Che cosa sono i micronutrienti

 1  LE BASI SCIENTIFICHE DELL’ALIMENTAZIONE >> 4. I micronutrienti

Che cosa sono i micronutrienti

I micronutrienti sono presenti nel corpo umano solo in piccole quantità (da cui il prefisso micro) ed è sufficiente assumerne pochi milligrammi o microgrammi al giorno per soddisfare i fabbisogni dell’organismo. Diversamente dai macronutrienti, questi principi nutritivi non forniscono energia, ma svolgono piuttosto varie e importanti funzioni regolatrici, che assicurano il buon funzionamento dell’organismo. Alcuni di essi assolvono anche a ruoli strutturali, come il calcio e il magnesio, che rientrano nella composizione delle ossa.

Sotto il nome di micronutrienti si riuniscono le vitamine, i sali minerali, ma anche l’acqua che, seppur presente nell’organismo umano in grande quantità, non apporta energia.


Le vitamine

Con il termine vitamine si indicano composti organici, assai diversi fra loro, che hanno in comune il fatto di essere molecole indispensabili alla vita. Le vitamine svolgono infatti importanti funzioni a più livelli:

  • sono precursori di enzimi e ormoni;
  • agiscono da antiossidanti;
  • mantengono l’integrità dei tessuti;
  • proteggono l’organismo da malattie.

Poiché il nostro organismo non è in grado di produrre le quantità pur minime di vitamine di cui necessita, queste devono essere assunte mediante la dieta, e per tale ragione si tratta di molecole essenziali. Alcune vitamine del gruppo B e la K possono essere sintetizzate dai microrganismi che vivono nell’intestino umano, ma solo della K il nostro organismo riesce a sintetizzare una quantità sufficiente a soddisfare il proprio fabbisogno. Per ogni specie animale il fabbisogno vitaminico è diverso (cani e bovini per esempio sono in grado di sintetizzare la vitamina C a partire dai glucidi) e varia con l’età, il sesso, lo stato di salute e le particolari condizioni fisiologiche (come la gravidanza).

La mancanza prolungata di una o più vitamine nella dieta quotidiana determina una condizione definita ipovitaminosi, che si manifesta attraverso specifici disturbi. Se le vitamine mancanti sono reintrodotte nel regime alimentare, i sintomi sono comunque reversibili. L’ipovitaminosi può invece degenerare in malattie vere e proprie, note come avitaminosi, quando la carenza si protrae troppo a lungo. Raramente, oggi, si riscontrano malattie da carenza, soprattutto nei paesi industrializzati e in soggetti che hanno un’alimentazione varia ed equilibrata. Viceversa, possono verificarsi situazioni di ipervitaminosi, ossia intossicazioni dovute a un consumo eccessivo di vitamine, magari sotto forma di integratori.

Il rispetto del fabbisogno vitaminico quotidiano è generalmente assicurato in chi segue una dieta varia ed equilibrata, e ciò rappresenta indubbiamente una condizione protettiva contro l’insorgenza di molte malattie.

Le vitamine sono molecole piuttosto delicate e molte di esse possono perdere il loro valore nutrizionale se sottoposte a fattori che le inattivano. I principali tra questi fattori sono:

  • il calore: molte vitamine sono termolabili e tendono a deteriorarsi con le alte temperature; durante la cottura degli alimenti freschi se ne perde sempre una percentuale, variabile con la durata e l’intensità del trattamento termico;
  • la luce: le vitamine che si danneggiano per effetto dell’energia contenuta nella luce sono definite fotodegradabili; molte bevande (latte, succhi, oli) si conservano in confezioni oscurate proprio per prevenirne la perdita vitaminica;
  • l’ossigeno: l’ossigeno è notoriamente una molecola molto reattiva che può legarsi in modo spontaneo e irreversibile alla struttura di alcune vitamine ossidabili; alcune preparazioni alimentari caratterizzate dall’incorporare aria, come la produzione di frullati, possono quindi avere effetti antinutrizionali;
  • gli acidi e le basi: a seconda delle caratteristiche chimiche di ogni vitamina si possono verificare effetti di neutralizzazione nell’interazione tra molecole acide e molecole basiche.

Storia di una parola

Tra il 1911 e il 1912 il chimico polacco Casimir Funk scoprì una sostanza in grado di curare il beriberi, una malattia che all’epoca colpiva sovente i marinai che viaggiavano in Oriente i quali, nutrendosi prevalentemente di riso, soffrivano di gravi carenze alimentari. Funk chiamò la sostanza “vitamina”, dal latino vita e ammina, un composto organico contenente azoto, fondamentale per le funzioni biologiche. In seguito il termine “vitamina” passò a definire tutti i composti analoghi, provenienti dagli alimenti, sufficienti in quan­tità minime per il buon funzionamento dell’organismo, a pre­scindere dal fatto che contenessero o meno azoto.

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La classificazione delle vitamine

Fino a oggi sono state identificate 13 vitamine, cui se ne possono aggiungere altre dall’attribuzione incerta, perché condividono con le prime solo alcune caratteristiche. Di tutte si conosce l’esatta composizione chimica, e molte possono essere prodotte anche sinteticamente.

Le vitamine vengono classificate in base alla loro solubilità e si distinguono in:

  • idrosolubili, ovvero solubili in acqua e dunque presenti nella composizione di alimenti con base acquosa; questo gruppo comprende le vitamine del complesso B, la vitamina C e la vitamina H;
  • liposolubili, ovvero solubili nei grassi e pertanto comuni in alimenti oleosi come la frutta secca; questo gruppo comprende le vitamine A, D, E, K.

LE VITAMINE IDROSOLUBILI

Per la maggior parte le vitamine idrosolubili devono essere regolarmente assunte con l’alimentazione perché il nostro organismo non solo non è in grado di produrle (o almeno non in quantità sufficiente), ma non è nemmeno in grado di accumularle e conservarle. Infatti, quelle che non vengono assimilate subito dopo l’assunzione finiscono espulse attraverso l’urina e il sudore.

Quasi tutte le vitamine idrosolubili agiscono nel nostro corpo in qualità di cofattori di enzimi. Come abbiamo visto in precedenza, i cofattori enzimatici possono essere ioni metallici o molecole organiche non proteiche. Se il cofattore è una molecola stabilmente associata all’apoenzima, si definisce gruppo prostetico, mentre se il cofattore si lega all’apoenzima solo durante la reazione di catalisi e poi se ne distacca, viene definito coenzima, o cosubstrato. La maggioranza delle vitamine si comporta da coenzima, agendo come “chiave” molecolare in grado di attivare cascate di reazioni promosse da specifici enzimi. In certi casi le vitamine non sono direttamente dei coenzimi, bensì precursori dei coenzimi, ossia molecole che, a seguito di opportune modifiche chimiche, sono trasformate in coenzimi utili.

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Vitamina B1

La vitamina B1, chiamata anche tiamina, fu la prima a essere scoperta, rivelandosi subito utile per curare il beriberi. Include nella sua molecola un atomo di zolfo (da cui il prefisso tio) e un gruppo amminico (–NH2).

La tiamina riveste funzioni coenzimatiche, interviene nelle reazioni che coinvolgono il metabolismo dei glucidi e nella trasmissione degli impulsi nervosi. L’assorbimento avviene nell’intestino tenue ed è molto limitato in caso di uso eccessivo di bevande alcoliche: l’etanolo infatti ostacola il passaggio della vitamina dalle cellule verso il sangue.

  • Fonti: lievito di birra, legumi, pancetta e crusca dei cereali.
  • Carenza: i maggiori sintomi da carenza di vitamina B1 si hanno a carico del metabolismo energetico e del sistema nervoso. La carenza cronica di tiamina provoca il beriberi, che si manifesta con disfunzioni del sistema nervoso, problemi cardiovascolari e gastrointestinali. Nei paesi asiatici la carenza è legata al consumo di alimenti ricchi di glucidi, ma poveri in vitamina, come il riso brillato. In Europa e negli Stati Uniti la carenza è in genere legata al consumo di alcol.
Vitamina B2

La vitamina B2, chiamata anche riboflavina, viene assorbita dagli alimenti già nelle forme coenzimatiche FMN e FAD ed è quindi subito disponibile per le reazioni di ossidoriduzione dell’organismo. Gli enzimi corrispondenti sono implicati in varia misura nel metabolismo dei macronutrienti.

  • Fonti: verdure, lievito di birra, latte, fegato, cuore, rene e albume d’uovo.
  • Carenza: considerata la sua ampia diffusione negli alimenti, una carenza di vitamina B2 è piuttosto improbabile. Se ciò accade, in genere avviene in concomitanza con la carenza di altre vitamine o a causa di disturbi nell’assorbimento intestinale. Le alterazioni riscontrate riguardano la cute, specialmente il viso e gli occhi.
Vitamina B3

Con il termine vitamina B3 si indicano in realtà due molecole molto simili, l’acido nicotinico e la nicotinammide. L’acido nicotinico, detto anche niacina, prevale negli alimenti di origine vegetale, mentre la nicotinammide, o niacinammide, è presente soprattutto negli alimenti di origine animale.

In tutti gli organismi viventi, la vitamina B3 viene sintetizzata a partire dall’amminoacido essenziale triptofano. Anche l’organismo umano, così come i batteri che ospita nel proprio intestino, è in grado di produrre questa vitamina, ma in misura non sufficiente al fabbisogno quotidiano.

La vitamina B3 infatti è precursore di coenzimi usati in modo considerevole da tutte le cellule. NAD, NADP, FAD, FMN sono sigle con cui si indicano i coenzimi ottenuti da questa vitamina, implicati in moltissime reazioni biologiche.

  • Fonti: fonti vegetali di niacina sono le banane, i legumi, le arachidi, il cacao e l’avena; fonti animali sono la carne, in particolare il fegato, il lievito, il pesce e i latticini.
  • Carenza: la carenza di vitamina B3, così come un’insufficiente produzione di triptofano, causa la pellagra, nota anche come “malattia delle tre D” perché si manifesta con diarrea, dermatite e demenza.

La pellagra

Per indicare la vitamina B3 viene usata anche la sigla PP (che sta per Pellagra Preventing Factor): questa vitamina, infatti, è fondamentale nella prevenzione della pellagra. Tale patologia nei secoli scorsi era molto diffusa nelle popolazioni che si nutrivano esclusivamente di mais o sorgo, alimenti che contengono una forma della vitamina non assimilabile dai mammiferi.

Nell’Italia settentrionale, dove molti contadini si nutrivano quasi esclusivamente di polenta, nell’Ottocento si raggiunsero picchi del 30% di ammalati tra la popolazione rurale.

La scoperta della relazione fra pellagra e carenza di vitamina B3 avvenne nel 1937, ciononostante la pellagra è tuttora una malattia ricorrente in alcune regioni dell’Africa, del Sudamerica e dell’India.

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Vitamina B5

Detta anche acido pantotenico (dal greco pantothen, che significa dappertutto”), la vitamina B5 è diffusa in quasi ogni alimento, sia in forma libera sia come costituente del coenzima A (CoA), ed è presente in tutti i tessuti animali e vegetali.

Sia la forma libera della vitamina B5 che il coenzima A svolgono una funzione chiave nella sintesi e nella scissione di acidi grassi e colesterolo e nel metabolismo dei lipidi in generale.

  • Fonti: la vitamina B5 è presente in tutti gli alimenti, in particolare nel lievito.
  • Carenza: non si conoscono casi di carenza di questa vitamina nell’essere umano.
Vitamina B6

Con il termine vitamina B6 si intendono le tre forme attive della piridossina: la piridossina, il piridossale e la piridossammina. La piridossina costituisce il coenzima di molti enzimi che partecipano al metabolismo degli amminoacidi, ma in misura minore anche dei lipidi e dei glucidi.

  • Fonti: la vitamina B6 è molto diffusa negli alimenti; i cibi di origine animale contengono piridossale e piridossammina, mentre quelli di origine vegetale contengono piridossina.
  • Carenza: i casi di carenza sono rari. Sono state effettuate sperimentazioni su soggetti volontari, riscontrando principalmente alterazioni a carico del sistema nervoso (depressione, vomito, perdita di peso, irritabilità), della cute e del sangue.
Vitamina B8

La vitamina B8 è detta anche biotina, termine che deriva dal greco bios, che significa “vita”: venne battezzata così perché in grado di stimolare la crescita del lievito. Solo in seguito venne chiamata vitamina B8 (ma nel mondo anglosassone è detta B7).

La biotina è contenuta in numerosi alimenti, ma è anche prodotta da alcuni microrganismi dell’intestino. Svolge il ruolo di gruppo prostetico per molti enzimi, attivi in particolare nella sintesi del glucosio e degli acidi grassi e nella scissione degli amminoacidi.

  • Fonti: la vitamina B8 si trova in cereali, legumi, cavoli, mandorle, arachidi, funghi e lievito di birra, microrganismi intestinali. È presente anche nell’uovo, ma mentre nel tuorlo risulta disponibile, nell’albume si trova legata all’avidina, una proteina che ne impedisce l’assorbimento. Tuttavia, se l’uovo viene cotto, l’avidina si denatura e anche la frazione di biotina presente nell’albume diventa disponibile. Il suo assorbimento è anche condizionato dalla presenza di Na.
  • Carenza: vista la diffusione della biotina in moltissimi alimenti, casi di carenza si verificano molto di rado. I sintomi sono stati scoperti in via sperimentale su soggetti volontari: i più evidenti sono anoressia con nausea e dermatite con assottigliamento e perdita dei capelli.
Vitamina B9

È detta anche acido folico, dal latino folium, che significa “foglia”, e infatti ne sono particolarmente ricche le verdure a foglia larga, ma è presente anche nei tessuti animali. Questa vitamina è sintetizzata anche dai microrganismi che vivono nell’intestino, ma in forma non utile, e finisce pertanto eliminata attraverso la bile e l’urina. L’acido folico interviene direttamente, e non come coenzima, nella sintesi degli acidi nucleici e, di conseguenza, la richiesta di questa vitamina da parte dell’organismo aumenta in condizioni di attiva moltiplicazione delle cellule. Un suo incremento nella dieta è dunque fortemente consigliato in gravidanza per assicurare la crescita regolare dell’embrione e il corretto sviluppo del suo sistema nervoso, ma occorre tenere presente che è termolabile e non va assunta con alimenti caldi.

La carenza di acido folico si ripercuote negativamente su tessuti a crescita rapida come midollo osseo, pelle, mucose.

  • Fonti: verdure, legumi, fegato, lievito di birra e alcuni frutti, come arance e kiwi.
  • Carenza: la carenza di acido folico è diffusa nei paesi più poveri e le cause possono essere molteplici: malattie infettive, ripetute gravidanze, malassorbimento e denutrizione. Alcuni noti effetti dell’avitaminosi da vitamina B9 sono l’anemia megaloblastica, in cui i globuli rossi si presentano ingrossati e poco longevi, e la formazione della spina bifida nei feti in conseguenza di uno sviluppo incompleto del sistema nervoso.
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Malattie da carenza di acido folico

L’anemia megaloblastica è una forma di anemia (cioè una diminuzione dei globuli rossi o dell’emoglobina nel sangue) dovuta a una produzione inefficace di globuli rossi da parte dell’organismo. In pratica, i globuli rossi risultano più grossi del normale e hanno vita molto breve. Tra le cause delle anemie megaloblastiche c’è anche la carenza di vitamina B9 (acido folico).

La spina bifida è una malformazione neonatale della colonna vertebrale, nella quale alcune vertebre non completano il loro sviluppo e lasciano fuoriuscire midollo spinale. La somministrazione di vitamina B9 (acido folico) alle donne nelle prime settimane di gravidanza riduce notevolmente l’incidenza di questa patologia.

Vitamina B12

La vitamina B12 è detta anche cobalamina perché al centro della sua molecola c’è un atomo di cobalto. Ha una struttura complessa e articolata e ciò impedisce che possa essere sintetizzata in laboratorio. Tuttavia, siccome solo i batteri sono in grado di produrla, è possibile isolarla estraendola da colture batteriche. Questa preziosa vitamina, trasferendosi nella catena alimentare da un organismo all’altro, risulta comunque presente negli animali. Il suo assorbimento a livello intestinale è mediato da una glicoproteina chiamata fattore intrinseco. Molte forme di avitaminosi da vitamina B12 dipendono proprio da un funzionamento compromesso di questa molecola. La vitamina B12, insieme all’acido folico, esercita un effetto protettivo sul sistema nervoso ed è indispensabile per un normale processo di proliferazione cellulare.

  • Fonti: batteri e alimenti di origine animale: carne e derivati, pesci e prodotti ittici, latte e derivati.
  • Carenza: la carenza di questa vitamina è molto rara. I sintomi, quando si manifestano, compaiono dopo anni (anche più di dieci) e si concretizzano in due forme: l’anemia perniciosa (una forma di anemia simile a quella megaloblastica) e disturbi psichiatrici e neurologici, che si traducono in depressione, incontinenza, psicosi e problemi deambulatori.

Vitamina B12 e vegetarianesimo

Per chi segue una dieta vegetariana o vegana risulta più difficile assumere quantità sufficienti di vitamina B12. Infatti, questa vitamina si trova solo negli alimenti di origine animale, in particolare nelle frattaglie. Gli animali erbivori riescono a incorporare la vitamina B12 che ricavano dai batteri presenti nei vegetali di cui si alimentano, o più spesso da mangimi arricchiti in modo artificiale. L’uomo invece non è in grado di assimilare la cobalamina direttamente dai vegetali. Le fonti di vitamina B12 da cui un vegetariano può attingere sono tre:

  • derivati animali come latte, uova, formaggi, nei quali però la quantità di vitamina potrebbe essere minima;
  • alimenti vegetali appositamente addizionati di cobalamina, molto diffusi negli Stati Uniti e sempre più disponibili anche da noi;
  • integratori di vitamina B12.
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Vitamina C

La maggior parte delle piante e degli animali riesce a sintetizzare la vitamina C a partire dal glucosio, ma l’uomo, non disponendo degli enzimi necessari per effettuare tale trasformazione, deve procurarsela attraverso gli alimenti.

La vitamina C, detta anche acido ascorbico, assolve molteplici importanti funzioni:

  • svolge un’azione antiossidante prevenendo la formazione dei radicali liberi (responsabili del deterioramento dei tessuti);
  • partecipa alla sintesi del collagene (una proteina strutturale fibrosa presente in tutto il corpo);
  • partecipa al metabolismo di ormoni (quali l’ossitocina, la vasopressina e la colecistochinina);
  • ha un ruolo importante nel metabolismo del ferro, aumentando la sua biodisponibilità quando proviene da fonti vegetali (perciò è opportuno condire gli spinaci con il limone);
  • aumenta la risposta immunitaria dell’organismo (per esempio contro i “malanni di stagione”).

L’acido ascorbico è una molecola sensibile a molti fattori e il calore la inattiva già a 40 °C. Inoltre il suo assorbimento diminuisce con l’aumentare delle dosi, per cui è più indicato, per esempio, consumare vari agrumi nell’arco della giornata piuttosto che ricorrere a integratori monodose.

  • Fonti: frutta e verdura fresca rappresentano la maggiore fonte di vitamina C. Ne sono particolarmente ricchi gli agrumi, i frutti di bosco, i kiwi, i pomodori e le verdure a foglia verde.
  • Carenza: l’ipovitaminosi da vitamina C determina un abbassamento delle difese del nostro organismo, e se perdura per alcuni mesi porta allo scorbuto.

Lo scorbuto

L’acido ascorbico fu isolato tra gli anni Venti e Trenta del secolo scorso sotto il nome di “fattore antiscorbuto”. Malattia nota già ai tempi delle Crociate, quando – si dice – mieteva più vittime delle battaglie, lo scorbuto ebbe massima diffusione durante le traversate oceaniche del XVIII e del XIX secolo, perché i marinai si nutrivano di cibo secco e non assumevano frutta e verdura fresca. Questa patologia si manifesta attraverso un deperimento generale, con dolori alle ossa e all’addome, pelle e gengive che sanguinano senza cicatrizzare, denti instabili fino a staccarsi e soprattutto una costante irascibilità al limite della nevrastenia, da cui deriva il termine “scorbutico” a indicare chi ha un carattere scontroso.

LE VITAMINE LIPOSOLUBILI

L’assorbimento delle vitamine liposolubili durante la digestione avviene con dinamiche simili all’assorbimento dei lipidi. Esse vengono quindi assorbite nell’intestino e poi trasportate nella linfa da lipoproteine o nel sangue da proteine plasmatiche. Contrariamente a quanto avviene per quelle idrosolubili, l’organismo non elimina la quota inutilizzata delle vitamine liposolubili attraverso le urine e il sudore, ma anzi le accumula, rendendo possibili situazioni di ipervitaminosi.

Vitamina A

La vitamina A preformata, ossia in forma biologicamente attiva, detta anche retinolo, si trova solo in alimenti di origine animale. Nei vegetali si trovano invece diverse provitamine, cioè precursori della vitamina, in forma di pigmenti della famiglia dei carotenoidi, che possono essere trasformati in vitamina A dal nostro organismo. Dei circa seicento carotenoidi presenti in natura, solo una cinquantina sono convertibili in vitamina A. Fra questi, il più efficiente è il β-carotene, ma anche altri carotenoidi sono ottimi provitaminici (α-carotene, licopene, luteina, zeaxantina e β-criptoxantina).

Nell’uomo la vitamina A è assorbita nell’intestino con un meccanismo simile a quello dei lipidi e il processo si svolge meglio in presenza di grassi.

Il retinolo è coinvolto direttamente, e non come coenzima, nello sviluppo del feto, nella crescita, nella risposta immunitaria, nel differenziamento delle cellule e nel funzionamento della visione. In forma libera svolge anche una marcata funzione antiossidante.

  • Fonti: negli animali la vitamina preformata abbonda nel fegato, nella milza, nelle uova, nel latte e nei suoi derivati. I vegetali fonte di carotenoidi convertibili in retinolo sono i frutti e gli ortaggi molto colorati quali carote, peperoni, broccoli, pesche, albicocche, meloni, papaia.
  • Carenza: i neonati sono i soggetti più esposti alla carenza da vitamina A, soprattutto quando la dieta della madre manca di retinolo nelle fasi della gravidanza e dell’allattamento. Poiché il retinolo è anche costituente dei bastoncelli della retina, il primo inequivocabile segno di carenza è un calo nella visione notturna, che se trascurato può portare a una cecità irreversibile.
  • Ipervitaminosi: oltre i 3 grammi RE/giorno si riscontrano danni al fegato, difetti durante lo sviluppo embrionale e problemi dermatologici.
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Il controverso Golden Rice

Il Golden Rice è una varietà di riso geneticamente modificato per produrre β-carotene (precursore della vitamina A). In gran parte dell’Africa e in tutto il Sudest asiatico (India, Thailandia, Filippine), dove le popolazioni povere si nutrono quasi esclusivamente di riso, la carenza di vitamina A porta alla cecità, seguita dal decesso nel giro di un anno. Si calcola che ogni anno fra 250 000 e 500 000 bambini vengono colpiti da VAD (Vitamin A Deficiency).

Frutto del lavoro di tre scienziati, il brevetto del Golden Rice è stato ceduto alla Syngenta, una delle prime società a promuovere la tecnologia OGM nell’agricoltura di larga scala. Nell’aprile 2015 il Golden Rice ha vinto il premio “brevetto umanitario”.

Malgrado il “riso dorato” sia attualmente distribui­to gratuitamente nelle aree colpite da VAD, la sua coltivazione incontra ancora molte resistenze: infatti non sono del tutto chiari gli effetti sulla salute umana di una dieta a base di OGM, e non ispira fiducia il fatto che il brevetto sia proprietà di una multinazionale.

Vitamina D

Esistono due forme di vitamina D, o calciferolo: dapprima si individuò e si isolò quella che oggi è chiamata D2 o ergocalciferolo, di origine vegetale. Poi si scoprì che l’uomo è in grado di sintetizzare da sé un’altra forma di vitamina D, e questa forma fu chiamata D3 o colecalciferolo. Entrambe queste molecole sono provitamine con caratteristiche molto particolari: da una parte, la loro sintesi richiede l’esposizione ai raggi ultravioletti; dall’altra, la loro forma biologicamente attiva esercita il suo effetto circolando nel sangue e nei tessuti cellulari, in maniera simile a un ormone.

La vitamina D ha quindi due origini, una interna (endogena) e una esterna (esogena).

  • Origine endogena: la maggior parte della vitamina D, anche se in misura non sufficiente al nostro fabbisogno, è prodotta dall’organismo a partire da derivati del colesterolo; circolando nei capillari della pelle, queste molecole si trasformano in colecalciferolo per effetto della luce solare.
  • Origine esogena: confrontato alla produzione endogena, il cibo rappresenta una fonte di vitamina D più scarsa.

La funzione della vitamina D si incentra sulla regolazione dei livelli di calcio e fosforo nel sangue e conseguentemente sul controllo della mineralizzazione dello scheletro. Essa esplica questa sua attività soprattutto agendo come un ormone lipidico che penetra nel nucleo delle cellule bersaglio e stimola l’espressione genica di proteine che trasportano il calcio.

  • Fonti: l’ergocalciferolo si trova principalmente nell’olio di fegato di merluzzo, ma anche nei pesci grassi (aringa, salmone, sardine) e in misura minore in uova, latte e derivati.
  • Carenza: negli adulti la carenza di vitamina D provoca l’osteomalachia, caratterizzata da debolezza muscolare, fragilità ossea e un aumento del rischio di fratture al bacino e ai polsi. Nei bambini provoca il rachitismo, i cui effetti sono più gravi: la mancata ossificazione delle ossa porta alla deformazione del cranio, dello sterno, delle gambe e del bacino.
  • Ipervitaminosi: oltre i 250 microgrammi si riscontrano calcificazione dei tessuti molli, ridotta funzionalità renale, nausea e diarrea.
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Vitamina E

Nel 1922 l’embriologo Herbert McLean Evans individuò un fattore liposolubile che permetteva di prevenire, in diversi casi, la morte del feto. Per questo motivo lo chiamò tocoferolo, dal greco tocos (“nascita”) e pherein (“portare avanti”). A oggi sono state individuate otto varianti della vitamina E, ma soltanto l’α-tocoferolo, i cui effetti biologici sono maggiori, è assorbito dal nostro organismo.

La funzione principale dei tocoferoli è quella di antiossidanti di membrana: essi proteggono i lipidi presenti nelle membrane cellulari dall’ossidazione causata da radicali liberi.

  • Fonti: la vitamina E abbonda soprattutto nei semi e negli oli da essi derivati. Fonti minori sono i grassi di origine animale, le noci e molte varietà di frutta e verdura.
  • Carenza: nell’uomo non è stata evidenziata nessuna malattia dovuta alla carenza di questa vitamina; eventuali patologie si manifesterebbero a carico dei globuli rossi, del sistema nervoso, della retina e dei muscoli.
  • Ipervitaminosi: la vitamina E presenta bassa tossicità anche a seguito di ingestione orale acuta.
Vitamina K

Fu scoperta nel 1929 nell’ambito di alcune ricerche su una sindrome emorragica: gli scienziati rilevarono che la carenza di vitamina K determina emorragia, per questo la chiamarono Koagulation Vitamin (“vitamina della coagulazione”), da cui vitamina K. Esistono due forme principali della vitamina, che hanno origini diverse:

  • la K1 o fillochinone, di origine vegetale;
  • la K2 o menachinone, di origine animale.

La vitamina K può essere, inoltre, sintetizzata dai microrganismi che popolano il nostro intestino.

Contrariamente alle altre vitamine liposolubili, l’organismo non ne custodisce alcuna riserva. La funzione principale della vitamina K è di coenzima nelle reazioni di carbossilazione di proteine che intervengono nella coagulazione del sangue, soprattutto la protrombina. Inoltre agisce sulla osteocalcina, agevolando la fissazione del calcio.

  • Fonti: la vitamina K di origine vegetale si trova soprattutto nelle verdure a foglia verde e nei ceci; quella di origine animale abbonda in uova e fegato.
  • Carenza: è molto raro che si riscontri carenza di vitamina K, sia per la sua ampia diffusione negli alimenti sia per la sua sintesi da parte dei microrganismi intestinali. In ogni caso la carenza si manifesta con una diminuzione della velocità di coagulazione del sangue.
  • Ipervitaminosi: per questa vitamina non sono documentati casi di intossicazione.
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VITAMINE IDROSOLUBILI
VITAMINA DOVE SI TROVA (PRINCIPALI ALIMENTI) FABBISOGNO GIORNALIERO PRINCIPALI PATOLOGIE (O SINTOMI) DA IPOVITAMINOSI
B1 (tiamina) carne (soprattutto di maiale), lievito di birra, cereali integrali, legumi, uova, noci 0,9-1,2 mg beriberi
B2 (riboflavina) fegato e interiora, latte e latticini, carne, uova, lievito di birra, mandorle, verdure verdi, cereali integrali 1,1-1,6 mg alterazioni cutanee e delle mucose
B3 (niacina, vitamina PP) carne, fegato e interiora, latte e latticini, pesce, legumi 14-18 mg pellagra
B5 (acido pantotenico) tutti gli alimenti 5 mg
B6 (piridossina) carne, fegato e interiora, pesce, cereali integrali, frutta, verdura 1,14-1,7 mg dermatite
B8 (biotina, vitamina H) fegato e interiora, uova, latte e latticini, funghi, lievito di birra, arachidi, cacao, cavolfiori 30 μg
B9 (acido folico, vitamina M) verdure a foglia, asparagi, fegato e frattaglie, lievito di birra, arance 320-400 μg anemia megaloblastica; spina bifida (nel feto)
B12 (cobalamina) carne, fegato e interiora, pesce, latte e latticini, uova 2-2,4 μg anemia perniciosa
C (acido ascorbico) frutti di bosco, agrumi, kiwi, pomodori, verdure a foglia 60-75 mg scorbuto
VITAMINE LIPOSOLUBILI
A (retinolo) fegato e interiora, latte e latticini, uova, carote, frutti e verdure colorate (provitamine) 400-700 μg emeralopia; aumento della mortalità infantile; secchezza della pelle; maggiore rischio di infezioni; alterazioni delle funzioni riproduttive
D (calciferolo) fegato e oli di pesce, pesci grassi, latte e latticini, uova 10-15 μg rachitismo (nei bambini); osteomalacia (negli adulti)
E (tocoferolo) olio di semi, legumi, verdure a foglia 12-13 mg danni alle membrane cellulari; eventuali problemi a globuli rossi, retina, sistema nervoso
K (fillochinone e menachinone) verdure a foglia, ceci, tè verde, uova, fegato 140-170 μg demineralizzazione delle ossa; rallentamento della coagulazione del sangue (emorragie)

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