Sottrazione d’acqua

 3  LA TECNOLOGIA APPLICATA ALL’ALIMENTAZIONE >> 12. Alterazione e conservazione degli alimenti

Sottrazione d’acqua

La maggior parte degli alimenti contiene acqua. In genere, più un alimento contiene acqua, più costituisce un terreno favorevole per lo sviluppo di microrganismi e dunque è soggetto a rapido deperimento; al contrario, gli alimenti secchi, come i biscotti, se custoditi al riparo dall’umidità, si conservano molto a lungo. Ai fini della conservazione alimentare, è bene ricordare che i microrganismi non possono sfruttare per il loro sviluppo la frazione legata dell’acqua, cioè l’insieme delle molecole di H2O che avvolgono le sostanze nutritive. Solo la frazione non legata dell’acqua, o acqua libera, è utilizzabile dai microrganismi: e proprio su questa frazione agiscono i più tradizionali fra i metodi di conservazione basati sulla sottrazione di acqua.

Come noto, il valore che determina il grado di acqua libera è 1 (acqua pura al 100%). I batteri trovano condizioni ideali in alimenti contenenti molta acqua libera (Aw > 0,9), mentre per le muffe sono sufficienti quantità minori (Aw > 0,6). Ciò spiega come mai sulle marmellate, che contengono in massima parte acqua legata agli zuccheri, crescono più facilmente le muffe rispetto ai batteri. Per lo stesso motivo né le muffe né i batteri riescono a crescere sulla superficie dello zucchero in cristalli.

Esistono diverse tecniche industriali per privare gli alimenti di acqua: le principali sono concentrazione, essiccamento e liofilizzazione. Tutte assicurano una perdita contenuta dei nutrienti. Possono avere costi assai elevati, ma garantiscono anche buoni profitti, in quanto riducono peso e volume dei prodotti favorendone la commerciabilità e conferiscono loro una shelf-life molto lunga a temperatura ambiente.

LA CONCENTRAZIONE

Con la tecnica della concentrazione si producono latte e pomodoro in tubetti, estratti di carne e soprattutto succhi di frutta. Essa può essere attuata a caldo o a freddo.

Nella concentrazione a caldo gran parte dell’acqua viene fatta evaporare portando il prodotto alla temperatura di 40 o 50 °C e riducendo contemporaneamente la pressione (infatti l’acqua evapora più velocemente quando la pressione è inferiore a 1 atmosfera). Per quest’ultima caratteristica, la tecnica viene definita anche concentrazione sottovuoto.

La concentrazione a freddo (o crioconcentrazione) viene usata per gli alimenti liquidi, in particolare i succhi di frutta. Si congela lentamente la bevanda e si rimuovono i cristalli di ghiaccio via via che si formano. In questo modo si mantengono inalterate le vitamine e gli altri nutrienti termolabili. È una tecnica economicamente più dispendiosa rispetto alla concentrazione a caldo.

L’ESSICCAMENTO

L’essiccamento, tecnica di origini antiche, prevede di esporre gli alimenti all’azione dell’aria e del sole intenso. In questo modo si riesce a estrarre una grande quantità d’acqua e a trasformare, per esempio, un intero merluzzo in stoccafisso. Oggi l’essiccamento si effettua quasi sempre con appositi macchinari, definiti essiccatori: ne esistono ad armadio, a tunnel, a letto fluido, a spruzzo e così via. Gli essiccatori lavorano rilasciando calore, gas o radiazioni infrarosse in modo artificiale, ma di base sfruttano il medesimo principio fisico dei metodi naturali dell’essiccamento tradizionale: l’acqua vicina alla superficie dell’alimento riceve calore e si carica di energia termica fino a distaccarsi, solitamente aiutata da un flusso d’aria costante.

Con questo metodo si tosta il caffè, si produce frutta secca, si fanno fioccare i cereali (nascono così i corn flakes), si soffia il riso, si concentrano le spezie… Tuttavia con l’essiccamento si perdono le vitamine A e C contenute negli alimenti, che sono particolarmente termosensibili.

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LA LIOFILIZZAZIONE

La liofilizzazione, ideata nel XX secolo, nel principio somiglia alla concentrazione a freddo, ma è più drastica e costosa. Si basa sui cambiamenti di stato dell’acqua, variando in modo combinato le condizioni di temperatura e pressione, e si svolge in quattro fasi:

  • l’alimento viene prima surgelato in modo ultrarapido a –30/–40 °C;
  • poi viene abbassata la pressione aspirando l’aria dal liofilizzatore;
  • l’alimento viene quindi riscaldato lentamente a 30 °C sottovuoto spinto, fino a raggiungere il punto in cui l’acqua sublima (cioè si trasforma da ghiaccio in vapore acqueo senza passare per la fase liquida);
  • infine la pressione viene gradualmente riportata alla normalità (1 atmosfera = 760 mmHg).

La liofilizzazione rimuove anche la frazione legata dell’acqua, e gli alimenti si trasformano in una crosta poi ridotta in polvere. In questo modo si ottengono prodotti molto leggeri e poco ingombranti, che non hanno subito grosse perdite nutrizionali e garantiscono una lunghissima shelf-life.

Modificazione d’atmosfera

L’aria contiene ossigeno e questo gas può facilmente provocare l’ossidazione permanente di molte molecole presenti negli alimenti. Inoltre nell’aria c’è sempre una percentuale variabile di acqua sotto forma di vapore e questa umidità, come già visto, può bastare a far crescere muffe sugli alimenti. Infine, l’aria è il veicolo più comunemente usato dai microrganismi per transitare da un luogo all’altro: è quindi probabile che contenga agenti contaminanti. Eliminando l’aria, dunque, e poi sigillandoli ermeticamente, si riduce notevolmente l’alterazione degli alimenti. Occorre tuttavia tenere presente che in questo modo non si impedisce lo sviluppo di batteri anaerobi.

Le tecniche di conservazione che puntano ad annullare o rallentare gli effetti negativi del contatto tra alimento e aria possono prevedere l’eliminazione dell’aria (in modo da abbattere anche i contaminanti) oppure la sua modificazione (in modo tale da renderla inerte o adeguata alla conservazione dei cibi). Le più diffuse sono il confezionamento sottovuoto, quello in atmosfera protettiva (con la variante del confezionamento in equilibrio con atmosfera modificata) e la conservazione in atmosfera controllata.

IL CONFEZIONAMENTO SOTTOVUOTO O VSP

La tecnica VSP (Vacuum Skin Packaging) prevede l’inserimento dell’alimento in una confezione deformabile e impermeabile ai gas, come la plastica, e la rimozione per aspirazione di tutta l’aria in essa contenuta, fino a far aderire l’involucro all’alimento come un guanto. Il cibo, che può essere sia cotto sia crudo, viene quindi ermeticamente sigillato mantenendo inalterate le sue proprietà.

IL CONFEZIONAMENTO IN ATMOSFERA PROTETTIVA O MAP

Nel tipo di confezionamento MAP (Modified Atmosphere Packaging) l’aria presente nelle confezioni viene sostituita con miscele di gas atossici, inerti o attivi. è sufficiente modificare leggermente i rapporti fra i gas (per esempio riducendo la quantità di O2 e aumentando quella di CO2) per ottenere miscele che risultano tossiche per i microrganismi e per gli insetti eventualmente rimasti nell’alimento. La miscela gassosa introdotta all’atto del confezionamento deve rispondere in modo selettivo alle esigenze di conservazione di ogni prodotto alimentare. In generale, i gas più utilizzati sono anidride carbonica, azoto, ossigeno e argon. Gli alimenti così confezionati devono riportare sull’etichetta la dicitura “confezionato in atmosfera protettiva”. La tecnica MAP è spesso utilizzata per le paste fresche, i salumi affettati e i prodotti vegetali di quarta gamma.

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IL CONFEZIONAMENTO IN EQUILIBRIO CON ATMOSFERA MODIFICATA O EMAP

La tecnica EMAP (Equilibrium Modified Atmosphere Packaging) è utilizzata per aumentare la conservabilità di frutta e verdura e consiste nel confezionare questi alimenti in vaschette rivestite da una plastica microforata (con fori variabili tra i 20 e i 120 μm). Infatti i prodotti ortofrutticoli freschi, una volta recisi, continuano a respirare debolmente consumando ossigeno e liberando anidride carbonica e acqua, secondo il naturale processo di maturazione. Attraverso i fori presenti nelle confezioni di vendita i prodotti possono continuare i loro scambi gassosi con l’ambiente, conservandosi più a lungo. La tecnica EMAP permette di raggiungere risultati ancora migliori quando viene associata alla tecnica MAP (active EMAP).

LA CONSERVAZIONE IN ATMOSFERA CONTROLLATA

La conservazione in atmosfera controllata prevede che gli alimenti siano stoccati in locali sottoposti al controllo simultaneo delle percentuali dei gas presenti nell’atmosfera (ossigeno, idrogeno, azoto e anidride carbonica) oltre che della temperatura e dell’umidità. Questa tecnica è solitamente impiegata per i prodotti ortofrutticoli che, come sappiamo, respirano e dunque tendono a modificare la composizione dell’atmosfera che li circonda. Ciò rende necessario il monitoraggio continuo della composizione della miscela dei gas e richiede continue correzioni, in modo da mantenere costantemente l’atmosfera più adatta a garantire il prolungamento della conservazione dei prodotti.

Irradiazione

Sia lo sviluppo batterico sia la maturazione della frutta possono essere inibiti mediante irradiazione. Ciò significa che le radiazioni elettromagnetiche ad alta frequenza, così come i fasci di elettroni, possono essere impiegate per aumentare la conservabilità di alcuni alimenti.

Le radiazioni infatti danneggiano indiscriminatamente tutti i tessuti cellulari e generano danni molecolari proporzionali all’intensità e alla durata della somministrazione. Tuttavia i tessuti più colpiti sono quelli in attiva proliferazione, quali le colonie batteriche, mentre i tessuti quiescenti possono riuscire a far fronte ai danni molecolari attivando opportuni meccanismi di riparazione cellulare.

La tecnica risulta efficace ai fini della conservazione in quanto uccide i microrganismi ancora proliferanti sugli alimenti, decontaminando il cibo. La normativa europea consente l’impiego dell’irradiazione solo su un numero limitato di alimenti (Direttive CE 1999/2 e 1999/3) e impone comunque che il ricorso a questo metodo sia segnalato al consumatore attraverso uno specifico simbolo da apporre sulle etichette. Si usa su carni, frutti di mare, cacao, caffè e frutta. La perdita nutrizionale (soprattutto vitamine) è paragonabile a quella che si ha con altri metodi di conservazione e non modifica il gusto dell’alimento.

Le radiazioni usate possono essere di tre tipi: raggi gamma, fasci di elettroni e raggi X. Si tratta di radiazioni ad alta energia, ionizzanti.

  • Raggi gamma (γ): sono le radiazioni elettromagnetiche più energetiche in assoluto; penetrano in profondità, quindi possono essere usate anche su alimenti già confezionati. Questi raggi vengono prodotti dal decadimento di alcuni isotopi, quali il cobalto e il cesio.
  • Fasci di elettroni: noti anche come radiazioni beta, sono meno penetranti dei raggi gamma, ma hanno un vantaggio: la fonte che li emette, un cannone elettronico, può essere spenta, azzerando il rischio di emissione indesiderata.
  • Raggi X: si tratta della tecnologia più recente che combina un’elevata penetrazione alla possibilità di inattivare la sorgente dell’emissione.
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Il simbolo Radura

In Italia, già prima che venisse recepita la normativa europea, le tecniche di irradiazione erano ammesse per alcuni alimenti di origine vegetale (come cipolle, aglio e patate), al fine di danneggiarne i tessuti germinali e inibirne la germogliazione, prolungando così la vita del prodotto.

Un tempo per i consumatori era quasi impossibile distinguere i cibi irradiati. Oggi invece sulle loro etichette deve sempre comparire il simbolo Radura, di colore verde e raffigurante un elemento vegetale stilizzato in un cerchio, accompagnato dalla dicitura “trattato con radiazioni” o “trattato con radiazioni ionizzanti”.

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