Le proteine

 1  LE BASI SCIENTIFICHE DELL’ALIMENTAZIONE >> 3. I macronutrienti

Le proteine

Il termine proteina deriva dal greco protèios, il cui significato è “che sta al primo posto”. Questi macronutrienti, chiamati anche protidi, sono dunque, come suggerisce il nome, “primari”, cioè essenziali per la struttura degli esseri viventi e per lo svolgimento di un vastissimo numero di funzioni vitali. Si tratta del materiale biologico più abbondante negli organismi animali: in particolare, nell’uomo rappresentano il 18% del peso corporeo. Ciò significa che, dopo l’acqua, le proteine sono i nutrienti presenti in quantità maggiore nel nostro organismo.

Sotto il profilo chimico si tratta di composti quaternari contenenti carbonio, idrogeno, ossigeno e azoto; seppur in minime quantità, le proteine possono contenere anche zolfo e fosforo. Le “informazioni” per la costruzione delle proteine sono contenute nei geni.

La composizione chimica e la classificazione delle proteine

Le proteine sono polimeri risultanti dall’unione in sequenza di singole molecole, dette amminoacidi (AA). Questi devono il loro nome al fatto di possedere un gruppo amminico (NH2) e un gruppo carbossilico (COOH) nella stessa molecola. Si legano tra loro grazie al legame peptidico che si forma tra il gruppo carbossilico di un amminoacido e il gruppo amminico dell’amminoacido successivo; alla formazione del legame si accompagna la perdita di una molecola d’acqua.

Ciascun amminoacido possiede inoltre un ulteriore gruppo a composizione variabile (gruppo laterale R), che può essere rappresentato da un semplice atomo di H (come nel caso dell’amminoacido glicina) o da catene carboniose più o meno complesse. A seconda delle caratteristiche chimiche del gruppo R, un amminoacido può essere idrofilo o idrofobo, ossia può presentare più o meno affinità per l’acqua.

Fra i tanti amminoacidi presenti in natura, solo venti sono incorporati nelle proteine. Di questi venti, otto devono necessariamente essere introdotti nel corpo umano su base quotidiana, attraverso l’alimentazione: sono perciò definiti amminoacidi essenziali (AAE). Agli otto amminoacidi essenziali si aggiungono altri due amminoacidi che sono essenziali soltanto nel periodo della crescita.


AMMINOACIDI ESSENZIALI AMMINOACIDI NON ESSENZIALI
fenilalanina acido aspartico
isoleucina acido glutammico
leucina alanina
lisina asparagina
metionina cisteina
treonina glicina
triptofano glutammina
valina asparagina
arginina
(solo nel periodo di accrescimento)
serina
istidina
(solo nel periodo di accrescimento)
tirosina
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LE PROTEINE E I PEPTIDI

Le proteine sono costituite da un numero minimo di cinquanta amminoacidi combinati tra loro; il numero degli amminoacidi che le compongono può arrivare a superare i mille.

Catene più corte di cinquanta amminoacidi e con strutture meno definite non sono considerate proteine bensì peptidi. In genere, i peptidi sono classificati in oligopeptidi (se contengono fino a dieci amminoacidi) e polipeptidi (se contengono un numero di amminoacidi compreso tra undici e cinquanta).

LA CLASSIFICAZIONE DELLE PROTEINE

In natura, esistono così tante proteine diverse che classificarle in modo univoco non è semplice. Per raggrupparle in categorie utili allo studio si possono utilizzare diversi metodi. Sulla base della funzione si distinguono proteine:

  • enzimatiche, che favoriscono le reazioni biochimiche;
  • ormonali, che controllano i processi metabolici;
  • di trasporto, che veicolano altre sostanze, come l’emoglobina che trasporta l’ossigeno nel sangue;
  • strutturali, che rappresentano una componente fondamentale nella struttura di organi, tessuti e cellule;
  • immunitarie, che costituiscono il sistema di difesa dell’organismo; in questo caso si parla di anticorpi (o immunoglobine).

Sulla base della conformazione vengono distinte:

  • proteine fibrose di forma allungata, resistenti e generalmente insolubili in acqua (cheratina, collagene, elastina, actina, miosina);
  • proteine globulari di forma sferica, compatte, con interno idrofobico ed esterno idrofilo (enzimi, ormoni, proteine di trasporto, proteine di deposito).

Se invece si prende come parametro la composizione, si hanno:

  • proteine semplici (o omoproteine) formate solo da carbonio, idrogeno, ossigeno e azoto: è il caso, per esempio, di albumina e glutenina;
  • proteine coniugate (o eteroproteine) se oltre al gruppo proteico contengono gruppi non proteici: è il caso di glicoproteine, lipoproteine, metalloproteine ed enzimi.

GLI ENZIMI

Gli enzimi sono proteine specializzate prodotte dalle cellule. Fungono da catalizzatori capaci di accelerare enormemente (fino a 1014 volte) tutte le reazioni chimiche necessarie alla vita degli organismi. In loro assenza, le reazioni avverrebbero in tempi così dilatati da essere incompatibili con la vita stessa.

La maggior parte degli enzimi viene prodotta dalle cellule in forma inattiva. Questa forma, definita apoenzima, si attiva legando un cofattore. I cofattori possono essere ioni metallici o piccole molecole organiche, come le vitamine e alcuni pigmenti biologici. L’unione tra l’apoenzima e il suo cofattore dà origine all’oloenzima.

L’enzima che funge da catalizzatore si trova inalterato al termine della reazione. La reazione catalizzata segue infatti il seguente schema:




L’enzima si combina con i reagenti che partecipano alla reazione (chiamati complessivamente substrato, S) a formare un complesso enzima-substrato (ES). A reazione avvenuta, il substrato si trasforma nei prodotti di reazione, e il complesso enzima-prodotto (EP) si scinde in prodotto (P) ed enzima libero (E). A questo punto, l’enzima è nuovamente disponibile per reagire con un’altra molecola di substrato.

La parte della molecola enzimatica attraverso cui l’enzima si lega al substrato è chiamata sito attivo; il sito attivo deve essere in grado di legare il substrato e di trasformarlo in prodotto. Gli enzimi sono caratterizzati da un’elevatissima specificità: in pratica, ogni enzima si può legare a un solo substrato. Questa specificità presenta il vantaggio di consentire un’unica reazione, evitando così l’accumulo di sottoprodotti indesiderati.

Le cellule sintetizzano molti enzimi diversi, ciascuno dei quali specifico per un certo substrato e una certa reazione. I nomi degli enzimi derivano da quelli dei substrati sui quali essi sono attivi e sono caratterizzati dalla desinenza -asi (lattasi è il nome dell’enzima che agisce sulle molecole di lattosio, saccarasi è l’enzima che agisce sul saccarosio, amilasi quello che agisce sull’amido e così via).

La velocità delle reazioni enzimatiche dipende da numerosi fattori, in particolare:

  • la temperatura: in genere, le reazioni si velocizzano all’aumentare della temperatura, per poi arrestarsi a temperature comprese tra i 50 e i 60 °C;
  • il pH: ogni enzima agisce in modo ideale in presenza di un preciso pH; più ci si allontana da questo pH, più l’attività enzimatica risulta compromessa;
  • la concentrazione del substrato: quando un aumento della concentrazione del substrato satura l’enzima, formando il complesso ES, la velocità raggiunge un valore massimo. Oltre questo livello di saturazione, la velocità della reazione rimane costante.

TIPOLOGIE DI ENZIMI
ossidoriduttasi catalizzano reazioni di ossido-riduzione
transferasi trasferiscono gruppi funzionali da una molecola all’altra
idrolasi scindono legami chimici inserendovi una molecola d’acqua
liasi catalizzano reazioni in cui si formano o si scindono dei doppi legami
isomerasi cambiano l’aspetto tridimensionale della molecola
ligasi uniscono due molecole usando l’energia degli ATP
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IL VALORE BIOLOGICO (VB) DELLE PROTEINE

Il valore biologico (VB) è un parametro impiegato per la valutazione qualitativa delle proteine contenute nei diversi alimenti. In particolare, pone a confronto l’azoto che esse forniscono complessivamente all’organismo con la quota che – di quell’azoto – l’organismo riesce realmente a utilizzare per il suo accrescimento e mantenimento. Infatti, una percentuale variabile dell’azoto assimilato dall’intestino non viene usata, bensì eliminata attraverso le urine e le feci. Questa percentuale dipende dalla diversa composizione delle proteine: più l’insieme di amminoacidi che la proteina fornisce è compatibile con le richieste dell’organismo per sintetizzare le proprie proteine, maggiore è il valore biologico.




In base al valore biologico le proteine sono classificate in:

  • proteine ad alto valore biologico (presenti in latte e derivati, uova, carne e derivati);
  • proteine a medio valore biologico (presenti nei legumi, carenti in metionina);
  • proteine a basso valore biologico (presenti nei cereali, carenti in lisina).

Le proteine ad alto valore biologico contengono tutti gli amminoacidi essenziali nelle proporzioni ottimali per il metabolismo umano. Perciò, dal punto di vista nutrizionale, sono considerate proteine complete. Quelle a medio valore biologico sono considerate proteine parzialmente complete. Infine, quelle a basso valore biologico sono proteine incomplete. Per garantire all’organismo la totale disponibilità di amminoacidi essenziali non è indispensabile assumere proteine complete; è infatti sufficiente integrare fra loro cibi che contengano i differenti amminoacidi essenziali (per esempio, mangiando sia legumi sia cereali).


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La struttura delle proteine

Ogni proteina tende ad assumere spontanea­mente una struttura tridimensionale, meglio definita come conformazione. Ciò dipende dal fatto che gli amminoacidi idrofobi generalmente si concentrano nel cuore della proteina, mentre gli altri, idrofili, si dispongono sulla sua superficie per prendere contatto con il mezzo acquoso. La conformazione può essere ulteriormente stabilizzata da alcuni amminoacidi, come le cisteine, i cui residui laterali possono reagire e legarsi fra loro.

I biologi molecolari riconoscono quattro livelli di organizzazione nella conformazione delle proteine, definiti strutture.

  • La struttura primaria rappresenta il primo livello di organizzazione costituito dalla sequenza di amminoacidi disposti in una lunga catena lineare e tenuti assieme da legami peptidici.
  • Nella struttura secondaria la catena proteica si ripiega su se stessa a causa dei legami che si stabiliscono fra l’ossigeno di un gruppo carbonilico (CO) del legame peptidico e l’idrogeno del gruppo amminico (NH2) di un altro legame peptidico. Il ripiegamento della catena può avvenire secondo due forme diverse: ad α-elica, cioè a spirale, oppure a foglietto β-ripiegato. La struttura secondaria ad α-elica si forma se i legami si stabiliscono ogni 3,6 amminoacidi della stessa catena proteica. La struttura secondaria a foglietto β-ripiegato si ha invece quando i legami si creano fra amminoacidi di catene adiacenti.
  • La struttura terziaria ha origine dall’avvicinamento di α-eliche e foglietti-β: si formano nuovi legami e la struttura complessiva si compatta ulteriormente. Di solito, quando prevalgono le α-eliche o i foglietti-β la proteina assume un aspetto fibroso, mentre seil loro rapporto è bilanciato la conformazione della proteina risulta globulare (con le α-eliche interne e i foglietti-β più esterni). Molte proteine raggiungono il loro completamento con la struttura terziaria. Hanno struttura terziaria le proteine con gran­de specializzazione biologica, per esempio diversi enzimi, ormoni e anticorpi.
  • La struttura quaternaria riguarda solo alcune proteine più complesse. Essa prende origine dall’unione di vari monomeri proteici identici o diversi (da 2 a 8). I singoli monomeri proteici sono anche identificati come subunità della proteina. Un esempio classico è l’emoglobina: una proteina tetramerica, ossia composta da 4 subunità.
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La denaturazione delle proteine

La funzione di ogni proteina dipende dalla sua composizione in amminoacidi e dalla precisa conformazione che assume al momento della sua produzione. Questa conformazione naturale è definita nativa. Una proteina nativa è dunque una proteina naturale, così come viene prodotta da una cellula, in grado di esplicare la funzione biologica cui è destinata.

L’alterazione della conformazione nativa di una proteina è detta denaturazione e ciò comporta la perdita, spesso irreversibile, della sua attività biologica. Durante la denaturazione, i legami che stabilizzano la conformazione nativa (soprattutto legami a idrogeno) si rompono e la proteina si disfa, assumendo un aspetto sfilacciato, pur mantenendo intatta la sua struttura primaria. Le proteine denaturate sono meno solubili in acqua e tendono ad agglutinarsi, a volte variando colore.

Esistono vari fattori, definiti nel loro insieme agenti denaturanti, capaci di causare la denaturazione delle proteine. Elenchiamo i più importanti.

  • Il calore: la “pelle” del latte bollito, lo sbiancamento dell’albume di un uovo, la contrazione di una bistecca sono esempi comuni di come il calore induce effetti denaturanti apprezzabili sulle proteine degli alimenti.
  • Gli acidi organici: lo yogurt, per esempio, deve la sua consistenza gelatinosa alla denaturazione progressiva delle proteine del latte (caseine). L’acido lattico prodotto dai batteri dello yogurt, infatti, causa la denaturazione e il conseguente addensamento delle caseine.
  • Lo scontro meccanico: l’albume montato a neve e l’impasto crudo del pane si ottengono proprio grazie all’azione meccanica di una forchetta, di un frullatore o di un’impastatrice che danneggiano la conformazione nativa delle proteine. Le proteine denaturate tendono poi a schiumare, formando reticoli di proteine attorno alle bolle d’aria.
  • Gli enzimi: i formaggi si preparano aggiungendo al latte il caglio, ossia una miscela di enzimi specializzati nel denaturare le caseine, le quali successivamente coagulano nella tipica cagliata.

Spesso gli agenti denaturanti (fra cui vi sono anche i metalli pesanti, l’alcol e le sostanze basiche) sono impiegati anche per sanificare le superfici poiché, danneggiando le proteine, determinano la morte di molti microrganismi.

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Funzioni delle proteine e fabbisogno giornaliero

Le proteine assunte attraverso l’alimentazione forniscono all’organismo gli amminoacidi necessari per sintetizzare proteine specifiche. Queste proteine svolgono numerose funzioni diverse, dalla costituzione dei tessuti alla protezione dell’organismo dalle infezioni (funzione svolta dagli anticorpi), dalla regolazione del metabolismo (grazie, in particolare, a enzimi e ormoni) alla regolazione della contrattilità muscolare (svolta da actina e miosina), fino alla funzione energetica (il catabolismo di 1 g di proteine libera infatti circa 4 kcal).

I nuovi LARN consigliano un consumo quotidiano pari a 0,90 g di proteine per kg di peso corporeo; si tratta della quantità consigliata per un adulto in buone condizioni di salute. Il fabbisogno è più elevato nei bambini e nei ragazzi, oltre che nelle donne in stato di gravidanza. In termini calorici, le proteine dovrebbero fornire il 10-15% del fabbisogno energetico giornaliero. In una dieta ottimale, due terzi delle proteine assunte dovrebbero essere di origine vegetale, un terzo di origine animale.

CARENZA ED ECCESSO DI PROTEINE NELL’ALIMENTAZIONE

Una grave carenza di proteine nella dieta causa il deperimento dell’organismo. In particolare, i sintomi più evidenti sono perdita di massa muscolare, crescita ridotta, formazione di edemi e maggiore suscettibilità alle malattie.

Un consumo eccessivo di protidi nell’alimentazione, invece, potrebbe portare a:

  • obesità, in quanto le proteine in eccesso vengono trasformate in tessuto adiposo;
  • eccessivo carico di lavoro per i reni, con conseguente invecchiamento precoce di questi organi. La ridotta funzionalità dei reni causa un aumento dell’azoto (iperazotemia) e dell’acido urico (iperuricemia) nel sangue, favorendo l’insorgere della gotta e di altre patologie.
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