Conservare con i metodi microbiologici

Conservare con i metodi microbiologici

Questi metodi sfruttano l’azione di microrganismi (batteri o funghi) non dannosi per l’uomo che, nutrendosi di una parte dell’alimento, producono sostanze che impediscono o rallentano la proliferazione di altri microrganismi, favorendo così la conservazione del prodotto. L’alimento subisce una vera e propria trasformazione chiamata fermentazione, cambiando completamente caratteristiche organolettiche e spesso anche fisico-chimiche: è ciò che accade ad esempio al latte che diventa yogurt, o al mosto che diventa vino.

Ci sono vari tipi di fermentazione:

  • acetica, che a partire dall’alcol etilico contenuto nell’alimento, porta alla formazione di acido acetico: è tipica della produzione dell’aceto a partire dal vino;
  • acido-mista, più complessa, porta alla formazione di una serie di acidi: avviene tipicamente durante la stagionatura dei formaggi, dà origine ai gonfiori tardivi e precoci, considerati difetti che riducono la qualità del formaggio;
  • alcolica, prodotta dai lieviti che “digeriscono” il glucosio (lo zucchero del mosto) contenuto nell’alimento e lo trasformano in alcol etilico e anidride carbonica: quando quest’ultima satura l’ambiente, determina la morte di tutti i batteri aerobi. Questa fermentazione è alla base della produzione del vino;
  • butirrica, analoga alla fermentazione acido-mista, è responsabile dei gonfiori tardivi e precoci che si formano durante la stagionatura dei formaggi;
  • diacetil-lattica, responsabile dello sviluppo di molti profumi nei formaggi;
  • lattica, prodotta dai batteri lattici che “digeriscono” il lattosio (lo zucchero del latte) contenuto nell’alimento e lo trasformano in acido lattico. L’effetto conservativo dipende da due fattori:
    – normalmente lo sviluppo dei batteri lattici è più rapido di quello degli altri microrganismi la cui crescita viene inibita dalla competizione;  
    – l’acido lattico prodotto dalla fermentazione abbassa il ▶ pH del prodotto, rendendo l’ambiente ostile a molti batteri;
  • malolattica, che comporta la trasformazione dell’acido malico in acido lattico: avviene ad esempio nel vino che assume un gusto più morbido;
  • propionica, che comporta la trasformazione dell’acido lattico in acido propionico e anidride carbonica la quale produce i fori tipici di alcuni formaggi (occhiatura ).

Conservare con metodi misti

Esistono altre tecniche che consentono di conservare gli alimenti sfruttando più sistemi i quali, insieme, determinano una decisa riduzione della carica microbica presente. In questi casi la conservazione è ottimale, anche se spesso gli alimenti trattati così vengono ricercati dal consumatore per le caratteristiche organolettiche che assumono e non per la miglior conservabilità (come avviene, ad esempio, per gli alimenti affumicati).

Affumicatura

È uno dei sistemi più antichi di conservazione di carni, pesci e formaggi e tutt’oggi è un metodo ricercato per le caratteristiche organolettiche che conferisce all’alimento. Il fumo prodotto dalla combustione di legni aromatici, a contatto del quale l’alimento viene tenuto a lungo, ne modifica la consistenza, il profumo e il sapore.

La conservabilità del prodotto è assicurata dalla combinazione di:

  • una temperatura mediamente elevata;
  • la disidratazione dell’alimento;
  • l’ambiente povero di ossigeno;
  • l’azione di sostanze antimicrobiche naturali presenti nel fumo.

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Microfiltrazione

Usando membrane con pori di diametro microscopico si filtrano alimenti liquidi separando i microrganismi. Questo procedimento, che porta a una diminuzione parziale della carica microbica paragonabile alla pastorizzazione (p. 178), è adatto anche alla potabilizzazione dell’acqua o al trattamento di latte, birra, vino e succhi di frutta. In generale, esso non altera le qualità organolettiche del liquido. Lo fa, invece, la pastorizzazione: ad esempio, il latte microfiltrato ha una durata superiore a quello fresco pastorizzato perché subisce anche un trattamento termico mirato:

  • nella fase di microfiltrazione si separano i microrganismi e il grasso non sufficientemente piccolo per passare attraverso i fori della membrana.
  • nella fase successiva, il grasso viene miscelato alla parte magra e si prosegue con il trattamento termico che, partendo da un alimento più puro dal punto di vista microbiologico, può essere fatto a condizioni meno severe.

In questo caso, le proprietà organolettiche del latte sono meno alterate e la conservabilità aumenta.

Sott’aceto

Tenere un alimento immerso nell’aceto che ne abbassa il pH fino a creare un ambiente ostile alla crescita e proliferazione microbica, è un metodo adatto a conservare verdure, funghi e pesci. Si svolge in due fasi:

  • gli alimenti sono sbollentati per breve tempo, una fase importante per uccidere eventuali batteri anaerobi, che si sviluppano in assenza di ossigeno;
  • poi, immersi in aceto o in una miscela di aceto e olio, vengono messi in contenitori a chiusura ermetica.

Oltre alla cottura iniziale e all’abbassamento del pH, la conservabilità è data anche dall’assenza di ossigeno.

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Sott’olio

L’immersione dell’alimento nell’olio non permette la crescita e la proliferazione di microrganismi aerobi. Rispetto all’aceto, però, l’olio non modifica il pH dell’alimento: la sua capacità conservante, perciò, è più limitata. Proprio per questo è importante sbollentare gli alimenti in miscele di aceto e olio, in modo da abbassare il pH, e conservarli poi in contenitori a chiusura ermetica.

Sotto alcol

In un contenitore a chiusura ermetica l’alimento viene immerso completamente in alcol ad alta concentrazione: ciò permette di conservare a lungo determinati tipi di frutta (ciliegie, prugne, albicocche ecc.). Le proprietà antimicrobiche dell’alcol si uniscono alla mancanza d’ossigeno, ma il trattamento modifica profondamente le caratteristiche sensoriali dell’alimento.

Le nuove tecniche di conservazione

Cuocendo gli alimenti con i tre metodi innovativi visti alle pp. 95-96, diventa importante anche il sistema di conservazione: le aziende ristorative adottano sempre più spesso il sistema “cook & chill” (letteralmente “cuoci e raffredda”), abbattendo rapidamente la temperatura dei cibi appena cotti a meno di 4 °C. In questo modo si rivoluzionano i sistemi di lavoro tradizionali aumentando i vantaggi economici e igienico-sanitari: i cibi si conservano per tempi più lunghi, permettendo di razionalizzare la gestione del personale e dell’uso delle attrezzature; si evitano sprechi di materie prime e cattivo impiego delle risorse umane, e la conservazione in condizioni igieniche ottimali di prodotti semilavorati o piatti pronti al consumo consente di organizzare il lavoro della brigata di cucina in modo più funzionale, limitando al massimo le eventuali rimanenze di cibo dopo il servizio.

Non solo: applicare il corretto metodo di conservazione ai diversi tipi di prodotti alimentari può migliorare l’offerta gastronomica di un’azienda ristorativa, evitando che avvengano importanti mutamenti nutrizionali nei cibi preparati, e può contribuire a ridurre gli sprechi. Per questo, anche le tecnologie applicate ai metodi di conservazione (che sfruttano il calore, il freddo, le sostanze conservanti e altri parametri), vengono continuamente migliorate, e gli strumenti che si possono utilizzare sono sempre più raffinati.

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Armadi e celle frigorifere

L’evoluzione tecnologica ha modificato molto anche questi strumenti per la conservazione dei cibi a temperatura negativa e positiva. Questi macchinari sono dotati di sensori e meccanismi elettronici che permettono un’estrema precisione nel regolare la temperatura e l’umidità, mentre un sistema di circolazione dell’aria – sia verticale sia orizzontale – garantisce condizioni uniformi in ogni loro zona. I comandi computerizzati e gestibili da touch screen permettono una precisa programmazione, mentre diverse innovazioni – come i convoglitori d’aria completamente estraibili – garantiscono una facile pulizia.

Ogni macchinario è costruito con particolare attenzione agli standard necessari al rispetto delle norme HACCP: in acciaio o materiale adatto a una facile pulizia, hanno angoli e spigoli arrotondati, motori con compressori a basso consumo e a bassa emissione di CO2 che impiegano un gas refrigerante naturale (R290-idrocarburo), evaporatori di ampia superficie e ventilatori ad alta efficienza. Le pareti e le porte sono altamente isolate senza avere un grosso spessore, mentre nuovi tipi di guarnizioni, a volte estraibili, sigillano in modo eccellente le chiusure, riducendo la dispersione di calore e – di conseguenza – il consumo energetico al minimo. Lo sbrinamento avviene con metodi diversi rispetto al passato: sistemi elettronici avanzati calcolano automaticamente quando attivarlo, mettendo in funzione un sistema elettrico o un flusso convettivo d’aria.

il successo del metodo cook&chill

Questo sistema si basa sulla conoscenza del comportamento dei microrganismi patogeni che proliferano sul cibo, provocando problemi di salute. La loro crescita si verifica sempre se la temperatura è compresa tra i 10 °C e i 65 °C, ed è massima fra i 30 °C e 40 °C. Se il passaggio dalla temperatura di cottura a quella di conservazione refrigerata è lento, le possibilità che i cibi si “infettino” sono consistenti; se invece questo passaggio è molto rapido, la proliferazione batterica viene impedita, prevenendo così le minacce per la salute e allungando i tempi in cui il cibo rimane incontaminato e utilizzabile.

Protagonisti in Cucina
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Corso di enogastronomia per il primo biennio