I lipidi (o grassi)

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I lipidi (o grassi)

I lipidi, detti anche grassi, sono presenti in tutta la materia vivente. Si trovano, quindi, sia negli alimenti di origine vegetale sia in quelli di origine animale: nella carne, nel pesce, nelle uova, nel latte e derivati, nella frutta secca e negli oli vegetali.

Nell’organismo umano costituiscono il 17% del peso corporeo. Contribuiscono a formare le strutture cellulari, rappresentano un importante deposito di energia e partecipano a fondamentali processi biologici. Tra le loro proprietà più caratteristiche ci sono l’insolubilità o la scarsissima solubilità in acqua (mentre risultano solubili nei solventi organici) e il basso peso specifico.

  • L’insolubilità fa sì che i lipidi dispersi in acqua, se sottoposti a trattamenti meccanici o termici, possano formare emulsioni, cioè si disperdano nel fluido sotto forma di gocce minuscole.
  • Il basso peso specifico (inferiore a 1) fa sì che i lipidi galleggino sull’acqua: in genere formano gocce superficiali dalle dimensioni variabili.

La composizione chimica e la classificazione dei lipidi

Sotto il profilo chimico, i lipidi sono sostanze organiche ternarie formate da carbonio (C), idrogeno (H) e ossigeno (O), ma possono contenere anche fosforo (P) e azoto (N).

Come avremo modo di vedere, il termine lipidi racchiude una vasta classe di sostanze organiche che possono essere anche molto diverse fra loro; ecco perché esistono svariati modi per classificarli.

La classificazione più utile nell’ambito delle scienze dell’alimentazione è quella che li suddivide in lipidi semplici e lipidi complessi, sulla base della loro composizione chimica.

I lipidi sono detti semplici se contengono solo carbonio, idrogeno e ossigeno; sono complessi se, oltre a questi elementi, contengono fosforo e azoto o, comunque, se presentano, accanto a quella lipidica, costituita da acidi grassi, una componente non lipidica che può essere costituita da acido fosforico, da un glucide o da una proteina.


GLI ACIDI GRASSI

Gli acidi grassi (AG) sono la componente più importante di molti lipidi, ai quali conferiscono fondamentali caratteristiche. Occorre dunque approfondire subito la conoscenza di queste sostanze, diffusissime negli organismi viventi.

Dal punto di vista chimico, essi sono acidi carbossilici – cioè con gruppo funzionale COOH – formati da catene lineari (generalmente a numero pari) di atomi di carbonio. Spesso, gli atomi di carbonio formanti la catena sono più di 10 (sono rari gli acidi grassi con 4, 6 o 8 atomi di carbonio, così come quelli con numero dispari).

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Classificazione degli acidi grassi

Gli acidi grassi vengono classificati in base alla lunghezza della catena e in base al grado di saturazione.

In base alla lunghezza della catena, si distinguono:

  • acidi grassi a catena corta, che contano fino a 4 atomi di carbonio: il più importante tra essi è l’acido butirrico;
  • acidi grassi a catena media, che contano fino a 12 atomi di carbonio e comprendono l’acido caproico (6 atomi di carbonio), l’acido caprilico (8 atomi di carbonio), l’acido caprico (10 atomi di carbonio) e l’acido laurico (12 atomi di carbonio): sono presenti soprattutto nei grassi animali, come il burro;
  • acidi grassi a catena lunga, che contano fino a 18 atomi di carbonio. Questo gruppo comprende gli acidi monoinsaturi, i polinsaturi e gli acidi grassi saturi miristico (14 atomi di carbonio), palmitico (16 atomi di carbonio, contenuto nell’olio di palma ma anche nei latticini e nella carne) e stearico (18 atomi di carbonio).

In base al grado di saturazione distinguiamo gli acidi grassi in saturi e insaturi. Gli acidi grassi saturi (AGS) sono acidi che non presentano doppi legami. Gli acidi grassi insaturi (AGI) presentano invece uno o più doppi legami.

Gli AGI sono distinti a loro volta in monoinsaturi e polinsaturi.

  • Gli AGI monoinsaturi hanno un solo doppio legame. Il più rappresentativo è l’acido oleico, che ha 18 atomi di carbonio e doppio legame sul carbonio 9. La posizione del doppio legame è convenzionalmente indicata con la lettera greca omega (ω): l’acido oleico, quindi, è un acido grasso monoinsaturo omega-9 (ω-9).
  • Gli AGI polinsaturi hanno due o più doppi legami. In questo caso, con la lettera omega si indica la posizione del primo doppio legame. La categoria dei grassi polinsaturi comprende, tra gli altri, l’acido linolenico (18 atomi di carbonio, il primo doppio legame è sul carbonio 3: si tratta quindi di un acido grasso polinsaturo omega-3), l’acido linoleico (18 atomi di carbonio, il primo doppio legame è sul carbonio 6: si tratta quindi di un acido grasso polinsaturo omega-6) e l’acido arachidonico (20 atomi di carbonio, il primo doppio legame è sul carbonio 6, si tratta quindi di un acido grasso polinsaturo omega-6).
Caratteristiche degli acidi grassi saturi e insaturi

A temperatura ambiente, gli acidi grassi saturi si presentano in genere allo stato solido. Si trovano prevalentemente in alimenti di origine animale. Per esempio, il burro, che ne è molto ricco, fonde a temperature relativamente alte, comprese tra i 28 e i 36 °C.

Gli acidi grassi saturi possono essere assunti direttamente attraverso l’alimentazione, ma possono anche essere sintetizzati dall’organismo a partire dall’acetil-CoA, una molecola diffusissima negli esseri viventi. Il fatto di poter essere sintetizzati li rende non indispensabili alla dieta. Perciò sono considerati acidi grassi non essenziali.

Gli acidi grassi insaturi, invece, hanno una temperatura di fusione piuttosto bassa, tanto che spesso a temperatura ambiente si presentano allo stato liquido: per esempio, ne sono ricchi gli oli vegetali.

Tra gli acidi grassi insaturi, quelli monoinsaturi sono considerati non essenziali, in quanto possono essere sintetizzati partendo dagli acidi grassi saturi (l’acido oleico deriva per esempio dall’acido stearico).

Più diversificata è la situazione degli acidi grassi polinsaturi: l’acido arachidonico, sintetizzato a partire dall’acido linoleico, non è essenziale; al contrario, l’acido linoleico e l’acido linolenico sono acidi grassi essenziali (AGE), in quanto devono essere necessariamente introdotti nell’organismo umano attraverso l’alimentazione. Infatti, gli organismi animali non sono in grado di sintetizzarli.

Gli acidi grassi essenziali assolvono diverse e importanti funzioni nel nostro organismo. In particolare:

  • sono componenti dei fosfolipidi della membrana cellulare;
  • riducono il valore del colesterolo nel sangue;
  • sono i precursori di molecole che regolano funzioni vitali (quali la coagulazione del sangue e la funzione renale), dette prostaglandine.
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PRINCIPALI ACIDI GRASSI SATURI E INSATURI
ACIDO ATOMI DI CARBONIO: DOPPI LEGAMI TEMPERATURA DI FUSIONE STRUTTURA CHIMICA FONTE PRINCIPALE
SATURI
acido butirrico 4:0 –8 °C CH3(CH2)2COOH latte e derivati
acido laurico 12:0 43,2 °C CH3(CH2)10COOH olio di cocco
acido miristico 14:0 56 °C CH3(CH2)12COOH noce moscata
acido palmitico 16:0 62 °C CH3(CH2)14COOH olio di palma
acido stearico 18:0 71 °C CH3(CH2)16COOH grassi animali
acido arachico 20:0 76 °C CH3(CH2)18COOH olio di arachidi
MONOINSATURI
acido oleico 18:1 16 °C CH3(CH2)7H=CH(CH2)7COOH olio di oliva
POLINSATURI
acido linoleico 18:2 16 °C CH3(CH2)7CH=CH(CH2)7COOH olio di oliva
acido linolenico 18:3 –11 °C CH3CH2CH=CHCH2CH=CHCH2CH=CH(CH2)7COOH oli di semi di lino
acido arachidonico 20:4 –49 °C CH3(CH2)4(CH=CHCH2)4CH2CH2COOH oli di pesce

Dove si trovano gli acidi grassi essenziali

Per l’uomo, assumere acidi grassi essenziali attraverso l’alimentazione è indispensabile. Ma in quali alimenti possiamo trovare queste sostanze? Gli oli vegetali sono una buona fonte di acidi grassi polinsaturi omega-6, e, dunque, di acido linoleico (l’altro omega-6 è l’acido arachidonico, non essenziale). Invece, il pesce azzurro (sardine, aringhe, sgombro, aguglie ecc.), insieme ad altri tipi di pesce come merluzzo e salmone, rappresenta la migliore fonte di acidi grassi polinsaturi omega-3, categoria alla quale appartiene l’acido linolenico. Quest’ultimo è contenuto anche, seppur in minore concentrazione, nell’olio e nei semi di lino, nelle noci, nella soia, nell’avocado e nei vegetali a foglia verde.

I lipidi semplici

I lipidi semplici contengono solo carbonio, idrogeno e ossigeno, e possono essere suddivisi in gliceridi, cere, steroidi e terpeni.

I GLICERIDI (O ACILGLICEROLI)

Raramente gli acidi grassi si presentano allo stato libero. In genere si trovano combinati con altri elementi, a formare i gliceridi (detti anche acilgliceroli). I gliceridi sono lipidi che derivano dall’unione degli acidi grassi con la glicerina (detta anche glicerolo). Quest’ultima è un alcol con tre atomi di carbonio e tre gruppi ossidrili (–OH): sostanza densa, incolore e viscosa, si utilizza in cosmesi e in medicina, ma anche per produrre resine, inchiostri e sostanze antigelo. La reazione mediante la quale gli acidi grassi si uniscono alla glicerina è chiamata esterificazione: sotto il profilo chimico, infatti, i gliceridi appartengono alla classe degli esteri.

Si distinguono in:

  • gliceridi puri, quando nel gliceride sono presenti più molecole dello stesso acido grasso;
  • gliceridi misti, quando nel gliceride sono presenti molecole di acidi grassi diversi.
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Gliceridi e numero di acidi grassi

In base al numero di acidi grassi che li compongono, i gliceridi si distinguono in monogliceridi, digliceridi e trigliceridi.

  • Nei monogliceridi (o monoacilgliceroli) vi è un solo acido grasso legato a un gruppo – OH. Vengono utilizzati dalle industrie alimentari come emulsionanti.
  • Nei digliceridi (o diacilgliceroli) vi sono due acidi grassi legati a due gruppi – OH. Anch’essi vengono impiegati dalle industrie alimentari come emulsionanti.
  • Nei trigliceridi (o triacilgliceroli) vi sono tre gruppi – OH legati a tre acidi grassi: le molecole di trigliceridi sono costituite al 90% da acidi grassi. Sono presenti in abbondanza sia negli alimenti sia nell’organismo umano, in questo caso sotto forma di tessuto adiposo.
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Trigliceridi e alimentazione

I trigliceridi sono i lipidi di gran lunga più importanti nell’alimentazione. Costituiscono il 90% dei lipidi alimentari (nel complesso, i gliceridi ne rappresentano oltre il 98%), determinando anche la consistenza degli alimenti.

Lo stato in cui i lipidi alimentari si presentano a temperatura ambiente, infatti, dipende dal tipo di acidi grassi presenti nei trigliceridi che li compongono.

I lipidi alimentari che si presentano allo stato solido, chiamati generalmente grassi alimentari, sono costituiti da trigliceridi che contengono in prevalenza acidi grassi saturi, e hanno quasi sempre origine animale.

Quelli che invece si presentano allo stato liquido, chiamati oli alimentari, sono costituiti da trigliceridi che contengono in prevalenza acidi grassi insaturi; quasi sempre hanno origine vegetale.

Dai lipidi al sapone

Dal punto di vista chimico il sapone è un sale. In genere, viene ottenuto facendo reagire lipidi contenenti acidi grassi, per esempio gli esteri e in particolare i trigliceridi, con una base forte, come l’idrossido di sodio (comunemente detto soda caustica) o l’idrossido di potassio (potassa caustica).

La reazione che produce il sapone è una particolare tipologia di idrolisi chiamata saponificazione: le condizioni di basicità idrolizzano il trigliceride, dando origine al sale che costituisce il sapone e a un alcol, la glicerina.

LE CERE

Rispetto agli altri grassi, le cere si presentano più dure a temperatura ambiente. Una delle loro caratteristiche è la malleabilità. Possono avere origine sia vegetale (andando a formare il sottile strato che ricopre le foglie), sia animale: tra le più note ci sono la cera d’api e la lanolina (entrambe di origine animale). In particolare, la lanolina viene prodotta dalla pelle della pecora e si deposita sul suo manto; è impiegata in ambito farmaceutico e cosmetico. In natura, le cere generalmente hanno funzione di protezione e impermeabilizzazione totale o parziale degli organismi che le producono: infatti, impediscono o quantomeno limitano la perdita di acqua.

Sotto il profilo chimico, le cere sono costituite da acidi grassi a catena lunga esterificati con alcoli a elevato peso molecolare.

L’olio di palma

Dal frutto di alcune specie di palma, come la Elaeis guineensis, si ricava un olio oggi molto utilizzato dall’industria alimentare, grazie anche al suo basso costo. L’olio di palma è molto ricco di acido palmitico, un acido grasso saturo.

La grande diffusione dell’olio di palma negli alimenti fa sì che la quantità di acido palmitico assunta attraverso la dieta possa diventare eccessiva, determinando inconvenienti analoghi a quelli legati all’abuso di acidi grassi di origine animale.

Riguardo alla produzione di olio di palma, molte associazioni ambientaliste hanno segnalato un’altra criticità. Infatti in diversi paesi tropicali, e in particolare in Indonesia, la crescita indiscriminata delle piantagioni di palme ha comportato un’eccessiva deforestazione per rifornire le industrie. Diverse aziende produttrici oggi aderiscono a un protocollo finalizzato a garantire la sostenibilità di questo olio.


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Steroidi anabolizzanti e salute

Gli ormoni sessuali androgeni svolgono numerose funzioni nell’organismo, determinando la comparsa e l’affermazione dei caratteri sessuali maschili secondari, come la crescita dei peli e l’aumento della massa e della forza muscolare. Questi steroidi svolgono infatti una funzione anabolizzante: cioè, stimolano l’organismo a trasformare le molecole semplici assunte attraverso l’alimentazione (come gli amminoacidi) in molecole complesse (come le proteine) utili alla moltiplicazione delle cellule. Proprio la loro azione sulla massa muscolare ha fatto sì che, soprattutto in passato, nel mondo dello sport si diffondesse la pratica illecita di assumere steroidi sintetici o sostanze che stimolassero artificialmente l’organismo a produrre maggiori quantità di ormoni sessuali androgeni, così da migliorare le performance basate soprattutto sulla forza. Si tratta a tutti gli effetti di una forma di doping che determina conseguenze anche molto gravi: dall’aumento dell’aggressività dell’individuo, all’atrofia testicolare e all’infarto del miocardio.

Per le stesse ragioni, e cioè per aumentare la massa muscolare e accelerare la crescita, negli allevamenti intensivi a volte accade che vengano somministrati steroidi e altre sostanze anabolizzanti al bestiame, in particolare ai bovini. In Europa è una pratica severamente vietata, in quanto mette a rischio non solo la salute degli animali, ma anche quella di chi ne consuma le carni, nelle quali possono rimanere residui delle sostanze somministrate.

GLI STEROIDI

Gli steroidi rappresentano un gruppo di composti organici policiclici (cioè con più anelli). Esistono centinaia di steroidi diversi, di origine sia animale sia vegetale. Gli steroidi di origine animale vengono sintetizzati a partire dal colesterolo. Comprendono acidi biliari, ormoni sessuali, ormoni corticoidi e la vitamina D3.

  • Gli acidi biliari sono prodotti dal fegato a partire dal colesterolo; hanno un alto potere emulsionante e partecipano alla digestione dei grassi.
  • Gli ormoni sessuali si distinguono in androgeni, se maschili (includono il testosterone e l’androsterone); estrogeni (estradiolo ed estrone) e progestinici (progesterone), se femminili.
  • Gli ormoni corticoidi vengono prodotti dalla corteccia surrenale (la parte più esterna del surrene, una ghiandola endocrina); si distinguono in glucocorticoidi (cortisolo, cortisone e corticosterone), che intervengono nel metabolismo di proteine e glucidi, e mineralcorticoidi (aldosterone e desossicorticosterone), che intervengono nel ricambio idrosalino.
  • La vitamina D3, chiamata anche colecalciferolo, si trova in modeste quantità in alimenti di origine animale; per la maggior parte è prodotta nella cute umana quando è esposta a raggi ultravioletti UVB (raggi che sono presenti anche nella luce solare).
Colesterolo

Oltre a svolgere le già citate funzioni steroidee, il colesterolo si trova inserito nello strato lipidico delle membrane cellulari degli animali, con la funzione di renderle più consistenti e meno fluide.

Una parte del colesterolo presente nel corpo umano è endogena, ossia prodotta dall’organismo stesso. Un’altra parte, invece, è esogena, ovvero proviene dall’esterno ed è assunta attraverso gli alimenti.

Il corpo di un adulto riesce a sintetizzare circa 1 g di colesterolo al giorno; il fegato ne è il maggiore produttore, ma anche l’intestino partecipa alla sintesi. Il colesterolo introdotto con gli alimenti non dovrebbe superare i 250-300 mg al giorno. Infatti, quando il livello di colesterolo nel sangue diventa troppo alto (oltre i 200 mg/dl) si creano depositi nelle arterie che causano fenomeni di aterosclerosi (vedi Unità 9, Alimentazione e salute).

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I TERPENI

I terpeni sono lipidi semplici di origine esclusivamente vegetale. In natura, difendono le piante dai parassiti (resine) e sono una componente degli oli essenziali. Ne sono ricche le bucce degli agrumi e le erbe aromatiche, come il rosmarino. Si tratta di sostanze da sempre impiegate come base per la preparazione di profumi, aromi, essenze e medicinali da usare in erboristeria.

Dal punto di vista chimico, i terpeni derivano dall’unione di due o più molecole di isoprene, un alchene a 5 atomi di carbonio. Vengono classificati in base al numero di molecole di isoprene contenute. All’interno di questa classificazione sono particolarmente importanti i triterpeni e i tetraterpeni (rispettivamente 3 e 4 molecole isopreniche). I triterpeni, infatti, includono lo squalene, che è un precursore degli steroli (come il colesterolo). I tetraterpeni includono invece i caroteni, precursori della vitamina A, il licopene e le xantofille. Tra gli altri derivati terpenici ci sono le vitamine A, E e K.

I lipidi complessi

Oltre a carbonio, idrogeno e ossigeno, i lipidi complessi contengono azoto e fosforo. Appartengono a questa categoria fosfolipidi, glicolipidi e lipoproteine.

I FOSFOLIPIDI (O FOSFATIDI)

I fosfolipidi hanno una grande importanza biologica, grazie anche al fatto che, a differenza dei gliceridi, sono parzialmente solubili in acqua. Ciò rende questi lipidi complessi adatti a costituire le membrane cellulari, delle quali sono i principali componenti. I fosfolipidi si suddividono in due gruppi, i fosfogliceridi e gli sfingolipidi.

Dai fosfogliceridi (o glicerofosfolipidi) dipendono le proprietà di alcuni enzimi presenti nelle membrane cellulari.

I fosfogliceridi più importanti sono le lecitine. Oltre a essere costituenti delle membrane cellulari, le lecitine si trovano naturalmente in numerosi alimenti (come tuorlo d’uovo, soia e arachidi) e vengono usate in abbondanza dall’industria alimentare. Svolgono funzioni antiossidanti e sono emulsionanti naturali. È stato scientificamente dimostrato che le lecitine contribuiscono positivamente alla rimozione del colesterolo in eccesso dalle arterie.

Tra gli sfingolipidi il più importante è la sfingomielina, fondamentale dal punto di vista biologico perché presente nelle guaine mieliniche. Rispetto ai fosfogliceridi, gli sfingolipidi hanno minore rilevanza nutrizionale, perché poco presenti nei cibi.

Dal punto di vista chimico, la distinzione tra fosfogliceridi e sfingolipidi dipende essenzialmente dalla parte alcolica della molecola.

  • Nei fosfogliceridi la parte alcolica è rappresentata dalla glicerina. Sono chiamati così perché le loro molecole contengono un atomo di fosforo.
  • Negli sfingolipidi la parte alcolica della molecola è rappresentata dalla sfingosina, un amminoalcol a lunga catena, o da un suo derivato.
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I GLICOLIPIDI

I glicolipidi sono anch’essi importanti costituenti delle membrane cellulari; sono presenti in modo abbondante nel cervello e nelle guaine mieliniche.

Dal punto di vista chimico, questi lipidi complessi sono molecole che comprendono una o più unità monosaccaridiche (solitamente glucosio oppure galattosio) unite a un gliceride tramite legame glicosidico.

LE LIPOPROTEINE

Il colesterolo e i suoi esteri, così come i trigliceridi e i fosfolipidi, devono essere trasportati ai vari tessuti per poter assolvere le loro funzioni biologiche. Poiché tutte queste sostanze sono insolubili nel plasma sanguigno, esse devono essere “condotte a destinazione” attraverso particolari molecole chiamate lipoproteine.

Le lipoproteine sono infatti costituite sia da proteine trasportatrici, dette apolipoproteine, sia da fosfolipidi, colesterolo, esteri del colesterolo e trigliceridi. L’aggregato di proteine e lipidi forma una particella sferica costituita esternamente dalle proteine e, nel nucleo interno, dai lipidi. Le principali lipoproteine sono chilomicroni, LDL e HDL.

  • I chilomicroni, formati da trigliceridi, fosfolipidi, acidi grassi liberi e colesterolo, sono le lipoproteine che, generalmente a seguito di un pasto, veicolano i lipidi alimentari dall’intestino al fegato e dall’intestino ai tessuti.
  • Le LDL (Low Density Lipoprotein), dette anche colesterolo cattivo, sono lipoproteine composte da colesterolo e altri lipidi e prodotte dal fegato in fase di digiuno per rifornire i tessuti. Queste lipoproteine sono la prima causa di aterosclerosi: infatti, si possono depositare sulle pareti dei vasi sanguigni, soprattutto delle grosse arterie, contribuendo alla formazione di placche e ostacolando la circolazione del sangue.
  • Le HDL (High Density Lipoprotein), dette anche colesterolo buono, sono anch’esse prodotte dal fegato, ma hanno funzione inversa rispetto alle LDL, dato che raccolgono il colesterolo disperso nel circolo sanguigno e lo riportano al fegato.
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Il colesterolo: un fattore di rischio

Con le analisi del sangue, le lipoproteine possono essere dosate per ottenere un quadro generale dello stato di salute di un individuo, relativamente al suo metabolismo lipidico. Un tasso elevato di LDL non rappresenta necessariamente un fattore di rischio se anche il tasso di HDL è elevato. Per assicurare una protezione dalle malattie cardiovascolari sarebbe bene che il rapporto tra LDL e HDL non superasse approssimativamente il valore di 3. Un indice di rischio più attendibile per le malattie cardiovascolari si ottiene dal rapporto fra la colesterolemia e le HDL, ossia fra il colesterolo totale e il colesterolo buono: esso deve essere inferiore a 5 negli uomini e inferiore a 4,5 nelle donne. Fattori che influiscono negativamente su questo indice di rischio sono fumo, obesità, sedentarietà, diabete, pressione alta, età avanzata e predisposizione genetica.

GLI EICOSANOIDI

Per comodità, a volte gli eicosanoidi vengono raggruppati nella categoria dei lipidi complessi, ma presentano una natura particolare. Si tratta, infatti, di derivati degli acidi grassi polinsaturi a 20 atomi di carbonio e degli acidi grassi essenziali (in modo particolare, dell’acido arachidonico).

Gli eicosanoidi sono coinvolti in molti processi importanti per l’organismo, dalla coagulazione del sangue alla secrezione del succo gastrico, dalla contrazione della muscolatura liscia dell’utero e altre funzioni riproduttive alla regolazione di infiammazioni, febbre e dolori associati a traumi o malattie. Nel complesso possono essere definiti “ormoni locali” perché, venendo metabolizzati velocemente, a differenza degli ormoni veri e propri non riescono a operare a grandi distanze e agiscono solo sulle cellule che li hanno prodotti e nelle loro immediate vicinanze.

Gli eicosanoidi vengono suddivisi in:

  • prostaglandine, che sono mediatori nelle infiammazioni e intervengono nella contrazione della muscolatura liscia dell’utero durante il parto e il ciclo mestruale;
  • trombossani che, sintetizzati dalle piastrine, hanno un’azione vasocostrittrice (cioè causano un “restringimento” del diametro di vene e arterie) e favoriscono l’aggregazione delle piastrine medesime;
  • prostacicline che, prodotte dalle pareti dei vasi, hanno una funzione vasodilatante (cioè causano l’“allargamento” di vene e arterie) e non favoriscono l’aggregazione delle piastrine: esercitano dunque un’azione antagonista a quella dei trombossani;
  • leucotrieni, che si formano nei globuli bianchi e facilitano i processi infiammatori e le reazioni allergiche; inoltre, svolgono un’azione vasocostrittiva a livello bronchiale.

L’irrancidimento

Gli alimenti a elevato contenuto lipidico possono irrancidire: esposti all’aria, cambiano aspetto e consistenza, il loro gusto si inacidisce e l’odore diventa sgradevole. Questa degenerazione delle proprietà organolettiche avviene attraverso due vie chimiche: l’idrolisi e l’ossidazione dei lipidi.

  • L’irrancidimento idrolitico è dovuto all’idrolisi operata da un enzima, la lipasi, presente in molti microrganismi. La lipasi agisce staccando gli acidi grassi dai trigliceridi e ciò determina un aumento dell’acidità dell’alimento. L’irrancidimento idrolitico è alla base anche dell’aroma e della consistenza dei formaggi “blu” come gorgonzola e roquefort, in cui gli enzimi sono prodotti da muffe (erborinatura).
  • L’irrancidimento ossidativo può essere causato da enzimi presenti nelle cellule vegetali (lipossigenasi), ma soprattutto da radicali liberi, specie chimiche che si formano per azione della luce e che colpiscono in prevalenza i doppi legami dei grassi insaturi. In queste reazioni l’ossigeno entra nella composizione delle molecole liberando molecole volatili di piccole dimensioni, come l’acido propionico o l’acido butirrico, responsabili del caratteristico odore rancido.

Queste modificazioni hanno serie ricadute negative sulla qualità nutrizionale di molti alimenti. Gli oli vegetali per esempio sono composti da miscele di lipidi insaturi e vanno venduti in confezioni che li difendano dalla luce solare e dal contatto con l’aria (e dunque dall’ossigeno e dai microrganismi che contiene). Per limitare questo fenomeno, in alcuni casi le industrie alimentari ricorrono all’idrogenazione: trasformano, cioè, gli acidi grassi da insaturi a saturi.

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L’idrogenazione

Quando si frigge dell’olio in padella e poi lo si lascia raffreddare, si osserva che esso cambia aspetto, assumendo una consistenza burrosa, ben diversa da quella liquida iniziale. Questo fenomeno è definito idrogenazione o saturazione, o indurimento, e si verifica con l’inserimento di atomi di idrogeno nei doppi legami dei lipidi insaturi. Una volta sature, infatti, le molecole diventano più rigide e l’olio si rapprende. A livello industriale, l’idrogenazione si ottiene aumentando la temperatura dell’olio a contatto con un metallo che funge da catalizzatore (il nichel è il più usato dalle industrie).

L’idrogenazione dei lipidi insaturi riveste un significativo interesse per l’industria alimentare perché consente di ottenere grassi vegetali di qualunque consistenza, anche simili al burro come la margarina, a partire da oli di girasole, palma, soia, cocco e cotone. Infine, i prodotti di saturazione hanno il vantaggio di essere molto stabili, data la loro maggior resistenza all’ossidazione e all’irrancidimento.

Le fasi dell’idrogenazione

Il processo di idrogenazione degli oli vegetali comprende solitamente quattro fasi.

  • Purificazione dell’olio.
  • Preparazione del catalizzatore, facendo precipitare il nichel sotto forma di carbonato per poi ridurlo a metallo in presenza di idrogeno e a una temperatura di 500 °C.
  • Sospensione del catalizzatore nell’olio, sotto forma di nichel finissimo. Il catalizzatore dovrà essere presente in una proporzione non superiore allo 0,2-0,5%. In questa miscela viene fatta passare una corrente d’idrogeno puro. Le temperature e le pressioni dipendono dal grado di idrogenazione che si vuole ottenere. L’idrogenazione vie­ne sospesa quando si raggiunge il grado di fusione previsto. La margarina, per esempio, fonde a 40 °C.
  • Il grasso idrogenato così ottenuto viene sottoposto a rettifica, con lo scopo di allontanare le molecole della sostanza catalizzatrice.

I radicali liberi e le molecole antiossidanti

Nelle molecole biologiche la scissione di un singolo legame chimico produce generalmente due ioni di carica opposta: uno negativo, che trattiene i 2 elettroni del legame scisso, e uno positivo, carente di elettroni. Alcune forme di energia (radiazioni, luce, calore) possono determinare invece scissioni omolitiche (specialmente tra atomi con valori simili di elettronegatività). Anziché due ioni, alla scissione si generano due molecole prive di carica, poiché ciascuna riceve uno dei due elettroni. Le specie chimiche ottenute si definiscono radicali liberi e sono estremamente reattive, poiché hanno una fortissima tendenza a legarsi subito ad altre molecole, spesso danneggiandole in modo irreversibile.

Inoltre, siccome il legame di un radicale libero con una molecola comporta la liberazione di un nuovo radicale, si innescano delle reazioni a catena in grado di rimuovere un gran numero di insaturazioni, portando a un generale impoverimento nutrizionale. Tali cascate di reazioni si interrompono solo quando il radicale aggredisce molecole definite antiossidanti (come le vitamine E e C) le quali, pur danneggiandosi, non generano ulteriori radicali liberi. È ormai dimostrato che l’attività dei radicali liberi è all’origine dell’invecchiamento cellulare.

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GLI ACIDI GRASSI CIS E TRANS

Il principale problema legato al processo industriale di idrogenazione consiste nella formazione di particolari acidi grassi, detti trans. Infatti, in base alla posizione degli atomi di idrogeno legati a quelli di carbonio impegnati nel doppio legame, un acido grasso può esistere in natura sotto due forme: una detta cis e una detta trans. La forma cis si ha quando i due atomi di idrogeno si trovano dalla stessa parte rispetto alla catena di atomi di carbonio.

Quasi tutti i lipidi insaturi presenti in natura sono in forma cis. Quella trans, di contro, si ha quando i due atomi di idrogeno si trovano su parti opposte. La forma trans è rara, si genera spontaneamente, a causa di processi batterici, all’interno del rumine degli animali poligastrici: per questo motivo gli acidi grassi trans si trovano in piccole concentrazioni nella carne bovina, nel latte e nei derivati. Una quota importante di acidi grassi trans, invece, può essere originata proprio dal processo industriale di idrogenazione, in cui alcuni doppi legami permangono e passano da forma cis a trans. I grassi trans sono sospettati di essere nocivi per l’uomo; agiscono inoltre negativamente sul rapporto LDL/HDL, innalzando il “colesterolo cattivo” e riducendo quello “buono”.

Per ovviare al problema legato alla formazione dei grassi trans, negli ultimi anni si è diffusa la tecnica di transesterificazione. Essa, anziché intervenire sui doppi legami, cambia la composizione dei trigliceridi naturali, sostituendo gli acidi grassi legati al glicerolo con quelli desiderati. In questo modo è possibile trasformare oli vegetali in grassi semisolidi, più viscosi, scambiando gli acidi grassi insaturi con altri saturi, oppure renderli meno viscosi attuando uno scambio inverso. Il processo industriale è ottenuto sia per via chimica che enzimatica. Tecnicamente, se lo scambio avviene tra acidi grassi di uno stesso olio, si parla di intraesterificazione, mentre se riguarda lo scambio fra acidi grassi di due oli diversi, si definisce interesterificazione.

Burro o margarina?

Negli ultimi decenni questa domanda si deve essere ripresentata più volte nella mente di cuochi, mamme e vegetariani di tutto il mondo. Con o senza colesterolo? Naturale o industriale? Animale o vegetale? In un periodo in cui il colesterolo alimentare era sotto accusa per i danni che arrecava al sistema circolatorio, la margarina, simbolo di un’alimentazione consapevole, strappava al burro la palma di prodotto salutare.

Successivamente, però, nuovi studi nutrizionali chiarirono che era il colesterolo prodotto dal fegato – e non quello di origine alimentare – il maggior responsabile delle famigerate “placche nel sangue”. Per di più si scoprirono gli effetti deleteri degli acidi grassi trans, che sono il prodotto del processo di idrogenazione e sono insidiosamente nascosti tra le molecole della margarina: il suo tracollo fu inevitabile persino agli occhi dei vegetariani. Il burro ricomparve con timida moderazione nelle ricette e gli si perdonava anche di avere un effetto indiretto sulla colesterolemia, per via di tutti quegli acidi grassi saturi che contiene. Poi è venuta la transesterificazione, trionfo della scienza sulla natura, e la margarina è tornata in nuove vesti sugli scaffali dei supermercati. C’è chi dice che i trans ci sono ancora, che la materia prima da cui si ottiene è pessima e che la sua produzione danneggia l’ambiente; altri sostengono che lo stesso si può dire del burro. E la discussione continua.

Percorsi di scienza degli alimenti
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