Le bevande nervine

  Le bevande nervine

Con l’aggettivo nervino si indicano i farmaci e le sostanze in grado di alterare il normale funzionamento del sistema nervoso in modo tonico (stimolante, eccitante) o deprimente (calmante, rilassante). Le bevande nervine non rappresentano una reale categoria commerciale, ma sono piuttosto un gruppo eterogeneo e trasversale di bevande, generalmente non alcoliche, che comprende energy drink, bibite a base di caffeina e un gran numero di bevande calde. Fra le bevande più rappresentative vi sono il caffè, il tè e la cioccolata, che devono la loro azione stimolante agli alcaloidi, e le tisane come la camomilla e il tiglio ad azione rilassante.

Gli alcaloidi

Gli alcaloidi sono un gruppo molto vario di sostanze organiche contenenti azoto, incolori e inodori, prevalentemente di origine vegetale. Si trovano nei semi, nei frutti, nei fiori e nelle foglie di numerose piante che – almeno secondo alcuni studi – li producono come difese chimiche contro gli animali erbivori. Sono infatti accomunate da un gusto amaro.

Tutti gli alcaloidi esercitano documentati effetti farmacologici sull’uomo. Tuttavia, assunti in quantità eccessive, e ancor più se associati all’alcol, possono avere effetti negativi anche gravi sull’organismo, causando per esempio insonnia, agitazione, ansia, tremori, problemi cardiaci e all’apparato digerente. Inoltre gli alcaloidi possono generare dipendenza, tanto che la cessazione del consumo è in genere accompagnata dalla comparsa di disturbi depressivi.

Nell’ambito delle bevande nervine, gli alcaloidi più importanti sono caffeinateofillina e teobromina. Altri noti alcaloidi dal documentato effetto farmacologico sono nicotina, codeina, mescalina, cocaina e morfina.

Caffeina
La caffeina si trova in bevande come il caffè, il tè, le cole, il guaranà. Agisce sul sistema nervoso provocando eccitabilità, miglioramento dei riflessi e delle capacità di concentrazione, oltre ad avere azione analgesica e diuretica. Per queste sue caratteristiche viene utilizzata anche nella preparazione di farmaci.

Teofillina
La teofillina è presente soprattutto nelle foglie del tè, ma anche nei semi di caffè, nel cacao (dosaggi elevati si trovano nel cacao criollo, una varietà pregiata) e nel guaranà. La struttura è simile alla caffeina (manca solo un gruppo metilico), ha azione diuretica e rilassante sulla muscolatura liscia, in particolare sui bronchi, da cui il suo impiego farmacologico, per esempio nel trattamento dell’asma.

Teobromina

L’alcaloide tipico del cacao è la teobromina, che in piccole quantità si trova anche nel tè, nel guaranà e nelle cole. È una sostanza ad azione diuretica, cardiotonica (aumenta la forza di contrazione del cuore) e vasodilatatoria (amplia il calibro dei vasi sanguigni), con conseguente aumento del flusso sanguigno. Anche la teobromina viene utilizzata in alcuni farmaci, in particolare in quelli contro l’angina e per combattere la tosse.

Effetti di Caffeina, teofillina e teobromina

Alcaloide

Stimolazione del sistema nervoso

Effetto diuretico

Stimolazione cardiaca

caffeina

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teofillina

♦ ♦

♦ ♦ ♦

♦ ♦ ♦

teobromina

♦ ♦

♦ ♦

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CAFFEINA NELLE PRINCIPALI BEVANDE NERVINE

Caffè espresso

90-200 mg per tazzina

Caffè filtro

150-300 mg per tazzina

Caffè decaffeinato

2-3 mg per tazzina

40-50 mg per tazza

Cioccolata

80 mg per 100 g

Cole

65-110 mg per litro circa

Cole dietetiche

100-130 mg per litro circa


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Il caffè

Tra le bevande nervine ad azione stimolante, in Italia e in molti altri Paesi del mondo il caffè ha un ruolo di primo piano ormai da secoli. La bevanda si ottiene dalla macinazione dei semi della pianta Coffea.

Della pianta sono note alcune decine di specie, ma in particolare ne vengono utilizzate soprattutto due, pure o miscelate tra loro:

  • la Coffea arabica, nota anche come varietà arabica, che dà un prodotto dal gusto più morbido e cremoso;
  • la Coffea canephora, meglio nota come varietà robusta, dalla quale si ricava un caffè dal gusto più deciso.
La lavorazione del caffè
Il frutto del caffè è una bacca, detta drupa, simile a una ciliegia. All’interno si trovano due semi combacianti lungo la loro parte piana, dove mostrano la tipica solcatura, avvolti da due pellicole di protezione.

La lavorazione del caffè comprende diverse fasi:

1. la raccolta, che può essere manuale (per i prodotti più pregiati) oppure meccanica;
2. l’estrazione dei chicchi, che può avvenire a secco (ossia facendo seccare le drupe direttamente sul ramo oppure stendendole al sole) o a umido (facendo fermentare le drupe immerse in acqua); a seconda del tipo di estrazione il caffè sarà definito naturale (estrazione a secco) oppure lavato (estrazione in umido);
3. la torrefazione, che consiste nel tostare i chicchi oltre i 200 °C per 10-20 minuti; grazie a questo processo il chicco cambia il suo aspetto (diventa più scuro, più grande e più leggero) e si formano le sostanze responsabili del caratteristico aroma;
4. la miscelazione, in cui le varietà robusta e arabica sono combinate in rapporti diversi in base al prodotto che verrà commercializzato.

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fissa il concetto

LA FILIERA DEL CAFFÈ

fase

funzione

metodo

1.

raccolta

selezione delle drupe

manuale

meccanica

2.

estrazione

liberazione dei semi dalla drupa

a secco (caffè naturale)

a umido (caffè lavato)

3.

torrefazione

produzione di sostanze aromatiche

tostatura a 200 °C per 10-20 minuti

4.

miscelazione

creazione di una miscela caratteristica

unione di C. arabica e C. canephora in proporzioni variabili

Tipologie dei caffè e surrogati
Il caffè può essere commercializzato nelle seguenti tipologie:

  • in grani: i chicchi di caffè, dopo le operazioni di tostatura, raffreddamento ed eventuale miscelazione, possono essere confezionati come tali o essere venduti sfusi indicando le rispettive denominazioni;
  • macinato: il caffè macinato può essere venduto solo in confezioni chiuse e non sfuso; fanno eccezione ovviamente i baristi, che possono aprire tali confezioni per preparare e vendere singole dosi di caffè al dettaglio;
  • solubile: il caffè solubile è una polvere ottenuta dalla liofilizzazione dell’infuso, e deve essere venduto secondo le stesse modalità del caffè macinato;
  • decaffeinato: caffè al quale è stata sottratta quasi completamente la caffeina (deve rimanerne una quantità inferiore allo 0,3% di quella iniziale). L’estrazione della caffeina, un tempo effettuata con solventi, oggi avviene quasi esclusivamente attraverso l’impiego di anidride carbonica (innocua e in grado di preservare gli aromi).

  Surrogati e caffè d’eccellenza

In commercio è possibile trovare diversi surrogati del caffè, ossia prodotti che risultano simili al caffè ma ottenuti a partire da materie prime diverse. I più celebri sono il “caffè d’orzo” o quello ottenuto con il ginseng. Se un tempo questi prodotti costituivano delle alternative più economiche al caffè (specialmente quelli ottenuti con cicoria, carrube o altri scarti), oggi rappresentano un mercato di nicchia rivolto a una clientela molto esigente.

D’altro canto negli ultimi anni è aumentata l’attenzione alla qualità anche nei confronti del caffè stesso, che ha promosso la diffusione di caffè d’eccellenza, ottenuti con una particolare attenzione alla selezione delle materie prime e che possono forgiarsi del marchio SCA (Specialty Coffee Association).

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Aspetti nutrizionali del caffè
Gli effetti del caffè sull’organismo dipendono dal suo contenuto di caffeina. Come generalmente accade per tutte le molecole organiche, non è l’alcaloide in sé a risultare utile o dannoso, ma è la dose assunta a determinare effetti positivi o negativi. Entro certi limiti (una o due tazzine al giorno) gli effetti sono positivi; infatti, il caffè stimola:

  • la secrezione gastrica e biliare;
  • la funzionalità cardiaca e nervosa.

Assunta in quantità eccessive la caffeina ha conseguenze negative per l’organismo, perché può provocare:

  • gastriti;
  • iperstimolazione del sistema nervoso e cardiaco, con conseguenti tachicardie, insonnia e tremori.

Il consumo di caffè è pertanto sconsigliato a persone affette da ulcere, reflusso gastroesofageo, ipertensione e disturbi del sonno.

L’apporto calorico del caffè amaro è minimo, in media 2,5 kcal a tazzina (9 kcal/100 g di bevanda), ma il valore aumenta di circa 20 kcal per ogni cucchiaino di zucchero aggiunto.


  CONSUMO ANNUO PRO CAPITE DI CAFFÈ IN EUROPA (DATI IN KG)

Il tè

Circa cinquemila anni fa compare in Cina l’infuso di tè, preparato con le foglie di una pianta sempreverde dai piccoli fiori bianchi appartenente al genere delle camelie. Il tè, con una produzione di cinque milioni di tonnellate di foglie all’anno, è oggi la bevanda più apprezzata a livello globale, seconda per consumo soltanto all’acqua. Le sottospecie attualmente più coltivate sono la Camellia sinensis sinensis di origine cinese e la Camellia sinensis assamica di origine indiana.

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La lavorazione del tè

La parte della pianta che viene utilizzata per produrre il tè è costituita dalle foglie e dalle gemme apicali. La lavorazione del tè comprende diverse fasi:


1. la raccolta: può avvenire a mano (questo metodo consente di selezionare le foglie tenere e quindi di ottenere un prodotto più pregiato) oppure può essere automatizzata (e in tal caso si ricava un prodotto più scadente);

2. l’avvizzimento: può avvenire all’aperto (su reti di iuta) o all’interno di macchinari (su graticci esposti a flussi di aria calda);
3. l’arrotolamento: consente di rompere le cellule vegetali e liberare così i succhi; un tempo l’arrotolamento veniva effettuato a mano da maestri del tè, oggi invece il processo è automatizzato;
4. la separazione: in conseguenza dell’arrotolamento si producono frammenti di dimensioni diverse (foglie intere, foglie spezzate, pagliuzze e polveri); questi prodotti vengono raccolti separatamente e costituiscono qualità di tè diverse;
5. la fermentazione: questa fase riguarda esclusivamente il tè nero e consiste nel lasciar riposare per poche ore le foglie in un ambiente ricco di umidità; ciò consente di produrre sostanze che determinano l’aroma finale;
6. l’essiccamento: questo processo avviene ponendo le foglie in un essiccatoio a una temperatura di 90-95 °C per 20 minuti; al termine il prodotto risulta privo di umidità e quindi facilmente conservabile.

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fissa il concetto

LA FILIERA DEL TÈ

fase

funzione

metodo

1.

raccolta

separazione e selezione foglie

manuale

automatizzato

2.

avvizzimento

parziale perdita d’acqua

all’aperto

all’interno di macchinari

3.

arrotolamento

liberazione dei succhi

a mano (tradizionale)

automatizzato (moderno)

4.

separazione e classificazione

selezione delle diverse varietà

automatizzato

5.

fermentazione (solo per il tè nero)

produzione di sostanze aromatiche

automatizzato

6.

essiccamento

conservazione

in essiccatoio

Tipologie di tè

Le tipologie di tè più vendute sono il tè nero e il tè verde. Più rari in Occidente ma comunque diffusi sono il tè oolong, il tè giallo e quello bianco. Le differenze fra questi tè dipendono dal tipo di lavorazione e non dalla varietà di pianta usata.

  • Il tè nero è un tè tipicamente fermentato. Le foglie vengono fatte fermentare e seccare rapidamente nei forni. Si tratta del tipo di tè più consumato in Occidente.
  • Il tè verde non viene fermentato. Le foglie verdi subiscono dapprima un processo termico a secco, simile alla torrefazione, che inibisce gli enzimi della fermentazione e mantiene il colore verde. Segue poi l’arrotolamento e un lento essiccamento nei forni. Si tratta del tipo di tè più consumato in Oriente e nei Paesi arabi.
  • Il tè oolong, detto anche tè blu, si ottiene da una lavorazione intermedia fra quella del tè nero e quella del tè verde. I tempi di esposizione al calore sono inferiori rispetto al tè nero, in modo da essiccare soprattutto i margini delle foglie. La fermentazione avviene in modo parziale, interrotta da getti d’aria calda e secca. In Oriente questo tè è bevuto regolarmente durante i pasti, in Europa è ancora poco conosciuto.
  • Il tè giallo è una pregiata variante del tè verde, ottenuta mediante un processo di lavorazione antico e complesso. Le foglie sono sottoposte a un trattamento termico iniziale simile a quello del tè verde e poi lasciate ingiallire per effetto del calore e dell’umidità residua, che eliminano le note erbacee tipiche del tè verde. Si procede poi all’arrotolamento e all’essiccazione.
  • Il tè bianco è un tè raro e molto pregiato. Si ottiene per essiccazione dei germogli di tè non ancora schiusi, i quali sono ricoperti da una leggerissima peluria bianca. Il processo di lavorazione è simile a quello del tè verde, ma le fasi di avvizzimento e di essiccazione sono molto lente e avvengono a temperature più basse. Si tratta di un tè molto apprezzato in Cina.

Il sapore e il profumo del tè possono essere variati miscelando le foglie con fiori o frutti di altre piante e spezie. Tali tè vengono detti scented (o aromatizzati) e fra questi l’Earl Grey, aromatizzato con olio estratto dalla scorza del bergamotto, è uno dei più noti e consumati. Come il caffè, il tè può essere venduto in forma solubile e in forma deteinata. I tè deteinati si ottengono per sottrazione della caffeina (la teina infatti non è altro che il nome attribuito alla caffeina contenuta nel tè).

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Aspetti nutrizionali del tè
Il tè non zuccherato ha un contenuto calorico pressoché nullo ed è una fonte importante di sali minerali, in particolare fluoro. Contiene, inoltre, grandi quantità di antiossidanti (catechine, teaflavine, tearubigine e tannini), che ne fanno una bevanda apprezzabile per la salute. Gli alcaloidi presenti nel tè (teofillina, caffeina/teina, teobromina) esercitano effetti stimolanti sul sistema nervoso simili a quelli del caffè. La concentrazione di queste sostanze è variabile nelle diverse tipologie; in particolare, esse sono più concentrate nei tè non fermentati.

il cacao

L’albero del cacao, il Theobroma cacao, è un sempreverde originario delle Americhe appartenente alla famiglia delle Sterculiaceae. Dai suoi grandi frutti, detti cabosse, si ricava il cacao, di cui esistono principalmente tre varietà:

  • il criollo, le cui cabosse hanno una buccia sottile e da cui si ottiene un cacao pregiato, chiaro e dall’aroma intenso;
  • il forastero, più resistente all’attacco dei parassiti, ma di aroma meno raffinato;
  • il trinitario, incrocio delle specie precedenti che presenta caratteristiche intermedie.

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La lavorazione del cacao
Le cabosse pesano circa 500 g, hanno una forma ovale e sono poco più grandi di una mano. Le fasi di lavorazione prevedono:

1. la raccolta, che avviene esclusivamente a mano;
2. l’estrazione dei semi (fave);
3. la fermentazione, processo che favorisce lo sviluppo dell’aroma;
4. la pulizia e l’essiccazione;
5. la torrefazione, realizzata mediante l’impiego di aria calda;
6. la decorticazione, ossia l’allontanamento dei gusci;
7. la macinazione della granella fino a ottenere pasta di cacao;
8. la pressatura e l’allontanamento del burro di cacao.

Il cacao può essere commercializzato sia in polvere (eventualmente addizionando lo zucchero) sia in forma solubile (a seguito di trattamenti specifici).

Aspetti nutrizionali del cacao
Il cacao è un alimento ricco di vari nutrienti. La sua frazione lipidica (costituita principalmente dal burro di cacao e quindi allontanata in fase di produzione) è formata da gliceridi contenenti soprattutto acidi grassi saturi (palmitico e stearico), mentre la frazione proteica contiene aminoacidi essenziali. Oltre a essere anche una buona fonte di minerali e di vitamine del gruppo B, il cacao contiene caffeina (0,6-0,8 %) e teobromina (2%).

Studi recenti hanno messo in relazione la teobromina con l’aumento del colesterolo HDL: la molecola sarebbe quindi in grado non solo di avere un effetto eccitante sul sistema nervoso centrale, ma anche di aumentare il cosiddetto “colesterolo buono”.

  Dal cacao alla cioccolata, al cioccolato

In origine la cioccolata veniva preparata in modo simile al caffè, ossia mescolando cacao e acqua calda. Solo dopo il 1828, anno in cui nei Paesi Bassi si riuscì a separare la componente più solubile del cacao dalla massa grassa, si cominciò a produrre la cioccolata con la consistenza attuale.

La produzione del cioccolato solido invece si basa sull’allontanamento dell’acqua dalla massa di cacao e sulla formazione di un’emulsione perfetta tra la fase lipidica e la componente solubile. Per ottenere un prodotto perfettamente omogeneo la fase decisiva è il temperaggio, ossia il raffreddamento controllato del cioccolato che passa, attraverso numerosi passaggi, dallo stato fuso allo stato solido.

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