Le trasformazioni dei principali alimenti durante la cottura

 3  LA TECNOLOGIA APPLICATA ALL’ALIMENTAZIONE >> 11. La cottura degli alimenti

Le trasformazioni dei principali alimenti durante la cottura

LA CARNE

Per la carne la cottura è fondamentale, innanzitutto da un punto di vista igienico. Le alte temperature, infatti, eliminano gli eventuali batteri pericolosi naturalmente presenti in questo alimento. I piatti a base di carne cruda costituiscono rare eccezioni, e vanno comunque preparati seguendo meticolosi accorgimenti.

Per capire invece le trasformazioni fisiche e chimiche che si verificano, per esempio, in un pezzo di filetto quando viene cotto è opportuno analizzare come le singole sostanze che lo compongono si modificano a causa del calore.

Al 70-75% la carne è composta di acqua. Questo valore tende a cambiare a seconda del tipo di animale e della sua età. Sottoposta a calore l’acqua tende a evaporare, con conseguente perdita di volume e di peso del pezzo di carne.

Le proteine sono invece presenti al 20%: costituiscono le fibre muscolari e il tessuto connettivo, cioè il tessuto che riveste e “tiene insieme” i fasci di fibre muscolari. Le proteine cominciano a denaturarsi a 60 °C: le loro molecole si contraggono, irrigidendosi. Ciò ha diverse conseguenze sul filetto scelto: la più visibile è la fuoriuscita di acqua.

Il profumo che si sprigiona dalla cottura e il cambiamento di colore sono anch’essi conseguenze di una trasformazione delle proteine. Il profumo si libera perché le molecole delle proteine si frammentano in pezzi più piccoli, gli amminoacidi; questi ultimi subiscono un’ulteriore trasformazione che li rende volatili, permettendo loro di entrare in contatto con il nostro olfatto. Il cambiamento di colore, invece, è causato da una trasformazione della mioglobina, che è la proteina che rende rossa la carne cruda: a 60 °C essa passa dal rosso a un colore più scuro e bruno, “aiutando” chi cucina a definire la cottura del piatto.

I lipidi si trovano nella carne in quantità molto variabile: il valore cambia a seconda del taglio, del tipo e dell’eta dell’animale, ma anche dell’alimentazione e del genere di allevamento al quale esso è stato sottoposto. Il grasso è presente come vero e proprio tessuto adiposo o sotto forma di sottili “infiltrazioni” tra i fasci muscolari (in questo caso si parla di grasso intermuscolare o marezzatura) o, ancora, all’interno dei fasci muscolari (grasso intramuscolare). Durante la cottura tende a sciogliersi, contribuendo sia alla definizione del gusto finale sia alla cottura stessa.

Nella carne i glucidi si trovano sotto forma di tracce di glicogeno e di monosaccaridi come il glucosio e il fruttosio: nelle cotture a calore secco essi partecipano alla reazione di Maillard.

Le vitamine presenti nella carne sono quelle del gruppo B, termolabili, e le più resistenti A, D, E, K, in particolare nelle frattaglie (per esempio fegato e reni).

I sali minerali costituiscono circa l’1% di questo alimento e sono prevalentemente sodio e potassio. In parte si diluiscono nel liquido di cottura, in parte rimangono nella carne cotta.


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IL PESCE

Le trasformazioni che la cottura causa nel pesce sono abbastanza simili a quelle che avvengono nella carne. Tuttavia, rispetto a quest’ultima, il pesce presenta meno tessuto connettivo: perciò risulta più tenero e richiede un minor tempo di cottura.

La sua composizione in nutrienti è molto variabile a seconda della specie e di molti altri fattori: sono presenti acqua, proteine, lipidi, sali minerali e glucidi (nei molluschi e nei crostacei). Anche in questo caso durante la cottura le proteine contribuiscono a definire sapore, colore e consistenza dell’alimento.

I preziosi sali minerali che si ritrovano nel pesce, come lo iodio, lo zinco e il ferro, rischiano di andare dispersi; per conservarne il più possibile è fondamentale cuocere il pesce rapidamente, preferendo la tecnica al vapore o una veloce frittura dopo infarinatura.

La quantità di lipidi presente in questo alimento va dallo 0,1 al 30%, in base soprattutto alla specie. Ma le variazioni possono essere notevoli anche all’interno della stessa specie, soprattutto se si confronta un esemplare allevato con uno pescato: quello allevato è infatti ben più grasso di quello pescato. Sottoposti all’azione del calore, anche i grassi del pesce tendono a sciogliersi e contribuiscono a definire il gusto dell’alimento. In caso di pesci particolarmente grassi, come il salmone, lo sgombro, la sarda o l’anguilla, si può anche ricorrere a una cottura alla griglia.

LE UOVA

Le uova rappresentano un’importante componente della dieta umana. Sono consumate praticamente da tutte le popolazioni, grazie sia alla relativa facilità con cui possono essere reperite sia alle ottime caratteristiche nutrizionali. In media un uovo di gallina ha un contenuto energetico di 68 kcal e contiene proteine di buona qualità, grassi facilmente digeribili, vitamine e minerali come ferro e fosforo. Si possono però mangiare anche quelle di altri uccelli: le uova d’oca, per esempio, sono ideali per la preparazione di dolci e quelle di quaglia sono particolarmente indicate per l’alimentazione infantile.

Le principali trasformazioni che avvengono durante la cottura di questo alimento riguardano le proteine. Sono proprio le modificazioni di questi macronutrienti a determinare la diversa consistenza e il diverso colore dell’albume cotto rispetto a quello crudo: sottoposte all’azione del calore, infatti, le proteine formano una struttura stabile che dona all’albume maggiore consistenza e che, intrappolando l’acqua, lo fa passare da trasparente a bianco. Inoltre, le proteine presenti nell’albume cotto risultano più digeribili di quelle dell’albume crudo: la cottura facilita infatti l’attività degli enzimi coinvolti nella digestione. Le proteine del tuorlo risultano invece più digeribili da crude.

GLI ORTAGGI

Fra tutti i cibi che caratterizzano la nostra dieta, gli ortaggi sono quelli che più risentono della cottura. La grande sensibilità di questi alimenti dipende dalla loro particolare composizione, ricca di vitamine e sali minerali, oltre che di acqua e glucidi (questi ultimi, in realtà, più presenti nella frutta che negli ortaggi propriamente detti).

Come noto, vitamine e sali minerali tendono a inattivarsi o disperdersi durante la cottura. Per ridurre la perdita di questi nutrienti è fondamentale usare tecniche adeguate: vanno preferite cotture al vapore, possibilmente rapide; l’ideale è la pentola a pressione.

Inoltre, è meglio non tagliare le verdure, o quantomeno non ridurle in pezzi troppo piccoli. Altre trasformazioni che si verificano durante la cottura riguardano la consistenza e il colore di questi alimenti. Ad alte temperature, infatti, le fibre si rompono e le verdure si ammorbidiscono; al tempo stesso il colore si fa più scuro per via di modificazioni dei pigmenti: la clorofilla da verde brillante si fa più “spenta”, mentre i carotenoidi tendono a perdere la caratteristica colorazione arancione.

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I LEGUMI

I legumi sono parte fondamentale della dieta mediterranea anche se, forse a causa delle particolari modalità di preparazione, oggi non si trovano spesso sulle nostre tavole: almeno, non quanto dovrebbero. Possono essere consumati freschi o secchi. Si tende a essiccarli per prolungarne la durata e per meglio conservarli: in questo caso è importante far precedere alla cottura un periodo di ammollo in acqua (8-12 ore a seconda del tipo di legume). Si tratta di un’operazione fondamentale per ammorbidire i legumi, riattivare preziosi nutrienti come le vitamine e aumentare la digeribilità delle proteine, presenti in quantità considerevoli in questi alimenti: si va infatti dal 16% contenuto nei lupini al 27% circa delle fave.

La cottura dei legumi determina la denaturazione delle proteine e al tempo stesso elimina alcuni allergeni (cioè sostanze in grado di scatenare allergie in chi le assume) e altre sostanze che potrebbero risultare tossiche.

CEREALI E DERIVATI

Cereali e derivati occupano una posizione dominante nella cucina italiana. Basti pensare che, in un anno, un italiano medio consuma circa 26 kg di pasta e 58 kg di pane.

Pasta

La pasta (secca, all’uovo e fresca) si ottiene per lo più dalla lavorazione della semola di grano duro. Tuttavia, in certi casi, si utilizza anche farina di grano tenero. Rappresenta un alimento energetico: contiene infatti per il 60% glucidi e anche un discreto quantitativo di proteine, soprattutto quella all’uovo. Durante la cottura, che avviene per ebollizione (solitamente in pentole di acciaio inossidabile), le proteine si denaturano e la pasta assorbe acqua diventando più tenera: questo succede grazie all’amido, glucide complesso che è il componente principale della pasta. Esso infatti, a contatto con molecole d’acqua, le ingloba e si gonfia, facendosi più morbido.

Pane

Il pane è un prodotto ottenuto principalmente dall’impasto di sfarinati di cereali, acqua e lievito. Una volta lievitato, l’impasto viene messo in forno solitamente alla temperatura di 250 °C. Come sappiamo, alle alte temperature le proteine si denaturano, e ciò accade anche alle proteine del pane, che contribuiscono a definire forma e volume di questo alimento.

Il volume di un pane in cottura aumenta inizialmente per effetto dell’alta temperatura sull’anidride carbonica contenuta nell’impasto, prodotta dalla fermentazione. Con il caldo il gas tende a espandersi, facendo così “gonfiare il pane”. A circa 70 °C le bollicine contenute nell’impasto scoppiano, anche a causa dell’aumento dell’umidità interna (a quella temperatura, infatti, si intensifica l’evaporazione dell’acqua). La loro rottura determina la formazione di un vero e proprio reticolo che sosterrà la struttura del pane.

Durante il processo di cottura la crosta raggiunge i 250 °C: questa temperatura consente l’innescarsi della reazione di Maillard, che determina la doratura superficiale.

La mollica raggiunge invece una temperatura di circa 90 °C: già a 70 °C l’amido contenuto nel pane si trasforma in un gel, le proteine cominciano a irrigidirsi e gli eventuali grassi fondono nell’impasto.

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