Che cos'è la cottura

 3  LA TECNOLOGIA APPLICATA ALL’ALIMENTAZIONE >> 11. La cottura degli alimenti

Che cos’è la cottura

La cottura di un alimento consiste in un trattamento termico che ne modifica in modo irreversibile le proprietà fisiche e chimiche. Al di là dell’aspetto tecnico, la cottura di cibi e bevande rappresenta un’attività quotidiana che contraddistingue l’uomo, dato che nessun altro organismo vivente ricorre intenzionalmente a tale pratica per nutrirsi.

Cuocere il cibo non è solo una tecnica per renderlo commestibile o più appetibile, ma è il frutto di un retaggio culturale antichissimo che ha contribuito a plasmare il nostro metabolismo e la nostra evoluzione: si ritiene infatti che la possibilità di mangiare cibi cotti, dunque più teneri, abbia permesso la riduzione delle dimensioni della mandibola e dei suoi muscoli, lasciando spazio allo sviluppo del cervello. Al tempo stesso, la disinfezione degli alimenti mediante le alte temperature e la possibilità di digerirli meglio, assorbendone più facilmente i nutrienti, ha migliorato la salute dei nostri antenati e allungato la durata media della loro vita.

Dalla preistoria a oggi, la cottura degli alimenti si è straordinariamente diversificata ed è evoluta con il passare del tempo. La cucina è diventata il luogo in cui i cibi si trasformano nella forma e nella sostanza, in cui si sperimentano nuovi gusti e aromi: una sorta di laboratorio alchemico nel quale la cottura svolge un ruolo fondamentale.

Temperatura e calore

La temperatura è una grandezza fisica attraverso la quale si misura il grado di agitazione termica delle particelle che costituiscono un corpo fisico. Le molecole dell’acqua, per esempio, vibrano molto di più quando sono a temperatura di ebollizione che quando sono congelate, e tale differenza può essere agevolmente misurata con l’ausilio di un semplice termometro. Sulla Terra, anche i corpi apparentemente molto freddi e stabili, come i metalli, mantengono un certo grado di agitazione termica; tale agitazione cessa del tutto solo alla temperatura di –273,15 °C, ovvero la temperatura che approssimativamente viene raggiunta nello Spazio profondo, definita zero assoluto.

Il calore è una grandezza fisica mediante la quale si misura la quantità di energia termica che fluisce attraverso un corpo: per esempio, occorre molto più calore o energia termica per sciogliere un iceberg che un cubetto di ghiaccio, anche se le temperature iniziali e finali sono le stesse. Il calore ceduto o assorbito da un corpo si misura mediante un calorimetro e in tal caso l’unità di misura adottata è il joule (J) o la caloria (cal).

La trasmissione del calore

Durante la cottura il calore può raggiungere l’alimento o per trasferimento o per induzione.

Il trasferimento di calore avviene sempre per propagazione spontanea da un corpo più caldo (la sorgente di calore) a un corpo più freddo, o comunque a temperatura minore, e può avvenire in tre modalità.

  • Conduzione: il calore passa dal corpo caldo a quello freddo per contatto diretto, per esempio durante la cottura di un alimento in padella.
  • Convezione: il calore passa dal corpo caldo a quello freddo sfruttando un fluido come mezzo di propagazione. Per fluido si intende sia un liquido sia un gas, i quali vengono messi in movimento dalla presenza di una sorgente di calore. Ciò accade per esempio cuocendo gli alimenti in acqua, nell’olio o a vapore.
  • Irraggiamento: il calore passa dal corpo caldo a quello freddo sotto forma di onda elettromagnetica, propagandosi in modo rettilineo attraverso l’aria o il vuoto. Ciò si verifica sia nei forni tradizionali (in questo caso le onde sono raggi infrarossi) sia in quelli a microonde.

Nel caso dell’induzione, invece, il calore non viene trasmesso, ma indotto nella pentola grazie a un induttore, ossia una particolare bobina attivata elettricamente. Questa è in grado di generare un campo magnetico che induce delle cosiddette “correnti parassite” all’interno del contenitore posto sulla piastra di cottura, le quali liberano energia sotto forma di calore. Dal punto di vista pratico, la pulizia del piano di cottura risulta agevole, ma l’induzione richiede un significativo consumo elettrico.


Nella conduzione la propagazione del calore avviene per contatto diretto, senza che ci sia spostamento di materia. Nella convezione, invece, la trasmissione di calore è accompagnata da un movimento di materia: nella bollitura, per esempio, le particelle più calde si spostano verso quelle più fredde. Nell’irraggiamento, infine, la propagazione del calore avviene attraverso l’aria.
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Gli effetti della cottura

La cottura implica trasformazioni fisiche e chimiche che hanno numerosi effetti positivi sulle caratteristiche del cibo. Tuttavia, tali trasformazioni possono avere anche ricadute negative, soprattutto quando la cottura dell’alimento non avviene a regola d’arte.

Cuocere un alimento lo rende più facilmente masticabile, ne abbrevia i tempi di digestione e migliora l’assimilazione delle sostanze nutrienti. Questo vantaggio è evidente per cibi come la carne e tutti i derivati dei cereali, come la pasta e il pane, i quali non risulterebbero altrettanto commestibili se non fossero cotti.

Inoltre, le reazioni che avvengono durante il processo di cottura spesso implicano la formazione di nuovi composti chimici che aumentano l’appetibilità del cibo: basti pensare agli aromi liberati da una torta che cuoce nel forno o a quelli che si alzano da una grigliata di carne.

In molti casi, cuocere un alimento rappresenta anche un’efficace strategia per prolungarne la conservazione e migliorarne la sicurezza igienica. Ciò accade perché le temperature che si raggiungono durante la cottura causano la morte di molti microrganismi potenzialmente pericolosi per la salute dell’uomo, oltre che l’inattivazione di tossine termolabili (sensibili al calore) e di fattori antinutrizionali che potrebbero essere presenti nel cibo.

Tempi di cottura eccessivamente lunghi o temperature troppo elevate possono però ridurre il valore nutritivo di un alimento, in particolare inattivandone i principi nutritivi termolabili o diluendo i nutrienti idrosolubili, che possono disperdersi nel liquido di cottura. Inoltre, un’errata cottura di alimenti ricchi di grassi e proteine può portare alla formazione di sostanze tossiche. A contatto con la fiamma, per esempio, il grasso libera una sostanza molto pericolosa, il benzopirene, che si accumula nella carne. In generale, si può affermare che qualunque cibo bruciato è pericoloso per la salute e andrebbe evitato, sebbene talvolta possa sembrare la parte più appetibile. Il benzopirene è un idrocarburo aromatico policiclico (con base C20H12) costituito dalla condensazione di cinque anelli benzenici: ha un’azione cancerogena sull’organismo umano.

Un particolare fenomeno chimico è la reazione di Maillard, dal nome del chimico francese che per primo, agli inizi del Novecento, studiò come gli amminoacidi reagiscono con alcuni zuccheri. A temperature superiori ai 140 °C, egli scoprì che nelle reazioni fra le proteine e i glucidi contenuti negli alimenti si può formare una grande varietà di composti che conferiscono agli alimenti il tipico aspetto abbrustolito e al tempo stesso odori e aromi del tutto nuovi. La crosta del pane, la superficie delle patatine fritte, l’imbrunimento della carne sono proprio il risultato di reazioni di Maillard.


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Le tecniche di cottura

Esistono molti metodi per cuocere il cibo: alcuni prevedono l’uso di acqua, magari sotto forma di vapore, altri quello di grassi, alcuni utilizzano calore secco, altri ancora mescolano soluzioni diverse o si basano sull’impiego di microonde. Ogni metodo ha le sue peculiarità: conoscerle è fondamentale per poter scegliere la tecnica più adatta a ciascun piatto.

COTTURA IN AMBIENTE UMIDO

La cottura in acqua è uno dei metodi più utilizzati per cucinare. La bollitura dell’acqua trasmette il calore agli alimenti per convezione e mantiene una temperatura intorno ai 100 °C. In acqua bollente gli alimenti si inteneriscono, ma perdono anche parte dei loro nutrienti, poiché quelli termolabili si inattivano mentre altri si disperdono nel liquido di cottura. Per evitare di impoverire troppo il cibo è fondamentale conoscere e rispettare i corretti tempi di cottura. In certi casi è proprio il liquido ad arricchire l’alimento, esaltandone il gusto: ciò accade quando l’acqua viene salata, oppure quando la si sostituisce con brodo o con latte.

Un alimento può essere cotto immergendolo in acqua ancora fredda (o tiepida) da portare poi a ebollizione, oppure lo si può immergere in acqua già bollente. Il primo metodo è indicato nel caso in cui si vogliano ottenere dei brodi saporiti in cui sono dissolti i nutrienti provenienti per esempio da verdure o carni. L’immersione in acqua bollente ha invece un effetto sigillante sulla superficie degli alimenti: le proteine si denaturano e formano uno strato leggermente colloso che trattiene all’interno dei cibi le sostanze nutritive, limitandone la dispersione in acqua. Tale tecnica è indicata per pasta e riso, e per alcune preparazioni di carni e verdure.

Talvolta, può essere utile una sbollentatura (o sbianchitura), che consiste nel lasciare un alimento in acqua bollente per breve tempo, per poi scolarlo e raffreddarlo velocemente: tale tecnica risulta utile per rendere pomodori e peperoni più facili da pelare, per addolcire il gusto delle verdure più amare o per disinfettare gli alimenti prima di raffreddarli e conservarli.

Alcune preparazioni richiedono un particolare tipo di cottura chiamato bagnomaria, che prevede l’immersione di un contenitore con il cibo da cuocere in una pentola contenente a sua volta acqua. In questo modo l’acqua bollente avvolge il contenitore più piccolo consentendo una diffusione più uniforme del calore. Tale tecnica è indicata per fondere il cioccolato, preparare creme, salse e budini, ma anche per riscaldare piatti preparati in anticipo.

La cottura a vapore prevede che l’alimento non sia a diretto contatto con il liquido, dal quale lo separano cestelli o griglie. A cuocerlo è, infatti, il vapore generato dall’ebollizione dell’acqua. Quella a vapore è una cottura a convezione indicata soprattutto per cibi poveri di grassi come il pesce e alcune carni, i cereali, i legumi e le uova, e risulta particolarmente salutare: infatti non solo non è necessario usare grassi da condimento ma, rispetto alla cottura in acqua, l’alimento perde meno nutrienti.

La cottura a vapore consente di preservare molti più nutrienti rispetto alla bollitura. Questo genere di cottura spesso avviene in vaporiere elettriche che permettono di cuocere contemporaneamente più alimenti, ottimizzando tempi e consumi. Ma si può cuocere a vapore anche con pentole “normali”, utilizzando appositi cestelli: in commercio si trovano modelli adattabili a diversi diametri. Inoltre, riprendendo una tradizione orientale, anche in Italia si stanno diffondendo i cestelli in bambù applicabili sopra le pentole: sovrapponibili l’uno all’altro, consentono una cottura a vapore “a torre”.

Un particolare tipo di cottura a vapore si ottiene utilizzando la pentola a pressione. Questo tipo di pentola è dotato di un coperchio ermetico che isola termicamente l’ambiente interno da quello esterno. All’interno di queste pentole, la pressione aumenta gradualmente con la temperatura e ciò consente di raggiungere temperature ben oltre i 100 °C e pressioni che aiutano notevolmente la penetrazione del vapore nell’alimento. In tal modo la cottura risulta più efficace e rapida, oltre a trattenere maggiormente i nutrienti all’interno dell’alimento. L’impiego della pentola a pressione è particolarmente indicato quando si desidera cuocere bene l’interno di grossi tagli di verdure e di carni, o per velocizzare la cottura rispetto alle altre tecniche.

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COTTURA NEI GRASSI

Un’altra tecnica di cottura prevede l’utilizzo di grassi come olio, burro o strutto per cuocere gli alimenti. Rispetto all’acqua, i grassi raggiungono temperature molto più elevate (fino a 200 °C) e modificano notevolmente il sapore naturale dei cibi (senza nulla togliere alla loro appetibilità). Esistono due principali tecniche di cottura con l’uso di grassi: la cottura al salto e la frittura.

La cottura al salto, o cottura saltata, prevede di riscaldare in un recipiente scoperto (in genere una padella) uno strato sottile di olio – o qualunque altro grasso alimentare – sul quale si distende l’alimento crudo da cuocere. Si tratta di un tipo di cottura particolarmente veloce e poco laborioso con cui si cucina una gran varietà di alimenti, sia per conduzione che per convezione, poiché il cibo è in parte a contatto con il contenitore e in parte con il grasso.

Si ha una frittura quando l’alimento viene cotto immergendolo completamente nel grasso. Rispetto alla cottura al salto, la frittura richiede più tempo e organizzazione (considerando anche il pericolo rappresentato dall’olio bollente che, solitamente, viene usato in quantità). Spesso la frittura di un alimento è preceduta da una preparazione preliminare che ha lo scopo di conferire particolari caratteristiche al cibo. Infatti si può friggere:

  • al naturale: il cibo è semplicemente immerso nel grasso bollente fino al raggiungimento della cottura; in questo modo si friggono, per esempio, le patate;
  • con infarinatura: prima di essere fritto, l’alimento viene passato nella farina; è la frittura ideale per i molluschi, i piccoli pesci e alcune verdure;
  • con impanatura: è una variante più elaborata dell’infarinatura; prima di essere fritto, l’alimento viene passato nell’uovo sbattuto e poi nel pangrattato (in alcune varianti si ha anche un passaggio nella farina); questo tipo di frittura è utilizzato per molte preparazioni a base di carne;
  • in pastella: prima dell’immersione nel grasso, l’alimento viene passato in una pastella generalmente composta da uova, farina, acqua, latte e birra (ma esistono molte varianti per questa preparazione); è utilizzata per molte verdure, ma anche frutta (per esempio mele e banane) per preparare frittelle dolci.

I cibi cotti nei grassi per convezione sono particolarmente gustosi, ma presentano caratteristiche che dovrebbero renderne il consumo saltuario o per lo meno moderato. Sono infatti molto calorici e difficili da digerire. La scelta del tipo di grasso utilizzato è cruciale. Da un punto di vista dietetico va preferito l’olio di oliva, caratterizzato da una migliore resistenza alle alte temperature. Una buona alternativa è rappresentata dall’olio di arachidi, anch’esso caratterizzato da un alto punto di fumo. È importante che, una volta effettuata la frittura, il grasso non venga usato per cuocere altri alimenti: dopo l’utilizzo, esso deve essere smaltito subito e in modo corretto.

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COTTURA A CALORE SECCO

Nella tecnica di cottura a calore secco il mezzo che trasferisce il calore all’alimento è l’aria. I cibi subiscono generalmente un calo di peso (fino al 35%) per evaporazione dell’acqua contenuta al loro interno. In realtà spesso sono coinvolte le altre modalità di trasmissione termica. Per esempio all’interno di un forno scaldato elettricamente, il calore raggiunge l’alimento sia per irraggiamento dalla serpentina, sia per convezione dell’aria calda nell’ambiente chiuso, sia per contatto diretto (conduzione) dell’alimento quando posto sulla griglia.

Distinguiamo tre grandi tipologie di cottura a calore secco: alla griglia, al forno e allo spiedo.

  • Nella cottura alla griglia, l’alimento viene posto su griglie collocate a breve distanza dalla sorgente di calore, che può essere brace, una serpentina elettrica o una fiamma a gas (se invece la griglia viene riscaldata direttamente si parla di cottura ai ferri o alla piastra). Alle temperature elevate che caratterizzano per esempio la cottura al barbecue vi è il rischio di bruciare parti dell’alimento ed è importante limitare l’uso dei grassi che favoriscono la formazione di sostanze tossiche o cancerogene. Per esempio le carni risultano più sicure se mondate della loro parte grassa (rinunciando tuttavia a una delle componenti più gustose), oppure sottoponendole a una marinatura di erbe, succo di limone e aglio. Un buon consiglio è di procedere a una prima scottatura di breve durata con alte temperature (intorno ai 250 °C) che favorisce la formazione di una crosta, seguita da una cottura prolungata a temperature inferiori (sotto i 200 °C).
  • Nella cottura al forno, a differenza del metodo precedente, è possibile regolare in modo agevole la temperatura desiderata e raggiungere i 250-300 °C. La cottura può essere statica, quando si usa esclusivamente una fonte di calore raggiante (serpentina elettrica o fiamma a gas), oppure con un sistema di ventilazione forzata si inserisce anche la cottura per convezione, accelerando i tempi di preparazione (si raggiungono temperature più alte), sebbene questo metodo tenda ad asciugare e seccare gli alimenti: è dunque consigliabile utilizzarla soprattutto per quei piatti che devono risultare croccanti all’esterno. I moderni forni trivalenti combinano con le tecniche precedenti anche l’impiego del vapore, ottenendo così un ambiente a elevato tasso di umidità. Un discorso a parte merita la gratinatura: in questo caso, infatti, si attua un passaggio in forno a temperatura molto alta per ottenere la doratura di un alimento, innescando la reazione di Maillard. Esempi di cibi gratinati sono gli gnocchi alla romana e la pasta al forno, ma anche pollo, pesce o verdure.
  • La cottura allo spiedo, tipica delle carni e del pesce, prevede che lo spiedo venga posto sopra una fiamma viva. La crosta superficiale che tende a formarsi per la reazione di Maillard facilita la ritenzione di nutrienti e aromi nell’alimento.
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COTTURE MISTE

Le cotture miste contemplano una combinazione di tecniche differenti. Prevedono in linea generale una cottura in contenitori chiusi, a fuoco medio e in presenza di liquidi aggiunti o provenienti dall’alimento. L’ambiente chiuso e umido che si crea favorisce la cottura e contribuisce a trattenere aromi e nutrienti.

La brasatura prevede una rosolatura iniziale dell’alimento, posto al forno con un coperchio, a temperatura elevata (200 °C) e per breve tempo. La cottura prosegue poi a fuoco dolce con l’aggiunta di poco liquido (vino, brodo o semplicemente acqua); ciò consente di ottenere cibi teneri all’interno e consistenti in superficie. Gli alimenti indicati per la brasatura sono tagli di carne rossa, carne bianca e volatili. Quando invece non è prevista la rosolatura iniziale, si parla di stufatura: l’alimento è cotto a fuoco moderato con pochi liquidi e grassi in una pentola chiusa; ciò consente di limitare l’evaporazione e mantenere quasi inalterate le caratteristiche nutrizionali dell’alimento. A differenza della brasatura, questo metodo di cottura è idoneo per spezzatini di carne, pesci, verdure e funghi.

Un’altra cottura adatta a contenere la perdita degli aromi è quella al cartoccio, in cui pesci e verdure interi o a fette sono avvolti in fogli di alluminio (“carta stagnola”) o carta oleata da cucina (“carta forno”) e posti in forno. In questo modo il cibo cuoce nel proprio sugo a temperature fra i 180-200 °C.

Con la cottura in casseruola i cibi sono cotti al forno, a fiamma dolce e in contenitori coperti. I grassi e i liquidi contenuti nell’alimento fuoriescono e sono i principali responsabili della cottura, che poi prosegue a temperatura più bassa, bagnando ripetutamente l’alimento nel proprio sugo.

COTTURA A MICROONDE

Il forno a microonde cuoce gli alimenti per irraggiamento, emettendo onde elettromagnetiche, dette appunto microonde, in grado di penetrare il cibo e aumentare l’energia e la vibrazione delle molecole d’acqua in esso contenute. L’agitazione termica e lo sfregamento delle molecole d’acqua generano calore direttamente all’interno dei cibi. Gli alimenti più ricchi di acqua tendono così a riscaldarsi più velocemente degli altri.

I forni a microonde spesso sono combinati, ossia dotati anche di una serpentina elettrica simile a quelle presenti nei forni tradizionali per innescare anche la reazione di Maillard, senza la quale la pietanza assumerebbe un aspetto bollito, senza rosolatura superficiale.

La cottura a microonde si distingue per la sua rapidità e per il fatto che consente di evitare completamente l’uso di grassi. Richiede però l’impiego di contenitori in materiali che si lascino attraversare dalle microonde, evitando in particolare i metalli che le respingono. Inoltre, è importante coprire con un coperchio l’alimento, in modo che questo non perda troppa acqua, evitando, però, di usare contenitori chiusi ermeticamente.


MATERIALI E COTTURA A MICROONDE
TIPO DI MATERIALE INDICAZIONI D’USO
vetro e porcellana i recipienti in vetro e quelli in porcellana possono essere utilizzati; sui recipienti, però, non devono essere presenti decori metallici
ceramica e terracotta l’uso è sconsigliato: questi materiali potrebbero rompersi durante la cottura; in ogni caso, ceramica e terracotta devono essere smaltate a vetro
plastica per non andare incontro a deformazione, possono essere utilizzate solo tipologie di plastica resistenti a temperature di almeno 140 °C; tali plastiche presentano un’apposita indicazione
metallo (alluminio, acciaio, ferro, ghisa ecc.) l’uso di recipienti metallici dev’essere evitato; i metalli, infatti, riflettono le microonde, danneggiando il forno

Una scoperta casuale

Nel 1945 l’ingegnere statunitense Percy Spencer stava lavorando a un magnetron, strumento che veniva utilizzato nelle apparecchiature radar. A un certo punto si accorse che la barretta di cioccolata che teneva in tasca si era completamente sciolta: subito sospettò che la causa fossero le radiazioni elettromagnetiche emesse dal magnetron. Provò quindi a esporre all’azione di questo strumento dei popcorn e un uovo, che gli scoppiò in faccia… cominciava così la storia del forno a microonde.

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I materiali per la cottura degli alimenti

I recipienti utilizzabili per cuocere gli alimenti possono essere di materiali diversi: dai metalli alla terracotta, dalla porcellana al vetro. A seconda del tipo di alimento da cuocere e della modalità di cottura scelta, è importante saper riconoscere quello più adatto.

ALLUMINIO

L’alluminio è tra i materiali più utilizzati in cucina, grazie alla sua leggerezza e alla buona conducibilità termica. Consente una distribuzione uniforme del calore su tutta la superficie del contenitore, rendendo omogenea la cottura. Il maggiore inconveniente è la facilità con cui gli alimenti tendono ad attaccarsi sul fondo del recipiente, soprattutto quando è poco spesso. L’alluminio è un metallo deformabile e con il tempo il fondo delle padelle tende a incurvarsi a causa della dilatazione dovuta al calore. Inoltre il contatto prolungato con alimenti acidi può determinare la migrazione di particelle di alluminio che, staccandosi dal recipiente, finiscono nel cibo.

Sul mercato, oltre a quelle in alluminio “crudo”, cioè grezzo, si trovano pentole rivestite internamente con materiali che impediscono al cibo di attaccarsi: molto utilizzati sono il PTFE, conosciuto anche come Teflon, e la ceramica.

ACCIAIO

Gli acciai impiegati per realizzare recipienti di cottura sono costituiti da leghe particolarmente resistenti alla corrosione e per questo motivo sono chiamati acciai inossidabili o inox. L’acciaio è più robusto dell’alluminio (e ciò ne facilita la pulizia), ma pesa circa il triplo e dunque risulta meno maneggevole. Inoltre non è un buon conduttore di calore: perciò alle pentole in acciaio spesso si aggiunge un fondo di alluminio che garantisce una distribuzione del calore più uniforme.

Di solito, gli utensili in acciaio vengono utilizzati per cotture a calore umido; anch’essi possono essere rivestiti in materiali antiaderenti, adatti all’uso su piani da cottura o in forno.

RAME

Il rame è tra i metalli che meglio trasmettono il calore e ciò lo rende apprezzatissimo in cucina. Ma è costoso e delicato e, a contatto con gli alimenti (in particolare quelli acidi), può rilasciare sostanze tossiche: per evitare che ciò si verifichi, le pentole in rame vengono stagnate, cioè ricoperte internamente con un sottile strato di stagno o, nel caso degli utensili di ultima generazione, di alluminio o acciaio, con o senza ulteriori rivestimenti antiaderenti.

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FERRO

Il ferro è un metallo robusto che resiste bene alle alte temperature: per questo motivo viene utilizzato nella preparazione di fritti o per la cottura di particolari tagli di carne. Tuttavia, il ferro risulta pesante, non è un buon conduttore di calore e, a contatto con l’acqua, tende ad arrugginirsi. Per contrastare questo problema da tempo si producono anche utensili in ferro smaltato, cioè ricoperto con un sottile strato di smalto.

GHISA

La ghisa è un materiale robusto che trattiene molto bene il calore e lo distribuisce lentamente e in maniera uniforme: è dunque ideale per cotture lunghe e a fuoco basso o alla piastra. La ghisa ha bisogno di più tempo rispetto ad altri materiali per scaldarsi (e per raffreddarsi dopo l’utilizzo); i suoi “difetti” sono il peso elevato e la tendenza ad arrugginirsi, sia pure in modo meno rapido del ferro. Per evitare il problema della ruggine, si possono utilizzare utensili in ghisa rivestiti di materiali antiaderenti.

VETRO

Per cuocere si usa un particolare tipo di vetro resistente agli sbalzi termici e alle alte temperature: è il vetro borosilicato, noto come Pyrex®. Questo materiale è chimicamente inerte (cioè non reagisce in alcun modo a contatto con gli alimenti), dunque è particolarmente indicato per cucinare; tuttavia non è un buon conduttore di calore: si utilizza solitamente per cotture al forno tradizionale o a microonde.

PIETRA OLLARE

La pietra ollare, nota anche come steatite, è una roccia composta soprattutto da talco e magnesite. Usata sia per le piastre sia per le pentole, è ideale per la cottura su fuoco vivo grazie alla sua notevole resistenza alle alte temperature; distribuisce uniformemente il calore e permette di evitare l’uso di grassi di cottura. La pietra ollare è però pesante e delicata: richiede particolari attenzioni soprattutto per la manutenzione e il lavaggio, che deve avvenire senza l’uso di detersivi. Inoltre, si scalda lentamente e altrettanto lentamente si raffredda.

PORCELLANA

La porcellana è un particolare tipo di ceramica che viene cotta a oltre 1000 °C: tra le sue qualità c’è dunque la resistenza alle alte temperature. È un materiale poco poroso e, pertanto, può essere usato in forni tradizionali o a microonde; bisogna però evitare il contatto diretto con la fiamma, altrimenti si rischierebbe la rottura del recipiente. Per ovviare a questo inconveniente, in genere si possono utilizzare appositi frangifiamma da posizionare sul fornello.

TERRACOTTA

La terracotta non è un buon conduttore di calore. Per questo motivo viene impiegato per cotture lente e a fuoco basso, come per la preparazione di risotti, zuppe o minestre. La terracotta è porosa, quindi tende ad assorbire e mantenere gli odori dei cibi: affinché ciò non accada, le pentole vengono solitamente smaltate nella parte interna, cioè quella a contatto con gli alimenti. Si tratta anche di un materiale molto fragile e delicato: è consigliabile non esporlo alla fiamma diretta, ma usare sempre un frangifiamma.

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SILICONE

Il silicone a uso alimentare è un materiale che può essere impiegato in un ampio intervallo di temperature, da –40 a +250 °C; si presta a essere utilizzato sia nei forni tradizionali sia in quelli a microonde. La sua flessibilità lo rende ideale per realizzare stampi e per la preparazione di torte e sformati. Prima dell’utilizzo gli utensili in silicone vanno lavati con cura, così da ridurre eventuali rilasci di sostanze chimiche. Per evitare questo pericolo è fondamentale utilizzare solo prodotti di buona qualità.

Legislazione e materiali

L’Unione Europea è più volte intervenuta per regolamentare i materiali e gli oggetti destinati a entrare in contatto con gli alimenti. Particolarmente significativo è il Regolamento CE n. 1935/2004. Esso stabilisce che tutti i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto, direttamente o indirettamente, con i prodotti alimentari devono essere sufficientemente inerti da escludere il trasferimento ai cibi di sostanze in quantità tali da costituire un pericolo per la salute umana e non devono comportare una modifica inaccettabile della composizione dei prodotti alimentari. Parallelamente, l’Unione Europea e i governi nazionali europei hanno diffuso regolamenti e linee guida dedicati specificamente all’utilizzo di vari materiali, in particolare plastiche e metalli. Un elenco completo delle norme vigenti è disponibile sul sito del Ministero della Salute: www.salute.gov.it.

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Percorsi di scienza degli alimenti
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