I succhi di frutta
In Italia la produzione di succhi di frutta è regolata dal Decreto legislativo n. 151 del 21 maggio 2004 in cui essi sono definiti come «prodotti fermentescibili, non fermentati» (infatti la polpa acquosa e zuccherina della frutta può fermentare e diventare alcolica). I succhi di frutta sono pertanto ottenuti dalla parte commestibile della frutta fresca, sana e matura, appartenente a una o più specie, attraverso un procedimento meccanico di spremitura che deve preservare il colore, l’aroma e il gusto caratteristici della frutta da cui provengono. La legge impone anche di riportare in etichetta la percentuale di frutta, mai inferiore al 25%, per ogni tipologia di succo (compreso il pomodoro) e ha recentemente stabilito che essi non devono in alcun caso contenere zuccheri aggiunti.
I succhi di frutta non sono adeguati sostituti della frutta poiché, sebbene garantiscano un buon apporto di sali minerali, risultano più poveri di fibre e di vitamine. Queste ultime infatti sono particolarmente delicate e spesso vanno perdute nei processi di preparazione e conservazione (tranne la vitamina C, che viene normalmente addizionata come antiossidante).
In commercio esistono alcune varianti ai succhi di frutta propriamente detti:
- succhi di frutta concentrati: sono ottenuti eliminando almeno il 50% dell’acqua presente nell’estratto originale;
- succhi di frutta da concentrati: si ottengono reinserendo acqua;
- succhi di frutta disidratati: sono succhi liofilizzati in cui è stata eliminata la quasi totalità dell’acqua. Si presentano in forma di polveri, granulati o cubetti compatti;
- nettari: si tratta di particolari succhi per i quali è concessa anche l’aggiunta, oltre all’acqua, di zuccheri, miele o edulcoranti (in misura non superiore al 20%). Le materie prime adatte a questo trattamento sono sia i succhi di frutta sia le puree di frutta.