La scoperta della cellula

 1  LE BASI SCIENTIFICHE DELL’ALIMENTAZIONE >> 2. La cellula

La scoperta della cellula

Gli esseri viventi che popolano la Terra hanno forme e dimensioni incredibilmente diverse tra loro. Alcuni sono piccolissimi, visibili solo al microscopio, mentre altri – basta pensare alle balene o alle sequoie – sono giganteschi e arrivano a pesare centinaia o perfino migliaia di tonnellate. Eppure tutti i viventi, dai più piccoli ai più grandi, hanno in comune il fatto di essere costituiti dalle stesse, minuscole unità elementari: le cellule.


La cellula è la più piccola componente di ogni organismo e racchiude in sé le stesse funzionalità tipiche degli esseri viventi più complessi. Riesce infatti a mettere in atto scambi con l’ambiente esterno, reagisce agli stimoli, cresce e si riproduce.
Per arrivare a questa conclusione, che oggi potrebbe apparire scontata, sono stati necessari lunghi studi e osservazioni scientifiche. La maggior parte delle cellule non è infatti visibile a occhio nudo, ma per poter essere osservata necessita di particolari strumenti: i microscopi, che si diffusero in Europa nei primi decenni del Seicento.
Intorno al 1675 Antoni van Leeuwenhoek (1632-1723), un commerciante di tessuti olandese con la passione per la scienza, osservando al microscopio una goccia d’acqua di palude riuscì a individuare per la prima volta delle cellule vive, quelle dei protisti, microrganismi unicellulari. Esaminando questo e altri tipi di cellule, van Leeuwenhoek si accorse che al loro interno era possibile distinguere un particolare livello di organizzazione. Pur senza rendersene pienamente conto, il commerciante olandese fu il primo uomo a vedere il nucleo di una cellula, nella fattispecie quello dei globuli rossi di salmone. Con questa scoperta nacque ufficialmente una nuova scienza, la microbiologia, ossia lo studio degli organismi microscopici. Prese così il via per gli studiosi un percorso disseminato di sfide affascinanti e misteri da svelare: un percorso che ancora oggi è ben lontano dall’essere concluso.
 >> pagina 40 

L’invenzione e l’evoluzione del microscopio

La data dell’invenzione del microscopio è controversa. In genere la si fa risalire al 1610, anno in cui il grande scienziato italiano Galileo Galilei mise a punto quello che chiamò «occhialino per vedere le cose minime», ma già alla fine del secolo precedente in Olanda erano stati prodotti strumenti in grado di ingrandire oggetti piccolissimi.
Senza dubbio, però, a perfezionare lo strumento fu lo scienziato inglese Robert Hooke (1635-1703), che inventò il microscopio ottico composto. Nel 1665 fu lui a coniare il termine “cellula”, da una parola latina che significa piccola cella, osservando al microscopio le minuscole strutture apparentemente vuote presenti in un pezzo di sughero: si trattava in realtà di alveoli lasciati vuoti da cellule ormai morte. Le prime cellule vive sarebbero state osservate pochi anni più tardi da Antoni van Leeuwenhoek. Nel 1931 venne invece messo a punto il primo microscopio elettronico, basato non più su un fascio di luce (fotoni), come nel caso di quello ottico, bensì su un fascio di elettroni. Fu così che un nuovo piccolissimo mondo apparve agli scienziati. Vale la pena ricordare che l’occhio umano non è in grado di distinguere due punti a una distanza inferiore a 0,1 mm: utilizzando un microscopio ottico questo potere cresce a 0,2 micrometri (μm), cioè 0,1 milionesimi di metro, mentre con un microscopio elettronico possiamo arrivare a distinguere due punti distanti tra loro 0,4 nanometri (nm), ossia 0,4 miliardesimi di metro.


Descrizione: IceiGeo:LAVORI IN CORSO:GIUNTI ALIMENTAZIONE:Lorenzo:1_2_cellula:immagini_cellula:robert_hooke:541px-Hooke-microscope.png

Il microscopio di Hooke.

Un moderno microscopio elettronico. 

La teoria cellulare

A partire dalla fine del XVII secolo molti altri scienziati si dedicarono allo studio della cellula e delle sue strutture, così come alle interazioni fra le diverse cellule e gli ambienti in cui esse vivono. Grandi passi avanti furono compiuti grazie all’italiano Marcello Malpighi e ai francesi Jean-Baptiste Lamarck e Pierre-Jean-François Turpin, solo per citare alcuni studiosi.
Fu nel 1838-1839 che il botanico Mathias Jacob Schleiden e il biologo Theodor Schwann, entrambi tedeschi, studiando rispettivamente le cellule vegetali e quelle animali elaborarono la teoria cellulare. A Schwann si deve la fondamentale affermazione secondo cui «le cellule sono organismi. Sia gli animali interi sia le piante sono aggregati di questi organismi, associati secondo leggi definite».
Secondo la teoria cellulare, che è alla base della moderna concezione dei viventi e della loro organizzazione, ogni cellula rappresenta l’unità fondamentale di qualsiasi organismo – dai più semplici ai più complessi – ed è capace di vita autonoma.
Occorreva però ancora comprendere in che modo si generano le cellule. Nel 1855 il patologo tedesco Rudolf Virchow introdusse il concetto di divisione cellulare per spiegare come ogni cellula si generi da organismi preesistenti, concetto che fu in seguito affrontato in modo più approfondito da Rudolf Albert von Kölliker. Fu proprio von Kölliker a porre le basi della moderna embriologia applicando la teoria cellulare, e in particolare il concetto di divisione cellulare, allo studio della riproduzione sessuata degli organismi.

Percorsi di scienza degli alimenti
Percorsi di scienza degli alimenti
Per il primo biennio