Com’è fatta la materia

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Per conoscere meglio le sostanze e le loro proprietà è necessario studiare la composizione della materia, che in tutte le sue molteplici forme è costituita da particelle piccolissime chiamate atomi.

ATOMI

Gli atomi sono le particelle elementari di cui è composta tutta la materia presente nell’universo.

In greco antico, atomo significa “indivisibile”. In realtà, oggi sappiamo che ogni atomo è composto da almeno tre particelle molto più piccole, dette particelle subatomiche:

  • gli elettroni, particelle con carica elettrica negativa (e);
  • i protoni, particelle con carica elettrica positiva (p+);
  • i neutroni, particelle prive di carica, ovvero neutre (n).

All’interno degli atomi, queste particelle occupano lo spazio secondo un preciso modello: al centro si trova il nucleo, composto da protoni e neutroni; all’esterno, attorno al nucleo, orbitano gli elettroni.

Muovendosi, gli elettroni sciamano attorno al nucleo descrivendo superfici sferiche, definite orbitali. Gli elettroni di un atomo possono essere rappresentati come elettroni disposti su cerchi concentrici, come gli strati di una cipolla. A ogni orbitale è associato un determinato livello energetico. Il primo orbitale, quello più vicino al nucleo, corrisponde a un livello energetico più basso. La disposizione in orbitali degli elettroni attorno al nucleo è detta configurazione elettronica. Gli elettroni disposti sull’orbitale più esterno si definiscono elettroni di valenza e determinano il modo in cui avvengono le interazioni con altri atomi: sono quindi alla base delle proprietà chimiche degli atomi.

La carica elettrica complessiva di un atomo è sempre neutra: il totale degli elettroni deve sempre essere uguale al totale dei protoni.

Protoni e neutroni sono particelle molto grandi rispetto agli elettroni: perciò, quando si valuta la massa di un atomo, è corretto considerare che essa si trovi tutta concentrata nel nucleo (al confronto, il peso complessivo della somma degli elettroni è trascurabile). Le proprietà fisiche dell’atomo dipendono proprio dalle caratteristiche del suo nucleo.

Numero atomico e numero di massa

Si definisce numero atomico (indicato con Z) il numero totale dei protoni presenti in un atomo.

Poiché il numero dei protoni coincide con quello degli elettroni, il numero atomico Z indica anche il numero di elettroni dell’atomo.


Z = numero di p+ (= e-)


Il numero di massa (indicato con A) rappresenta invece il totale delle particelle presenti nel nucleo. Poiché il nucleo è composto da neutroni e protoni si può dire che:


A = n + p+

Ioni

In alcune circostanze, il numero degli elettroni di valenza (cioè gli elettroni presenti nell’orbitale più esterno di un atomo) può variare. Perdere o acquistare elettroni comporta necessariamente per l’atomo una variazione della sua carica complessiva. Si definiscono ioni positivi o cationi quegli atomi che hanno perso uno o più elettroni. Viceversa sono ioni negativi o anioni gli atomi che hanno acquistato uno o più elettroni. Rispetto all’atomo da cui derivano, gli ioni hanno quindi diverso numero di elettroni ma stesso numero di massa, perché la somma di neutroni e protoni resta invariata: ciò fa sì che gli ioni abbiano diverse proprietà chimiche, ma uguali proprietà fisiche.

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Isotopi

Esistono atomi che hanno lo stesso numero atomico, cioè appartengono a uno stesso elemento chimico, ma numero di massa diverso. Questi atomi sono detti isotopi e hanno proprietà fisiche differenti tra loro, mentre hanno le stesse proprietà chimiche.


LA TAVOLA PERIODICA DEGLI ELEMENTI

Le sostanze formate da atomi tutti uguali tra loro rappresentano gli elementi. Esistono 118 elementi diversi, convenzionalmente identificati con un simbolo (per esempio quello del carbonio è C, quello del magnesio Mg).

Sulla Terra solo una ventina di atomi sono molto diffusi: altri sono più rari, altri ancora sono stati creati in laboratorio.

Tutti gli elementi esistenti in natura e quelli creati in laboratorio sono raggruppati e presentati in modo ordinato nella tavola periodica di Dmitrij Mendeleev, dal nome del suo idea­tore. In questa tavola tutti gli elementi sono disposti in successione per valori crescenti di Z, ossia al crescere del numero di protoni presenti nel nucleo: dall’idrogeno (H) che ha un solo protone, all’ununoctio (Uuo) che ne ha 118. Ogni elemento è inserito in una casella e contrassegnato, oltre che dal suo simbolo, da una serie di dati: numero atomico Z, massa atomica, elettronegatività, temperatura di fusione.

Nella tavola periodica gli elementi sono ordinati lungo periodi (righe) e gruppi (colonne). I periodi sono numerati dall’alto verso il basso, da 1 a 8. Lungo ciascun periodo gli elettroni di valenza (quelli che si trovano negli orbitali più esterni) aumentano gradualmente, uno per volta. Ciò spiega la variazione delle proprietà chimiche degli elementi da sinistra a destra della tavola periodica. I gruppi sono 18; la numerazione romana ne individua 8, tralasciando gli elementi di transizione, che presentano una struttura particolare. Ogni gruppo riunisce elementi con proprietà chimiche simili, vista l’analoga distribuzione degli elettroni nei loro orbitali di valenza.

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Elettronegatività

Anche se sono neutri, gli atomi hanno una naturale tendenza a raggiungere una maggiore stabilità modificando la quantità totale dei loro elettroni, fino a raggiungere nel livello energetico più esterno, ove possibile, una configurazione altamente stabile, chiamata ottetto (che prevede, cioè, un numero massimo di otto elettroni). Queste migliori configurazioni elettroniche si ottengono attraverso la formazione di legami chimici, in cui ciascun atomo perde o acquista uno o più elettroni dell’orbitale di valenza, o mette in comune i propri elettroni con un altro atomo. Nella tavola degli elementi si può seguire l’andamento di un’importante proprietà della materia: l’elettronegatività (EN). Essa rappresenta il potere di attrazione di un atomo nei confronti degli elettroni del legame con un altro atomo.

Nella tavola periodica, l’elettronegatività aumenta da sinistra verso destra e dall’alto al basso. Infatti gli atomi dei primi gruppi, con bassa elettronegatività, hanno una propensione maggiore a cedere i propri elettroni e dunque a trasformarsi in ioni positivi (cationi). Tali atomi sono anche accomunati dall’avere un carattere metallico: i loro elementi hanno l’aspetto di solidi lucidi (tranne il mercurio, che è liquido) e sono buoni conduttori di calore e di corrente elettrica, oltre che facilmente lavorabili (malleabili). Viceversa, gli atomi dei gruppi più a destra, con alta elettronegatività, tendono ad acquistare elettroni, diventando così ioni negativi (anioni). Essi hanno un carattere non metallico: a temperatura ambiente si presentano in tutti e tre gli stati di aggregazione, sono opachi, pessimi conduttori di calore e di corrente elettrica.

Gli atomi con caratteristiche intermedie sono invece detti a carattere semimetallico.

Un discorso a parte meritano i sei gas nobili o inerti, posti all’estrema destra della tavola periodica. I loro atomi sono caratterizzati da una configurazione elettronica estremamente stabile. Tale configurazione rappresenta, appunto, il modello a cui tendono gli altri atomi dello stesso periodo. I gas nobili sono inodori e incolori, e alcuni di essi presentano un’elettronegatività così bassa da non avere alcuna tendenza a combinarsi con altri atomi.

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LE MOLECOLE

Le molecole sono il frutto di unioni stabili di due o più atomi. Esistono moltissimi modi in cui gli atomi si possono combinare fra loro, originando gran parte della materia che ci circonda. Le molecole possono essere composte da atomi uguali, dando origine agli elementi. È il caso di molti gas e metalli che prendono nome dagli atomi che li costituiscono (ossigeno, azoto, idrogeno, oppure ferro, piombo, rame).

Le molecole formate da atomi diversi danno invece origine ai composti. Tra i composti vi possono essere molecole di piccole dimensioni così come molecole molto grandi e complesse.

Per esempio, l’acqua è un composto liquido di molecole di piccole dimensioni: ciascuna di esse risulta dall’unione di due atomi di idrogeno (2 H) e uno di ossigeno (O). L’anidride carbonica (o diossido di carbonio) è un composto gassoso le cui molecole sono costituite da un atomo di carbonio (C) legato a due di ossigeno (2 O). Molecole di piccole dimensioni possono anche combinarsi per dare origine a molecole di medie dimensioni: è il caso del glucosio, che risulta dalla combinazione di sei molecole di acqua (6 H2O) con sei molecole di anidride carbonica (6 CO2). Negli organismi viventi si possono trovare gradi di complessità molto maggiore: il glicogeno è un esempio di grande molecola con struttura ramificata che risulta dall’unione in sequenza di migliaia di molecole di glucosio.

L’unione fra atomi e fra molecole è vincolata dalle regole fisiche che guidano i loro scambi di elettroni, nonché dalle condizioni di temperatura, pressione e concentrazione in cui essa avviene. La combinazione delle molecole è all’origine dell’immensa varietà di materia che ci circonda.

LE FORMULE CHIMICHE

Ogni molecola può essere rappresentata simbolicamente attraverso una formula chimica che ne specifica la composizione in atomi. Esistono diversi tipi di formule: per illustrare quelle più utilizzate, prendiamo come esempio la molecola di metanolo, composta da un atomo di carbonio (C), quattro atomi di idrogeno (4 H) e un atomo di ossigeno (O).

  • La formula molecolare, o bruta, del metanolo specifica tipo e numero degli atomi presenti nella mo­lecola, ma non mette in evidenza il tipo di legame che li unisce:

CH4O

  • La formula di struttura mette in evidenza anche il tipo di legame che si stabilisce fra gli atomi. Tre atomi di idrogeno sono legati all’atomo di carbonio; l’atomo di ossigeno è legato anch’esso al carbonio e al quarto atomo di idrogeno:
  • La formula razionale, più rapida e semplice, evidenzia i gruppi funzionali più che la struttura della molecola:

CH3–OH

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I LEGAMI CHIMICI

Quando due atomi si uniscono tra loro per formare una molecola, tra essi si instaura una particolare relazione detta legame chimico. La formazione di un legame chimico, così come la sua forza e la sua stabilità, dipendono dalla struttura elettronica degli atomi coinvolti, in particolare dai loro elettroni di valenza.

Attraverso lo scambio di elettroni gli atomi raggiungono configurazioni più stabili, simili a quelle dei gas nobili. La rottura di un legame chimico tra atomi implica una variazione delle proprietà chimiche di una sostanza, in quanto viene modificata la molecola stessa.

I legami atomici intramolecolari, ovvero quelli che si instaurano all’interno di una molecola, comprendono il legame covalente (che a sua volta può essere puro, polare o dativo), quello ionico e quello metallico. Oltre che tra singoli atomi, si possono anche stabilire delle interazioni fra intere molecole: questi legami intermolecolari si verificano sia tra molecole apolari (forze di Van der Waals) che fra molecole polari (legami a idrogeno).

La valenza nei legami chimici

Nella formazione di un legame chimico ogni atomo ha una propria disponibilità a cedere, acquistare o condividere elettroni, definita valenza. Per esempio il carbonio ha valenza 4, mentre il neon, che è un gas nobile, ha valenza 0.

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Legame covalente puro

Il legame covalente puro si forma quando gli orbitali esterni di due atomi si fondono tra loro, condividendo di fatto gli elettroni più esterni. Questa condivisione consente agli atomi coinvolti di raggiungere la configurazione stabile propria dei gas nobili.

Perché il legame sia definito puro, gli atomi che si uniscono devono avere uguale valore di elettronegatività. Si tratta di un tipo di legame comune a molti gas costituiti da molecole biatomiche (cioè formate da due atomi), come l’idrogeno, l’ossigeno e l’azoto. In un legame covalente ogni atomo mette in condivisione uno, due o tre elettroni, dando così origine a legami covalenti singoli, doppi o tripli.


H–H

(idrogeno molecolare)


O=O

(ossigeno molecolare)


N≡N

(azoto molecolare)

Legame covalente polare

Il legame covalente polare si verifica quando gli atomi di un legame hanno valori di elettronegatività diversi: in tal caso gli elettroni coinvolti nel legame tenderanno a essere attratti dall’atomo più elettronegativo. Quest’ultimo assumerà una parziale carica negativa, mentre l’atomo meno elettronegativo diventerà parzialmente positivo. Nel legame fra ossigeno e idrogeno, che caratterizza, per esempio, la molecola d’acqua, gli elettroni sono spostati verso l’atomo di ossigeno, più grande e più elettronegativo.

Legame covalente dativo

Nel legame covalente dativo gli elettroni necessari a formare il legame provengono da un solo atomo, definito donatore. L’atomo donatore, senza privarsene del tutto, condivide i propri elettroni con un atomo accettore. Nella formazione dell’anidride solforica (SO3) e solforosa (SO2), per esempio, l’ossigeno si comporta da accettore e lo zolfo da donatore di elettroni.

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Legame ionico

Il legame ionico, detto anche salino, si forma solo fra atomi con valori di elettronegatività molto diversi e prevede un vero e proprio trasferimento di elettroni dall’atomo meno elettronegativo a quello più elettronegativo. Di conseguenza, l’atomo donatore diventa uno ione positivo (catione), mentre l’atomo accettore assume carica negativa (anione). L’attrazione fra le cariche opposte degli ioni è alla base di questo genere di legame.

Se confrontato con i precedenti, il legame ionico è piuttosto debole. Il cloruro di sodio (NaCl), per esempio, è un solido cristallino friabile e le molecole che lo compongono, a contatto con l’acqua, si separano spontaneamente in ioni Na+ e Cl.

Legame metallico

Il legame metallico è molto forte ed è caratteristico degli elementi metallici. Nei metalli, la struttura complessiva appare come un fitto reticolo di ioni positivi all’interno del quale gli elettroni di valenza di tutti gli atomi sono liberi di muoversi. Tale fenomeno, definito delocalizzazione elettronica, consiste in una nube di elettroni che, come una sorta di cemento, tiene in posizione i cationi metallici. Gli elettroni delocalizzati sono all’origine delle proprietà che contraddistinguono i metalli, come l’elevata conducibilità elettrica e termica, la loro duttilità e malleabilità.

Legami intermolecolari

I legami intermolecolari si formano tra una molecola e l’altra: può trattarsi sia di molecole uguali tra loro (composto), sia di molecole diverse (miscuglio). All’interno di una molecola capita spesso che, nel loro complesso, gli elettroni abbiano una distribuzione asimmetrica, generando zone parzialmente negative e altre parzialmente positive. Le molecole con queste caratteristiche sono dette polari e interagiscono fra loro come calamite, con fenomeni di attrazione e repulsione reciproca. Un esempio tipico è dato dalla molecola dell’acqua, in cui l’ossigeno è parzialmente negativo, mentre gli idrogeni, deprivati di elettroni, definiscono una zona della molecola parzialmente positiva.
Anche le molecole apolari, ossia caratterizzate da elettroni distribuiti in modo uniforme, possono diventare temporaneamente polari. Ciò si verifica quando la nube elettronica della molecola si deforma e genera provvisorie zone positive e negative, anch’esse in grado di attrarre o respingere altre molecole (polari e non).

Le interazioni di questo genere sono definite nel loro insieme forze di Van der Waals. A differenza dei legami intramolecolari saldi e stabili, queste forze creano legami fra molecole alquanto deboli, che si rompono e riformano di continuo. Le proprietà fisiche di molte sostanze (punto di fusione, di ebollizione, pressione osmotica) dipendono proprio dalle forze di Van der Waals.

I legami intermolecolari si formano dunque sia tra molecole polari che apolari e fra di essi riveste particolare importanza biologica il legame a idrogeno: quando l’idrogeno è legato ad atomi molto elettronegativi come il fluoro, l’ossigeno o l’azoto, diventa un punto della molecola in cui si forma una parziale carica positiva in grado di interagire con una zona parzialmente negativa di una molecola vicina. Il legame a idrogeno si verifica tipicamente fra molecole d’acqua ed è alla base dell’ordinamento tridimensionale delle molecole d’acqua nei cristalli di ghiaccio o neve. Quando si fornisce energia (calore), questi legami iniziano a rompersi e a riformarsi di continuo: le molecole d’acqua cambiano posizione e orientamento, diventando quell’insieme dinamico che caratterizza lo stato liquido. Un ulteriore apporto di calore sarà assorbito dalle molecole d’acqua andando ad aumentare la loro energia, con il risultato di rompere i legami a idrogeno che vincolano ciascuna molecola alle molecole circostanti, ed eventualmente di liberarsi nell’aria in forma di vapore acqueo.

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