La contaminazione biologica

 3  LA TECNOLOGIA APPLICATA ALL’ALIMENTAZIONE >> 10. La contaminazione degli alimenti

La contaminazione biologica

Gli alimenti costituiscono un terreno di crescita e di propagazione ideale anche per una grande varietà di organismi viventi potenzialmente patogeni, ma la loro ingestione assieme al cibo non costituisce necessariamente motivo di preoccupazione grazie alle numerose linee di difesa di cui dispone il nostro corpo: la masticazione, i succhi gastrici, il microbiota intestinale e il sistema immunitario rappresentano in condizioni normali ostacoli efficaci contro i potenziali danni che questi organismi possono arrecare alla salute.

Alcuni organismi dispongono tuttavia della capacità di superare tali barriere e di causare disturbi più o meno gravi all’organismo, rendendoli a tutti gli effetti dei contaminanti biologici patogeni. Rispetto alla contaminazione chimica, quella biologica tende a provocare patologie acute che, in diversi casi, si risolvono da sole senza l’ausilio dei farmaci.

Fra gli agenti biologici rientrano i prioni, i virus, i batteri con le loro tossine e i parassiti (unicellulari e pluricellulari). Infine vanno citati i molti insetti, volatili, piccoli e grandi mammiferi che intervengono sia come vettori che come serbatoi intermedi di microrganismi o parassiti.


AGENTE CONTAMINANTE PATOGENO DIMENSIONI PATOLOGIA GENERICA ESEMPIO DI PATOLOGIA
prioni inferiore a 10 nm encefalopatia TSE
virus inferiore a 100 nm (0,1 μm) virosi epatite A
batteri fra 0,2 e 30 μm infezione, tossinfezione salmonellosi, shigellosi
tossine batteriche inferiore a 10 nm intossicazione botulismo, colera
parassiti (unicellulari e pluricellulari) da decine di μm a oltre il metro infestazione toxoplasmosi, giardiasi, anisakidosi
artropodi e vertebrati (insetti, animali domestici e da allevamento) dimensioni varie oltre il cm veicoli di patogeni  

Prioni

I prioni sono delle particelle proteiche presenti nel tessuto cerebrale degli animali che possono assumere spontaneamente una conformazione tridimensionale anomala. Non appena si forma un prione anomalo, esso stimola altri prioni simili nelle vicinanze a cambiare conformazione, generando una reazione a catena. I prioni anomali tendono poi a polimerizzare fra loro formando fibrille proteiche che bloccano le normali funzionalità delle cellule nervose. Nel cervello delle specie colpite si formano dei tipici vacuoli che danno un aspetto “spugnoso” al tessuto nervoso, da cui il nome di encefalite spongiforme attribuito a questa malattia dal decorso sempre fatale.

I prioni anomali sono estremamente resistenti e difficili da denaturare e mantengono la capacità infettiva anche dopo che l’animale in cui si sono formati muore. Se altri animali di specie uguale o affine si nutrono della sua carne, rischiano anch’essi di essere contagiati dall’encefalite spongiforme trasmissibile (TSE). Molte varianti della TSE (come la BSE bovina e la scrapie ovina) sono sospettate di essere trasmissibili per via alimentare anche all’uomo (in cui la TSE è definita morbo di Creutzfeldt-Jakob) a causa della somiglianza molecolare fra i prioni di questi animali e quelli umani.

Nel 1986 in Inghilterra esplose un’epidemia di TSE fra i bovini, causata dai mangimi che contenevano farine di carne contaminata da prioni anomali. I sintomi di demenza manifestati dalle vacche contagiate furono definiti “sindrome della mucca pazza”. La crescita dell’epidemia di TSE fu fermata grazie all’introduzione, a partire dal 1988, del divieto di utilizzo di farine di carne e ossa di ruminanti per l’alimentazione del bestiame.

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Virus

In termini semplici, i virus sono delle “scatole” poliedriche di proteine (capside), talvolta avvolte da una membrana lipidica (pericapside), contenenti al loro interno un filamento di DNA o di RNA che costituisce il genoma virale. Per replicarsi, queste forme di vita estremamente elementari devono necessariamente infettare delle cellule eucariote o batteriche. L’infezione virale è specie-specifica: questo significa, per esempio, che i virus che hanno per bersaglio le cellule umane non contaminano altri animali. In vari casi tuttavia si è assistito al cambiamento della specie bersaglio a causa di una mutazione del DNA virale.

Una volta riconosciuta la cellula bersaglio, il virione (ossia il singolo virus) vi libera all’interno il proprio acido nucleico. Sfruttando i complessi molecolari della cellula, il genoma virale si replica e avvia la sintesi delle proprie proteine. Le proteine virali e le nuove copie di acidi nucleici si assemblano poi spontaneamente per formare molteplici cloni del vibrione iniziale. Infine la cellula infettata si lacera e libera all’esterno i nuovi virioni, i quali potranno immediatamente infettare altre cellule vicine. Un singolo virione è dunque sufficiente per dare inizio a una virosi.

Le virosi di origine alimentare sono causate da un ristretto gruppo di virus (Rotavirus, Norovirus, epatite A ed E) e si trasmettono seguendo un ciclo oro-fecale, cioè per contaminazione indiretta del cibo da parte di liquami infetti.

La trasmissione oro-fecale

La trasmissione oro-fecale è una delle modalità di trasmissione di alcune malattie infettive i cui agenti patogeni presenti nell’intestino – e dunque nelle feci – di un individuo giungono nel cavo orale di un altro individuo, sano, attraverso vari veicoli o vettori. Tale individuo, contagiato a sua volta, diventa così un nuovo incubatore dell’agente patogeno.

I passaggi possibili per un virus, un batterio o un parassita da un intestino infetto a uno sano sono riassunti in inglese dalle 7F: attraverso le feci (faeces), il contatto con le dita (fingers), i rapporti sessuali (fornication), le superfici e gli oggetti infetti (fomites), il cibo contaminato (food), le acque (fluids) e gli insetti, in particolare le mosche (flies). Un tipico esempio di trasmissione oro-fecale si verifica impiegando acqua o concime contaminati nelle coltivazioni di piante destinate al consumo umano o al foraggio.

Percorsi di scienza degli alimenti
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