LA CONTAMINAZIONE BIOLOGICA

  la contaminazione biologica

Gli alimenti costituiscono un terreno di crescita e di propagazione ideale anche per una grande varietà di organismi viventi potenzialmente ▶ patogeni, ma la loro ingestione assieme al cibo non costituisce necessariamente motivo di preoccupazione grazie alle numerose linee di difesa di cui dispone il nostro corpo (per esempio, l’azione dell’acido cloridrico nello stomaco).

Alcuni organismi dispongono tuttavia della capacità di superare tali barriere e di causare disturbi più o meno gravi all’organismo, rendendoli a tutti gli effetti dei contaminanti biologici patogeni. Rispetto alla contaminazione chimica, quella biologica tende a provocare patologie acute che, in diversi casi, si risolvono da sole senza l’ausilio dei farmaci.

Fra gli agenti biologici rientrano i prioni, i virus, i batteri con le loro tossine e i parassiti (unicellulari e pluricellulari).


agente contaminante patogeno

dimensioni

patologia generica

esempio di patOlogia

prioni

inferiore a 10 nm

encefalopatia

TSE

virus

inferiore a 100 nm (0,1 μm)

virosi

epatite A

batteri

fra 0,2 e 30 μm

infezione, tossinfezione

salmonellosi, shigellosi

tossine batteriche

inferiore a 10 nm

intossicazione botulismo, colera

parassiti (unicellulari e pluricellulari)

da decine di μm a oltre il metro

infestazione

toxoplasmosi, giardiasi, anisakidosi
artropodi e vertebrati (insetti, animali domestici e da allevamento) dimensioni varie oltre il cm veicoli di patogeni  

  prioni

I prioni sono delle macromolecole proteiche presenti nel tessuto cerebrale degli animali che possono assumere spontaneamente una conformazione tridimensionale anomala. Nel cervello dell’individuo colpito si formano dei tipici vacuoli che danno un aspetto “spugnoso” al tessuto nervoso, da cui il nome di encefalite spongiforme attribuito a questa malattia dal decorso sempre fatale.

I prioni anomali sono estremamente resistenti e difficili da denaturare, e mantengono la capacità infettiva anche dopo la morte dell’animale in cui si sono formati. Se altri animali di specie uguale o affine si nutrono della sua carne, rischiano anch’essi di essere contagiati dall’encefalite spongiforme trasmissibile (TSE).

Nel 1986 in Inghilterra esplose un’epidemia di TSE fra i bovini, causata dai mangimi che contenevano farine di carne contaminata da prioni anomali. I sintomi di demenza manifestati dalle vacche contagiate furono definiti “sindrome della mucca pazza”. La crescita dell’epidemia di TSE fu fermata grazie all’introduzione, a partire dal 1988, del divieto di utilizzo di farine di carne e ossa di ruminanti per l’alimentazione del bestiame.

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  virus

Come già visto nell’unità precedente (p. 25), in termini semplici, i virus sono delle “scatole” poliedriche di proteine (capsidi) contenenti al loro interno un filamento di DNA o di RNA che costituisce il genoma virale. Per replicarsi, queste forme di vita estremamente elementari devono necessariamente infettare delle cellule eucariote o batteriche. L’infezione virale è specie-specifica (ossia, normalmente, i virus che hanno per bersaglio le cellule umane non contaminano altri animali).

PATOLOGIE MEDIATE DAI VIRUS

Gastroenteriti virali acute
Si tratta di un’infiammazione dello stomaco e dell’intestino che può essere causata da diversi tipi di virus (per esempio, Norovirus e Rotavirus).

Di solito la trasmissione avviene attraverso alimenti (spesso acqua) contaminati da residui fecali. Il contagio può essere particolarmente veloce nelle comunità chiuse (come le case di cura o le navi da crociera). Di norma le gastroenteriti virali comportano vomito e diarrea e si risolvono senza gravi conseguenze: quando si manifestano occorre comunque idratarsi bene e osservare un periodo di riposo.

Epatiti virali (A, B, C, D, E e G)
Le epatiti virali sono malattie del fegato causate da virus (molto diversi tra loro) che penetrano nell’organismo attraverso l’acqua e gli alimenti. Tra i cibi più a rischio di contaminazione ci sono i molluschi consumati crudi o poco cotti. Il principale organo bersaglio è il fegato, che viene colonizzato dai virus.

Il tempo che intercorre tra il contagio e la manifestazione dei sintomi può essere anche molto lungo (fino a 50 giorni). I sintomi i vanno da un malessere diffuso a nausea, febbre, diarrea e ittero. Alcune forme di epatite (per esempio l’epatite A) di solito sono autolimitanti e nei bambini spesso non presentano sintomi. Tuttavia, per alcuni soggetti (come le persone anziane, quelle già malate o le donne in gravidanza) la malattia può avere conseguenze anche molto gravi.

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fissa il concetto

tipo di virosi

virus responsabili

alimenti

sintomi

gastroenteriti virali

Norovirus e Rotavirus

acqua e alimenti contaminati da residui fecali

vomito e diarrea

epatiti

HAV, HBV, HCV ecc.

molluschi e in generali cibi crudi o poco cotti

nausea, febbre, diarrea e ittero

  BATTERI

Come abbiamo visto nell’Unità 1 (La cellula), i batteri sono procarioti, ossia organismi unicellulari in grado di condurre vita autonoma, caratterizzati da un’organizzazione interna semplice. Questo tipo di struttura consente da un lato una riproduzione molto veloce, dall’altro una variabilità limitata.

la patogenicità dei batteri

Di tutti i batteri che conosciamo, soltanto il 10% è da considerarsi patogeno in senso stretto per l’uomo, mentre circa il 20% è opportunista, ossia diviene patogeno solo se si verificano condizioni favorevoli per infettare l’uomo (una ferita aperta, un individuo debilitato da un’altra malattia o comunque immunodepresso). Il restante 70% dei batteri risulta innocuo oppure vantaggioso (per esempio i batteri della flora intestinale).

Inoltre, per determinare l’insorgenza di un disturbo alimentare un singolo batterio non è sufficiente. La quantità minima di agenti patogeni necessari a causare una malattia è definita dose infettante minima (DIM). Tale valore può variare molto da una specie patogena all’altra: per esempio, per contrarre la salmonellosi sono sufficienti 100 cellule batteriche, mentre per contrarre il colera ne occorrono almeno 100 milioni.

  Batteri Gram-positivi e Gram-negativi

Un particolare esame di laboratorio messo a punto dallo scienziato danese Christian Gram nell’Ottocento ci permette di classificare i batteri anche in un modo diverso, suddividendoli in Gram-positivi e Gram-negativi. Si tratta di un processo di colorazione applicabile sia a frammenti di tessuti sia ai batteri in coltura, al termine del quale la parete cellulare di alcuni batteri (detti Gram-positivi) diventa viola, mentre quella di altri batteri (detti Gram-negativi) diventa rosa.

Tra le specie e i batteri Gram-positivi ci sono Bacillus, Clostridium, Enterococcus, Lactobacillus, Listeria e Staphylococcus. Tra le specie e i batteri Gram-negativi ci sono Brucella, Campylobacter, Salmonella, Shigella e Vibrionaceae.

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LE SPORE BATTERICHE

Alcuni batteri (per esempio, Clostridium tetani e Clostridium botulinum) sono sporigeni, ossia sono in grado di produrre forme di resistenza (spore) quando le condizioni ambientali sono particolarmente ostili (per esempio se sono sottoposti a un forte aumento di temperatura, alla mancanza d’acqua oppure all’esposizione ai raggi UV o a disinfettanti chimici).

Le spore possono rimanere quiescenti (cioè inattive) molto a lungo (addirittura per secoli!), in attesa che si presenti un contesto favorevole alla riproduzione e alla vita del batterio. Una volta ristabilite le condizioni di vita adatte, il batterio si libera della spora e ritorna attivo (per esempio, riproducendosi o producendo tossine).

Per eliminare le spore da un alimento o da una superficie infetta è necessario ricorrere a trattamenti termici prolungati oltre i 100-120 °C, che permettono di intaccare il loro spesso guscio protettivo.

LA CRESCITA BATTERICA

Come tutti gli esseri viventi, per crescere e riprodursi anche i microrganismi hanno bisogno di condizioni ambientali favorevoli. Conoscere quali siano tali condizioni favorevoli alla vita dei microrganismi è importante per due ragioni:

  • consente di individuare le situazioni “a rischio” (cioè quelle in cui potrebbe verificarsi la contaminazione di un alimento);
  • in alcuni casi permette di intervenire per eliminare gli elementi contaminanti.
La curva di crescita batterica

In un sistema chiuso, ossia in un ambiente in cui le risorse nutritive sono limitate, la crescita batterica segue un andamento caratteristico distinto in quattro fasi.

  • Fase di latenza: i batteri “prendono confidenza” con l’ambiente in cui sono capitati e si limitano ad attivare i geni che producono enzimi utili alla divisione e all’assorbimento dei nutrienti.
  • Fase di crescita geometrica: in questa fase si verifica un accrescimento esponenziale: a intervalli regolari di tempo la popolazione raddoppia.
  • Fase stazionaria: quando i nutrienti iniziano a scarseggiare, la popolazione smette di crescere (il numero di nuovi batteri formati è pari a quelli che muoiono) e si mantiene costante nel tempo.
  • Fase di declino (o di morte): se nel sistema chiuso non si aggiungono altri nutrienti, i batteri muoiono per mancanza di risorse e per accumulo dei ▶ metaboliti tossici: il loro numero decresce rapidamente.

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fattori che influenzano la crescita batterica

Le condizioni ottimali di sviluppo dei batteri variano molto in base alla specie. Conoscere i fattori che influenzano in modo positivo o negativo la vita dei microrganismi ha notevolmente migliorato la nostra capacità di contenere le contaminazioni, conservare gli alimenti e curare le infezioni.

I fattori principali che condizionano la vita batterica sono la temperatura, l’ossigeno, l’acqua, il pH, la pressione, la salinità e le radiazioni.

Temperatura
In campo alimentare, il controllo della temperatura è senza dubbio il metodo più diffuso ed efficace per influenzare la vita dei microrganismi, sia quando si desidera eliminare i contaminanti biologici (per esempio sterilizzando ad alte temperature), sia quando – al contrario – si vuole stimolare lo sviluppo di specie di interesse alimentare (come nella trasformazione del latte in yogurt). In base alla loro sensibilità termica i batteri si distinguono in:

  • psicrofili: vivono e si moltiplicano quando le temperature sono comprese tra 0 e 20 °C (la temperatura ottimale è pari o inferiore ai 10 °C). Questi organismi possono quindi svilupparsi per esempio in un frigorifero (dove la temperatura media è di 4° C). A temperature inferiori a 0 °C non muoiono, ma smettono di moltiplicarsi ed entrano in uno stato di quiescenza, definito batteriostasi, da cui si possono risvegliare non appena le temperature tornano a salire;
  • mesofili: il loro intervallo termico è compreso fra i 25 e i 45 °C, con un picco ottimale di crescita fra i 35 e 40 °C. Questa categoria comprende gran parte delle specie microbiche del pianeta e include molti batteri patogeni per l’uomo, la cui temperatura ottimale è la stessa di quella corporea umana (37 °C);
  • termofili: crescono in ambienti caldi con temperature comprese fra i 40 e gli 80 °C, con un optimum intorno ai 60 °C. Per questi batteri un blando trattamento termico non è sufficiente. Esistono inoltre batteri definiti ipertermofili (o termofili estremi), i quali raggiungono un picco di crescita fra gli 80 e i 105 °C.

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Ossigeno
In base alla capacità di sopravvivenza in presenza o assenza di ossigeno, i batteri si distinguono in:

  • aerobi, che riescono a vivere in presenza di ossigeno; si trovano nell’aria che respiriamo e sulle superfici a contatto con l’aria;
  • anaerobi, per i quali l’ossigeno è un gas tossico con effetti letali. Questi batteri riescono a crescere solo in luoghi privi di ossigeno libero, come dentro le confezioni di cibo sotto vuoto o sott’olio, o all’interno di organismi (per esempio l’intestino degli animali);
  • aerobi-anaerobi facoltativi, cioè i batteri in grado di vivere sia in presenza sia in assenza di ossigeno.
Acqua
Normalmente, per potersi sviluppare i batteri necessitano di un ambiente ad alto contenuto di acqua libera. Questo comporta che gli alimenti essiccati (si pensi ai biscotti) difficilmente vengono contaminati dai batteri, come pure gli alimenti conservati utilizzando alte concentrazioni di sale e di zucchero (per esempio le marmellate). In questo caso l’acqua, anche se presente, viene sequestrata e non risulta più disponibile per i batteri. Un’eccezione importante è rappresentata dai batteri alofili, ossia capaci di crescere in ambienti saturi di sale.

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pH
La maggior parte dei batteri è neutrofila, ossia si sviluppa preferibilmente a un valore di pH intorno alla neutralità (6,6-7,5). Esistono tuttavia alcune eccezioni:

  • acidofili: sono tali i batteri in grado di vivere in ambienti anche molto acidi, con valori di pH compresi tra 1 e 5,5, come i bordi delle solfatare da cui si sprigiona acido solforico in forma di gas, ma anche all’interno dello yogurt (pH circa 4) o dell’aceto (pH circa 3);
  • basofili o alcalofili: all’estremità opposta della scala del pH, fra i valori 8,5 e 11,5, troviamo batteri che preferiscono gli ambienti basici (non compaiono tra i contaminanti alimentari).
Radiazioni
I batteri sono sensibili ai raggi UV; le radiazioni ultraviolette con lunghezza d’onda pari a 260 nm hanno un elevato contenuto energetico e sono in grado di danneggiare il DNA dei microrganismi, infatti vengono utilizzate nei processi di decontaminazione delle acque e di sterilizzazione delle attrezzature.
fissa il concetto

fattore

condizione ideale per la maggior parte dei batteri patogen

temperatura

35-40 °C

ossigeno

presente per gli aerobi, assente per gli anaerobi

acqua

presenza di acqua libera

pH

7

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Tossine batteriche
Le tossine sono molecole prodotte da batteri e funghi in grado di determinare effetti dannosi (intossicazioni) anche in dosi minime. Le tossine batteriche possono distinguersi in:

  • esotossine, cioè proteine generalmente poco resistenti alle alte temperature (termolabili) che il batterio libera nel terreno (o nell’alimento) in cui cresce, come sostanze di scarto;
  • endotossine, ossia molecole naturali presenti nella parete cellulare di tutti i batteri Gram-negativi (per esempio salmonelle). Queste tossine termoresistenti vengono liberate alla morte del microrganismo.

In base agli organi bersaglio, le tossine possono essere classificate in:

  • enterotossine, che colpiscono l’apparato digerente e hanno come sintomi vomito, diarrea, crampi addominali;
  • neurotossine, che colpiscono il sistema nervoso: sono le più pericolose e comportano vertigini, paralisi e, nei casi più gravi, la morte.
fissa il concetto

classificazione in base a

dove si trovano

esotossine

vengono emesse dalla cellula; in genere sono termolabili

endotossine

sono all’interno del batterio; sono termostabili

gli effetti

enterotossine

nausea, vomito, diarrea, disidratazione

neurotossine

vertigini, paralisi, morte per soffocamento

patologie mediate dai batteri

La contaminazione batterica può comportare tre tipi di patologie.

  • Le infezioni alimentari sono provocate da microrganismi invasivi che penetrano nei tessuti umani. Esse si sviluppano anche con una carica infettante modesta, pertanto non è necessaria la moltiplicazione dei microrganismi nell’alimento perché possano verificarsi. Importanti mezzi di contaminazione per questi agenti infettivi sono il latte crudo, le uova e l’acqua.
  • Le intossicazioni alimentari sono causate dall’ingestione di tossine prodotte da batteri o funghi.
  • Le tossinfezioni si verificano per l’azione combinata di tossine e di microrganismi viventi che raggiungono l’intestino continuando a moltiplicarsi.

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Botulismo
A causare questa intossicazione è una neurotossina, secreta dal Clostridium botulinum, un bacillo Gram-positivo, sporigeno e anaerobio le cui spore sono normalmente presenti nell’ambiente. Gli alimenti più a rischio sono tutti i tipi di conserve in cui si creano ambienti privi di ossigeno e gli insaccati. Spesso le capsule di conserve contaminate presentano bombature, ma questa osservazione empirica da sola non è sufficiente per garantire la salubrità: in caso di dubbio, per inattivare la tossina è necessario sottoporla a una temperatura di almeno 80 °C per 15 minuti. I sintomi di intossicazione botulinica sono fissità e dilatazione delle pupille, secchezza delle mucose e paralisi muscolare.

La neurotossina botulinica è così potente che un singolo grammo può uccidere 100 milioni di persone per paralisi respiratoria.

  la tossina botulinica nelle cure estetiche

Alcuni tipi di tossina botulinica sono stati selezionati per ridurre al minimo la formazione delle rughe.

Si procede effettuando mi­­cro­inie­zioni con la tossi­na in cor­rispondenza dei muscoli che determinano la mimica fac­­ciale; ciò inibisce la loro con­trazione e quindi la for­ma­zio­ne del­le rughe.

Salmonellosi
Detta anche gastroenterite da Salmonella, è una delle infezioni trasmesse per via alimentare con l’incidenza più elevata sulla salute pubblica.

Questi microrganismi si sviluppano nell’intestino di molti animali, ospiti asintomatici. In genere gli alimenti contaminati attraverso cui la Salmonella raggiunge l’uomo sono acqua, uova e derivati e pollame. Nell’uomo, dopo 8-48 ore dal contagio si manifestano febbre, diarrea e dolori addominali che possono perdurare per 2-5 giorni. Nell’adulto la salmonellosi si risolve, di norma, in maniera naturale, ma può avere effetti molto seri su anziani e bambini.

Gastrienteriti da Escerichia coli
Escherichia coli è un bacillo Gram-negativo, asporigeno (cioè che non produce spore), aerobio-anaerobio facoltativo, presente normalmente nell’intestino umano e di altri animali a sangue caldo. La sua presenza nelle acque è generalmente indice di contaminazione fecale.

Alcuni tipi di E. coli producono delle enterotossine talvolta termostabili, talvolta termolabili, e danno origine a tossinfezioni caratterizzate comunque da una DIM elevata. In genere gli alimenti che possono essere contaminati da questo microrganismo, oltre all’acqua, sono le carni, il latte e i formaggi.

Gastroenterite da Campylobacter jejuni

Il Campylobacter jejuni è uno spirillo Gram-negativo, pluriflagellato, microae­ro­filo (ossia in grado di sopravvivere a concentrazioni ridotte di ossigeno), asporigeno, che sviluppandosi nell’intestino di animali serbatoio, quali polli e volatili in genere, finisce per contaminare le loro feci e le acque. Sono sufficienti poche decine di esemplari (DIM bassa) per innescare nell’uomo intossicazioni acute causate dalla sua endotossina. Nell’uomo questo batterio provoca febbre e diarrea, talvolta associata a perdite di sangue, con decorso autolimitante.

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Enterite clostridiale
Causa di questa tossinfezione è il Clostridium perfringens, un bacillo Gram-positivo, sporigeno e anaerobio, presente in natura in tutti i suoli (terrestri e marini) e che può ritrovarsi in un’ampia varietà di alimenti poco cotti o mal refrigerati.

Produce un’enterotossina che provoca diarrea, dolori addominali e vomito. Questa tossina viene inattivata esponendola a una temperatura di almeno 60 °C per un tempo superiore ai 15 minuti. In genere, la patologia si manifesta dopo una breve incubazione (8-16 ore) ed è autolimitante.

Intossicazione stafilococcica
L’intossicazione stafilococcica è causata dalle enterotossine dello Staphylococcus aureus. Questo stafilococco Gram-positivo, asporigeno, aerobio-anaerobio facoltativo, particolarmente alofilo, è di solito presente nella mucosa nasale dell’uomo, ma può essere trasferito agli alimenti per contatto diretto, a causa di una scarsa igiene personale. Una volta sull’alimento, il batterio si moltiplica e, in caso di conservazione prolungata a temperatura ambiente, produce le esotossine. Queste ultime sono termoresistenti, dunque non vengono inattivate nemmeno con la cottura.

L’infezione si presenta già poche ore dopo l’ingestione, con mal di testa, nausea, vomito e diarrea. Normalmente la patologia è autolimitante in pochi giorni.

Intossicazione da Bacillus cereus
Il Bacillus cereus è un bacillo Gram-positivo, sporigeno, che può contaminare alimenti poco cotti o mal refrigerati.

Questo microrganismo produce due tipi di enterotossine che causano vomito, crampi addominali e diarrea. Solo una delle due tossine è termolabile e si inattiva ad almeno 56 °C per 30 minuti. In genere l’intossicazione è autolimitante, ma esistono sierotipi (ossia varianti) particolarmente aggressivi che possono risultare anche fatali.

Brucellosi o febbre maltese
La brucellosi, chiamata anche febbre maltese (o mediterranea) per le zone geografiche in cui è più diffusa, è una tossinfezione acuta causata da bacilli Gram-negativi (producenti endotossine), asporigeni e aerobi, molto invasivi che possono penetrare nell’organismo attraverso acqua e cibo contaminati o per contatto diretto con le mucose. L’infezione colpisce dapprima il sistema immunitario e in seguito, dopo 2-4 settimane, tutti gli altri organi. I sintomi sono febbre, sudorazione caratteristica, dolori articolari e cefalea. La brucellosi viene normalmente curata con antibiotici.

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Shigellosi
La shigellosi è un’acuta tossinfezione umana causata dalle shigelle, bacilli Gram-negativi, anaerobi facoltativi e asporigeni. Questi batteri, oltre a essere molto invasivi, producono sia endotossine sia la tossina di Shiga, un’enterotossina capace di inibire nelle cellule la sintesi delle proteine. In genere, all’origine della patologia vi è l’ingestione di acqua contaminata da feci di ospiti asintomatici o soggetti malati, oppure di alimenti crudi o cotti (nel secondo caso, l’infezione avviene dopo la cottura).

La shigellosi si manifesta dopo un periodo di incubazione di 1-3 giorni, con febbre, diarrea improvvisa causata dall’enterotossina, sangue nelle feci e crampi addominali. Solitamente è una malattia autolimitante ma, come per molte altre patologie simili, occorre prestare particolare attenzione ai pazienti anziani e ai bambini.

malattia

batterio

ossigeno

tipo di patologia

spore

tossine

tempo di incubazione

sintomi

alimenti

a rischio

botulismo

Clostridium botulinum

anaerobio

intossicazione

esotossina

12-48 ore

neuronali: vertigini, paralisi

conserve, insaccati

salmonellosi

genere Salmonella

aerobio facoltativo

infezione

no

no

8-48 ore

febbre, diarrea, dolori addominali

acqua, uova e derivati, pollame

gastroenterite

Escherichia coli

aerobio- anaerobio facoltativo

tossinfezione

no

sia esotossine sia endotossine

12 ore-3 giorni

diarrea

acqua, carne, latte, formaggi

gastroenterite

Campylobacter jejuni

microaerofilo

intossicazione

no

endotossina

2-5 giorni

febbre, diarrea

acqua e pollame

enterite clostridiale

Clostridium perfringens

anaerobio

tossinfezione

esotossina

8-16 ore

vomito, dolori addominali, diarrea

alimenti poco cotti o mal refrigerati

intossicazione stafilococcica

Staphylococcus aureus

aerobio- anaerobio facoltativo

intossicazione

no

esotossine

2-7 ore

cefalea, nausea, vomito

carne, creme, maionese, gelati, pesce

intossicazione da Bacillus cereus

Bacillus cereus

aerobio

intossicazione

esotossina

6-15 ore

vomito, dolori addominali diarrea

alimenti crudi e/o non refrigerati

brucellosi

genere Brucella

aerobi

tossinfezione

no

endotossine

2-4 settimane

febbre, dolori articolari, cefalea

latte e latticini, acqua contaminata (e quindi vegetali)

shigellosi

shigelle

anaerobio facoltativo

tossinfezione

no

endotossine

1-3 giorni

vomito, dolori addominali diarrea

acqua, alimenti crudi

Sapere di alimentazione
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Corso di Scienza degli alimenti per il primo biennio