vuole trasmettere al cliente.
Oggigiorno il classico cartoncino si sta evolvendo: in alcuni locali di tendenza si sta divulgando la moda di presentare il menu digitale, di solito con un tablet, così da incentivare il cliente a ordinare più piatti attraverso la descrizione delle pietanze e la loro presentazione con diverse foto.
Si ricorda, comunque, che l’esposizione del menu nei locali è un obbligo previsto dalla legge (art. 180 del RD n. 66635/1940): «I pubblici esercenti debbono tenere esposte nel locale dell’esercizio, in luogo visibile al pubblico, la licenza e l’autorizzazione e la tariffa dei prezzi».

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Il menu in passato

Il menu nasce nel 1810 durante un pranzo organizzato dal principe Alexander Borisovich Kurakin, ambasciatore a Parigi dello zar Alessandro I: nella propria residenza, fece servire le portate “alla russa”, cioè in una successione di singoli piatti, distribuendo ai commensali, prima che iniziasse il banchetto, una lista delle prelibatezze che sarebbero state gustate. Fece subito tendenza, accolto con entusiasmo dall’aristocrazia internazionale parigina: il “servizio alla francese”, secondo il quale si portavano tutte le preparazioni in tavola, al massimo suddivise in fredde e calde, decadde rapidamente. Prima di questa data, solo pochi ristoranti e alberghi francesi di lusso davano alla clientela dei foglietti che riproducevano l’elenco dei piatti proposto nelle lavagne all’esterno del locale (i cosiddetti écriteau), ma già a metà Ottocento l’abitudine di far trovare a tavola, accanto al posto di ogni commensale, un cartoncino con la lista delle portate disponibili si consolida. Fino alla fine dell’Ottocento, tutto il menu è scritto in francese e ha una struttura piuttosto rigida: contiene le 13 portate previste dalla cucina classica francese in una precisa successione di preparazioni oggi parzialmente abbandonata.
I piatti venivano serviti seguendo quest'ordine:
  • Hors-d’oeuvre froid, antipasti freddi;
  • Potage, consommé;
  • Hors-d’oeuvre chaud, antipasto caldo;
  • Poisson, piatto di pesce;
  • Relevé, piatto forte, di rilievo;
  • Entrée, piatti di carne più delicati, normalmente accompagnati da salse e contorno;
  • Sorbet, sorbetto;
  • Rôti salade, preparazioni arrostite;
  • Rôti froid, terrine e preparazioni di carne in gelatina;
  • Légumes, contorni;
  • Entremets, formaggi e dolci;
  • Savoury, piccole preparazioni pre-dessert;
  • Dessert, dolci classici, piccola pasticceria, frutta e gelati.
Già nel primo Novecento, con il diffondersi dell’uso del menu anche ai livelli più semplici della ristorazione, cambia la lingua: oltre a essere scritti in italiano, i menu sono chiamati pure “nota”, “distinta”, “lista delle vivande”, “minuta”.
A questi cambiamenti corrisponde anche il passaggio dallo sfarzo e dall’abbondanza tipici dei banchetti signorili, all’essenzialità e alla semplicità dei pranzi quotidiani.
Il menu si riduce alle 6-8 portate dei banchetti di nozze (costituite da pregustativi o aperitivi, antipasti freddi, antipasti caldi, primi piatti, sorbetti, secondi piatti, dessert, piccola pasticceria) o alle 3-4 portate dei menu quotidiani più ricchi (costituiti da antipasti, primi, secondi e dessert).
Nel Dopoguerra si afferma definitivamente la parola menu, che può essere senza l’accento (termine francese) o con l’accento (termine italiano): indica sia la sequenza delle portate sia la carta che la riassume. Ed esistono tanti tipi di menu quanti sono i momenti del servizio di ristorazione.

Protagonisti in Cucina
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Corso di enogastronomia per il secondo biennio e il quinto anno