Le reazioni chimiche

 1  LE BASI SCIENTIFICHE DELL’ALIMENTAZIONE >> 1. Le basi chimiche dell'alimentazione

Le reazioni chimiche

Abbiamo definito la chimica come la scienza che studia la materia e le sue trasformazioni. Le trasformazioni chimiche sono possibili perché atomi e molecole hanno una naturale tendenza ad assorbire o liberare energia scambiandosi elettroni, ridistribuendoli nello spazio in nuove configurazioni più o meno stabili. Ciò avviene sia attraverso la formazione di legami, sia attraverso la loro rottura. Queste trasformazioni della materia sono definite reazioni e vengono rappresentate attraverso equazioni chimiche. In queste equazioni figurano le formule delle sostanze di partenza (rea­genti) e quelle delle sostanze ottenute dalla trasformazione (prodotti). La freccia al centro dell’equazione indica la direzione della trasformazione.


ALCUNE TRA LE PIÙ COMUNI TIPOLOGIE DI REAZIONE
TIPOLOGIA CARATTERISTICHE RAPPRESENTAZIONE SCHEMATICA
Reazione di sintesi i reagenti A e B si uniscono per dare il prodotto C A + B C
Reazione di scissione il reagente A si separa nei prodotti B e C A B + C
Reazione di scambio semplice il reagente A riceve una frazione del reagente B A + BC AB + C
Reazione di doppio scambio i due reagenti si scambiano delle porzioni molecolari AB + CD AD + CB

LEGGE DI CONSERVAZIONE DELLA MASSA

In una reazione chimica, gli atomi che costituiscono i reagenti si ritrovano tutti dalla parte dei prodotti ricombinati in modo diverso. La materia, infatti, non si distrugge ma si trasforma: questo principio è alla base della legge di conservazione della massa. Perché venga rispettata questa legge, potrebbe essere necessario bilanciare una reazione. Bilanciare significa attribuire i corretti coefficienti ai composti della reazione, in modo che il numero di atomi dei reagenti sia uguale al numero di atomi dei prodotti.

Per esempio, la reazione che trasforma il glucosio in anidride carbonica e acqua si scrive:


C6H12O6 + O2 CO2 + H2O


Per bilanciare la reazione, occorre inserire i coefficienti in rosso:


C6H12O6 + 6O2 6CO2 + 6H2O


In entrambe le parti dell’equazione risulteranno 6 atomi di carbonio, 12 atomi di idrogeno e 18 atomi di ossigeno.

L’energia

In fisica l’energia è definita come la capacità da parte di un corpo di compiere un lavoro. Questa definizione descrive l’energia attraverso il suo effetto, ma nulla ci dice riguardo la sua natura. La caratteristica principale dell’energia è che, in tutto l’universo, essa è costante (non aumenta, né diminuisce); da ciò deriva che essa non si può creare, né distruggere, ma solo trasformare da una forma a un’altra. Alcune forme di energia sono il lavoro, il calore, la massa e le radiazioni elettromagnetiche (corrente e­­let­trica e luce).

ENERGIA DI UNA REAZIONE

In qualunque reazione chimica, quando i reagenti si trasformano in prodotti si rompono dei legami preesistenti e se ne formano di nuovi. Come visto nel paragrafo sui legami, alcuni di essi sono forti e stabili, altri deboli e provvisori: la rottura di un legame molecolare richiede pertanto quantità variabili di energia. Tale energia viene definita energia di attivazione (indicata con Eatt) ed è tanto più grande quanto più sono stabili i legami da rompere. Quando invece si forma un legame, si sprigiona sempre una quantità di energia che dipende dalla stabilità raggiunta dal nuovo legame.

Se consideriamo la reazione al contrario (dai prodotti ai reagenti), l’energia di attivazione corrisponderà all’energia richiesta per rompere i legami dei prodotti. La differenza fra le due energie di attivazione corrisponde all’energia assorbita o liberata complessivamente dalla reazione e si definisce entalpia (indicata con il simbolo ΔH).


In questa reazione si forma l'intermedio di reazione A-B-C: esso ha uguale probabilità di "cadere" sia verso i reagenti sia verso i prodotti. I prodotti però, trovandosi a un livello più stabile rispetto ai reagenti, non riescono a risalire verso l'intermedio con la sola Eatt
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Metano

Consideriamo la combustione del metano:


CH4 + 2O2 CO2 + 2H2O + ∆H


Per essere innescata essa necessita di una scintilla, che fornisce l’energia di attivazione per avviare la reazione. La reazione così innescata procede da sola fino a combustione completa dei reagenti sprigionando moltissima energia in forma di fiamma (manifestazione del H). La fiamma è la dimostrazione che i prodotti che vanno formandosi (anidride carbonica e acqua) sono più stabili dei reagenti.

IL CALORE NELLE REAZIONI

Poiché il calore è una forma di energia, quasi ogni reazione può essere descritta attraverso il flusso di calore che la caratterizza. Una reazione è definita esotermica se nel suo complesso sprigiona calore: ciò comporta che i prodotti siano più stabili dei reagenti e che ΔH abbia valore positivo. La maggior parte delle reazioni di scissione è esotermica.

La digestione delle molecole del cibo, per esempio, richiede una serie di reazioni in sequenza, in cui l’energia viene estratta dal cibo in forma di elettroni e i prodotti recuperano gli elettroni persi legandosi all’ossigeno proveniente dalla respirazione. L’intero processo libera calore, in parte usato per mantenere stabile la temperatura corporea.

Le reazioni inverse a quelle esotermiche sono definite endotermiche: esse si sviluppano assorbendo calore dall’ambiente. La fotosintesi clorofilliana è un esempio di reazione endotermica e ciò spiega come mai l’ombra di una pianta risulti sempre più fresca rispetto a quella prodotta da un ombrellone. Sono processi endotermici anche lo scioglimento del sale in acqua e tutte quelle reazioni che trasformano gli alimenti sottoposti a cottura. Un esempio biologicamente importante è la formazione dell’ATP: una molecola instabile, prodotta negli organismi proprio per accumulare l’energia proveniente dal cibo in forma chimica (vedi Unità 8, L’energia degli alimenti).

REAZIONI COMPLETE, REAZIONI REVERSIBILI E VELOCITÀ DI REAZIONE

Abbiamo visto che la freccia che figura in una equazione chimica indica la direzione della trasformazione. Quando la trasformazione converte completamente i rea­genti in prodotti, la reazione viene detta completa, ed è rappresentata da un’unica freccia diretta verso i prodotti.

D’altra parte, non tutte le reazioni arrivano a completamento; ci sono casi in cui avvengono contemporaneamente sia la trasformazione che dai reagenti porta ai prodotti sia la reazione inversa, in cui, cioè, parte dei prodotti si trasforma nei reagenti. Reazioni come queste sono chiamate reversibili e sono rappresentate da due frecce di verso opposto.

Inoltre, le reazioni non avvengono tutte in tempi uguali; infatti, possono avere velocità diverse. Più precisamente, si definisce velocità media di una reazione il rapporto tra la variazione di concentrazione di un reagente o di un prodotto e l’intervallo di tempo in cui questa variazione di concentrazione di un reagente o di un prodotto e l’intervallo di tempo in cui questa variazione ha avuto luogo. In una reazione reversibile, se la velocità della reazione in una direzione è uguale alla velocità della reazione inversa viene raggiunto uno stato di equilibrio dinamico.

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EFFETTO DEI CATALIZZATORI

Si definisce catalizzatore qualunque sostanza in grado di aumentare la velocità di una reazione. Un catalizzatore non viene consumato durante la reazione chimica, ma resta disponibile per un nuovo ciclo di reazioni. Minime quantità di catalizzatore sono quindi sufficienti per grandi quantità di reagenti. Dal punto di vista energetico, i catalizzatori esplicano la loro azione abbassando l’energia di attivazione della reazione. Alcuni catalizzatori sono metallici, altri sono biologici, come gli enzimi. Gli enzimi sono particolari proteine, molto comuni negli organismi viventi, in grado di accelerare le reazioni biologiche che, senza di essi, impiegherebbero anni per verificarsi.

La ionizzazione dell’acqua e la scala del pH

L’acqua presenta una debole tendenza a ionizzarsi. Si è verificato sperimentalmente che, qualunque sia la quantità di acqua pura considerata, si ionizza solo una molecola ogni 10 (107) milioni:

La ionizzazione della molecola d’acqua genera quindi un protone H+ e un anione OH, definito ossidrile. I cationi H+, particolarmente reattivi, si legano spontaneamente ad altre molecole di acqua per formare gli ioni ossonio o idronio (H3O+). Nell’acqua pura, la concentrazione degli ioni idronio è uguale a quella degli ioni ossidrile. Questa concentrazione può variare se all’acqua pura si aggiunge una sostanza che si dissocia, rilasciando o accettando ioni H+.

In base alla concentrazione degli ioni H+ presenti, una soluzione può essere acida, basica o neutra: quanto più alta è la concentrazione idrogenionica, tanto più forte è il carattere acido; viceversa, se questa concentrazione risulta bassa, aumenta la basicità della soluzione. Se invece la concentrazione degli ioni H+ eguaglia quella degli ioni OH (ed è il caso, come abbiamo visto, dell’acqua pura) la soluzione è neutra. Il carattere acido o basico delle soluzioni viene misurato con il pH, una scala i cui valori sono compresi tra 0 e 14.

Più forte è l’acidità della soluzione, minore sarà il valore del pH, che risulterà invece più alto se prevarrà il carattere basico. L’acqua, neutra, ha pH 7. Ogni diminuzione di una unità di pH corrisponde a un aumento nella concentrazione di ioni H+ di 10 volte.

In senso più generale, le sostanze acide sono caratterizzate da un sapore acre, diversamente da quelle basiche, in cui prevale invece un sapore amaro. Inoltre, le soluzioni caratterizzate da un pH estremamente acido (pH = 0) o basico (pH = 14) sono pericolose da maneggiare in quanto molto corrosive e reattive, come per esempio l’acido muriatico e la soda caustica.

Misurare il pH

La misurazione del pH può avvenire attraverso l’uso di indicatori o mediante uno strumento chiamato piaccametro. Gli indicatori di pH sono sostanze che assumono colori diversi quando vengono a contatto con un acido o con una base: le variazioni cromatiche dovute a cambiamenti del pH sono fenomeni relativamente frequenti, basti pensare allo schiarimento del tè in seguito all’aggiunta di una sostanza acida come il succo di limone. Valutando il cambiamento di colore degli indicatori, chiamato viraggio, si può risalire al pH della soluzione; gli indicatori possono essere applicati su apposite cartine dette indicatrici universali. Il piaccametro è invece uno strumento elettronico che consente la misura diretta del pH: è sufficiente immergere l’elettrodo nella soluzione per conoscerne il pH.

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ACIDI E BASI

Si definisce acido una sostanza (molecola o ione) che sciogliendosi in acqua libera ioni H+, mentre si definisce base una sostanza capace di accettare ioni H+. Gli acidi presentano alcune caratteristiche comuni: oltre al sapore aspro, corrodono i metalli. Un esempio di acido è l’acido cloridrico (HCl):


HCl + H2O H3O+ + Cl-


Le caratteristiche delle basi sono il sapore amaro, calcareo, e l’essere in genere viscide e saponose al tatto. Un esempio di base è l’ammoniaca (NH3):


NH3 + H2O  NH4+ + OH-


Sono considerati forti i sali che tendono a dissociarsi completamente e deboli i sali che si dissociano solo in minima parte. Sono detti invece neutri i sali che, pur dissociandosi in acqua, lasciano inalterato l’equilibrio H+/OH dell’acqua. È il caso del cloruro di sodio:


NaCl  Na+ + Cl-


Un acido o una base sono definiti forti se in acqua si ionizzano completamente; sono detti invece deboli se si ionizzano solo parzialmente. Riprendendo gli esempi sopraindicati, HCl è un acido forte, mentre NH3 è una base debole.

Le basi del pulito

Nelle industrie alimentari capita spesso di maneggiare liquidi basici, soprattutto per le pulizie. Appartengono a questa categoria l’ammoniaca e la soda caustica, con cui a volte si liberano le tubature idrauliche incrostate.

Le sostanze molto basiche sono aggressive e possono intaccare anche i grassi e i tessuti che costituiscono il nostro organismo. Per questa ragione gli sgrassatori universali vanno maneggiati con molta attenzione: possono “bruciare” la pelle.

La dissociazione ionica

La maggior parte delle reazioni biologiche si svolge in soluzione acquosa, cioè in una soluzio­ne nella quale il solvente è l’acqua. Sotto questo profilo, il nostro organismo può essere visto chimicamente come una sorta di serbatoio in cui avvengono una miriade di reazioni biologiche in soluzione acquosa, a circa 37 °C. Quando si ritrovano nell’acqua, i composti ionici (i sali, gli acidi e le basi) sono accomunati dalla tendenza a separarsi negli ioni che li costituiscono: si dice allora che questi composti vanno incontro a una dissociazione. Il sale cloruro di sodio (NaCl) è un esempio tipico di composto ionico che in acqua si dissocia formando cationi Na+ e anioni Cl.

La chimica organica

La chimica organica studia tutti i composti del carbonio (detti composti organici), tranne gli ossidi del carbonio (CO e CO2) e i loro derivati. Si distingue dalla chimica inorganica, la quale studia invece il comportamento degli elemen­ti chimici e di tutti i composti che non contengono carbonio (detti composti “inorganici“), più gli ossidi del carbonio e i loro derivati. Esistono innumerevoli composti organici diversi, sia di origine naturale sia creati dall’uomo. Quest’abbondanza dipende dal fatto che gli atomi di carbonio possono legarsi l’uno all’altro con grande facilità, creando catene carboniose di lunghezze e forme molto diverse: possono essere lineari, ramificate o cicliche. Alla catena carboniosa possono legarsi vari gruppi di atomi, detti gruppi funzionali, che determinano le proprietà chimiche del composto organico. I composti che hanno lo stesso gruppo funzionale presentano caratteristiche chimiche simili, e ciò consente di riunirli in classi di composti.

Nelle formule razionali, si usa spesso mettere in evidenza solo il gruppo funzionale indicando il resto della molecola con la lettera R. Il metanolo, per esempio, si può scrivere sia CH3–OH sia R–OH.


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