Il nuovo Sarò Chef

AVENA

Come il frumento, l’Avena sativa è una graminacea annuale che produce spighe di semi sottili e lunghi. Molto usata per l’alimentazione animale, è adoperata anche nella produzione di farina e fiocchi, di birra e whisky.

FARRO

Il farro (Triticum speltum) è una varietà di grano già molto usata dall’antichità e oggi tornata in uso dopo un periodo di disinteresse. In cucina si usa come il riso, unito a verdure, in zuppe, minestre e insalate. La farina di farro si può mescolare a quella di grano duro per la panificazione.

MAIS

Il mais (Zea mays) è una graminacea annuale originaria del Sud America largamente usata sia nell’alimentazione animale, sia nelle industrie di trasformazione, dove può essere impiegata per produrre whisky, birra, gin, alcol, olio e amido. Nell’ambito dell’alimentazione umana, si usano sia la farina sia i semi.
In base alla granulometria, la farina di mais si distingue in bramata (macinata grossa); fioretto (macinata fine); fumetto (macinata molto fine). In cucina la farina si usa per fare la polenta oltre che dolci e preparazioni tradizionali.
I semi si distinguono a seconda delle varietà: alcune, come la everta dai chicchi piccoli e duri, sono ideali per fare il pop corn; altre, invece, come il mais dolce, forniscono chicchi adatti per essere consumati a crudo, lessati o alla griglia, per la preparazione di contorni, minestre o insalate.

GRANO SARACENO

Il Fagopyrum esculentum è una poligonacea annuale dal ciclo vitale breve (60-120 giorni) e molto resistente ai climi rigidi. Produce frutti secchi (acheni) di forma tetraedrica, da cui si ricava una farina usata per preparazioni tradizionali, o per chi segue una dieta priva di glutine. La farina di grano saraceno si può anche mescolare a quella di frumento per fare il pane, unendo le sue caratteristiche di rusticità alla miglior capacità di lievitazione del frumento; è conosciuta però soprattutto perché indispensabile a preparare piatti tipici come pizzoccheri e la polenta nera della Valtellina.

MIGLIO

Questa graminacea (Panicum miliaceum) è molto resistente e cresce anche in condizioni di siccità: per questo è molto diffusa in Africa. I semi sono piccoli e rotondi e si usano direttamente, ridotti in fiocchi oppure macinati. In cucina si usano interi nelle zuppe, nelle minestre e nelle insalate; la farina può essere usata per panificare se mescolata alla farina di grano duro: poiché il miglio non contiene glutine, non è adatto a preparazioni lievitate.

ORZO

L’orzo (Hordeum vulgare) è una graminacea annuale usata soprattutto per i mangimi animali, mentre nell’industria alimentare si usa per produrre malto (usato nella fabbricazione di birra e whisky); tostato e macinato come surrogato del caffè; per la produzione di farine a scarsa lievitazione; oppure perlato per la preparazione di insalate, zuppe e minestre.

SEGALE

Esistono molte varietà di questa graminacea (Secale cereale), estive e invernali. Il seme somiglia a quello del grano, ma è meno gonfio e più lungo. Molto usata nei mangimi animali, in cucina si usa come il riso; soprattutto, però, serve per produrre una farina di colore scuro con scarsa lievitazione per la bassa quantità di glutine che contiene, con la quale si ottiene un pane scuro molto apprezzato.

LA “CARNE” DEI VEGETARIANI: IL SEITAN

Il seitan si ottiene dal glutine: è quindi un alimento con un elevato contenuto proteico, privo di colesterolo, che nelle diete vegetariane sostituisce spesso la carne.
Di aspetto spugnoso e marrone, si ottiene attraverso un procedimento molto lungo: è consigliabile acquistarlo già pronto.
In cucina si usa in preparazioni con verdure, a spezzatino, come scaloppina, hamburger ecc. o nei piatti della cucina orientale. Si conserva in frigorifero.

RISO

Anche il riso (Oryza sativa) è una graminacea annuale: si semina in primavera e si raccoglie agli inizi dell’autunno. Diversamente dagli altri cereali, il riso viene coltivato in acqua: per mantenere costanti umidità e temperatura, nel suo primo sviluppo la pianta deve rimanere sommersa. Fra le varie sottospecie di riso, che prendono il nome dalle zone in cui vengono prevalentemente coltivate, quelle più diffuse sono:

  • la indica, dai frutti con la tipica forma lunga e stretta: appartengono a questa sottospecie le varietà Basmati e Patma, resistenti in cottura e spesso utilizzate per preparare il riso Pilaf, i contorni e le insalate;
  • la japonica, dal chicco tondo, molto diffusa anche in Italia con numerose varietà: dall’Arborio al riso Venere.
    Per legge, le varietà di riso japonica sono distinte in 4 gruppi a seconda delle caratteristiche del chicco:
    riso comune o originario come le varietà Balilla e Ticinese; hanno un chicco piccolo e tondeggiante, con scarsa tenuta in cottura; sono usate per dolci e minestre;
    riso semifino come le varietà Vialone nano e Padano; hanno chicchi semitondi di media lunghezza;
    riso fino come le varietà Ribe o Europa; hanno chicchi lunghi e sottili, adatti per cotture all’inglese o insalate di riso;
    riso superfino come la maggior parte delle varietà più conosciute: Arborio, Carnaroli, Roma, Baldo; hanno chicchi grossi e allungati, con una buona tenuta in cottura, adatti per insalate di riso e risotti;
  • la javanica, dal chicco molto grosso. È una varietà poco conosciuta e utilizzata.

LE FASI DI LAVORAZIONE DEL RISO

Come il grano, anche il riso subisce una serie di processi prima di essere pronto all’uso in cucina. Vediamoli brevemente.

  • Raccolta: fra settembre e ottobre, il riso viene raccolto, trebbiato ed essiccato per ridurne l’umidità; viene detto risone, o riso greggio, o riso vestito.
  • Pulitura: il riso viene ripulito da terriccio, ghiaia e altre impurità.
  • Sbramatura: si eliminano i rivestimenti legnosi che ricoprono il chicco (le glumelle) senza intaccare il chicco; si ottiene il riso integrale, o sbramato di risone, o riso cargo, o riso semigreggio.
  • Raffinatura o sbiancatura: il riso viene “raffinato”, cioè pulito con macchine abrasive che eliminano i resti delle glumelle. Si ottiene così il riso semilavorato o riso mercantile.
  • Lucidatura: lavorato in macchine levigatrici, il riso diventa più bianco e liscio: è il riso lavorato o riso raffinato che può già essere confezionato.

Altrimenti può essere sottoposto a:
brillatura, cioè trattato con talco o glucosio; il riso brillato è bianco e traslucido;
oliatura con olio di lino o vaselina che dà il riso camolino.
A partire dal riso grezzo, però, si può procedere con la tecnica di parboilizzazione: il risone viene immerso in acqua tiepida e sottoposto a una pressione idraulica che fa passare i nutrienti dall’esterno all’interno del chicco. Quindi, viene esposto a getti di vapore ad alta pressione: l’amido all’esterno del chicco gelatinizza creando uno strato duro e compatto che trattiene le sostanze all’interno. Il riso parboiled mantiene le caratteristiche nutritive e la resistenza alla cottura del riso integrale, nonostante abbia completato il ciclo di lavorazione con la raffinatura.

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Corso di Enogastronomia per il primo biennio