L'energia in entrata

 2  ALIMENTAZIONE E CORPO UMANO >> 8. L’energia degli alimenti

L’energia in entrata

Qualunque sostanza solida, liquida o gassosa rappresenta una forma di energia che, in determinate condizioni, può essere convertita in calore e di conseguenza misurata. Questo avviene anche per gli alimenti.

Negli animali la digestione, il successivo assorbimento e le reazioni cellulari trasformano gli alimenti ingeriti nell’energia che li mantiene in vita. Tale energia si esprime poi nelle reazioni chimiche dell’organismo, nei movimenti che compie e, in ultimo, nel calore che emana.

Abbiamo visto che solo le macromolecole forniscono energia e, riuscendo a quantificare l’energia che contengono, potremmo attribuire un preciso valore di energia a ogni alimento che entra nel nostro organismo. Prima di tutto, però, occorre disporre di una unità di misura adeguata per valutare l’energia contenuta nel cibo.

Nel Sistema Internazionale (SI) l’unità di misura dell’energia è il joule (J). Nella scienza della nutrizione, tuttavia, quando si parla di energia, l’unità di misura maggiormente utilizzata è la chilocaloria (kcal), che corrisponde alla quantità di calore necessaria a innalzare di 1 °C la massa di 1 kg di acqua distillata (da 14,5 °C a 15,5 °C). Vale la seguente corrispondenza:


1 kcal = 4,186 J


Ci si può riferire alla chilocaloria usando l’espressione “grande caloria”, abbreviata Cal. Le unità di misura Cal e kcal sono quindi equivalenti.

L’equivalenza tra calore e lavoro: l’esperimento di Joule

Intorno alla metà dell’Ottocento, il fisico inglese James Prescott Joule riuscì a dimostrare che il lavoro meccanico si può convertire completamente in calore e che perciò anche il calore è una forma di energia. Arrivò a questa conclusione grazie a un esperimento in cui impiegò un dispositivo che in suo onore venne chiamato mulinello di Joule. Joule pose un mulinello a palette, formato da un sistema di ingranaggi mossi da pesi, in un contenitore pieno d’acqua a una determinata temperatura e isolato termicamente. Quando i pesi si abbassano, il lavoro meccanico compiuto dal sistema fa ruotare le palette e questa rotazione comporta un aumento della temperatura dell’acqua. Osservando questo fenomeno, Joule concluse che tutto il lavoro si era trasformato in calore. Il fisico inglese riuscì anche a determinare l’equivalente meccanico del calore, ossia il fattore numerico che permette di passare dal lavoro compiuto dal sistema al calore prodotto, e gli attribuì il valore di 4,186 J: ossia, sono necessari 4,186 j di energia meccanica per innalzare di 1 °C la massa di 1 kg di acqua.

La bomba calorimetrica di Berthelot-Mahler

L’energia chimica, ovvero l’energia contenuta nei legami chimici delle grosse molecole organiche, non è misurabile direttamente, ma è possibile quantificarla ricorrendo alla bomba calorimetrica. In questo dispositivo i nutrienti sono sottoposti a combustione e si trasformano in ceneri, vapore acqueo e soprattutto calore. L’energia termica sprigionata durante la combustione dei nutrienti si trasferisce prima alla scatola di metallo che li contiene, detta camera di combustione, e in seguito all’acqua circostante.

Il campione di cui si vuole misurare il valore energetico, per esempio 1 g di proteine, si posiziona dentro la camera di combustione. In seguito si applica dall’esterno una corrente elettrica che attraversa il campione in modo da attivarne l’accensione, quindi la combustione e infine l’incenerimento. Il calore liberato dalla combustione si trasmette alle sottili pareti di platino (metallo ad alta conducibilità termica) della camera di combustione e da qui all’acqua circostante, in cui un agitatore in lento movimento assicura la distribuzione uniforme del calore. Attraverso un termometro si valuta infine il corrispondente aumento di temperatura.

Quanto più il campione contiene energia, tanto più farà salire la temperatura dell’acqua.

Nella seguente tabella sono elencati alcuni esempi di valori ottenuti bruciando un grammo di sostanza nutritiva con la bomba calorimetrica.


NUTRIENTI carboidrati proteine grassi alcol (etanolo)
KCAL/GRAMMO 4,1 5,6 9,5 7,1

I valori elencati rappresentano l’energia totale contenuta in ciascuna sostanza nutritiva. Tali valori si ottengono appunto quando la combustione è totale e non lascia che ceneri. Nel calorimetro, infatti, si svolge una combustione, il processo chimico in cui i nutrienti sono bruciati completamente e l’ossigeno atmosferico viene consumato e incorporato nei prodotti di reazione, che si riducono così a CO2 e H2O:


nutrienti + O2 CO2 + H2O + calore


In vivo, cioè nel nostro organismo, l’ossidazione dei principi nutritivi non avviene per combustione, come nel caso della bomba calorimetrica, ma procede per successive ossidazioni parziali. Le proteine, per esempio, non vengono ridotte interamente a CO2 e H2O, ma il processo si arresta a prodotti di rifiuto (urea) che contengono ancora una certa energia, e non vengono ulteriormente degradate ma espulse con le urine. I bilanci energetici dei due processi non sono quindi del tutto equivalenti: la combustione calorimetrica genera più energia dell’ossidazione svolta dall’organismo.

Va infine considerato che per risalire al valore calorico netto, ossia l’apporto energetico effettivamente a disposizione dell’organismo, i dati sperimentali devono essere corretti per il coefficiente di assorbimento dei principi nutritivi. Il cibo introdotto nell’organismo, infatti, non viene sempre assorbito completamente, a causa della presenza delle fibre che riducono sia il tempo di permanenza degli alimenti nell’intestino, sia la capacità di assorbimento da parte dell’organismo. In particolare, la percentuale di assorbimento di carboidrati e lipidi è di circa il 97-98%, per le proteine circa il 90% mentre per l’alcol il 100%. Sulla base di queste considerazioni, si può assumere che, in media, per ogni grammo di nutriente assunto si ottengono i valori calorici riportati nella seguente tabella.


NUTRIENTI carboidrati proteine grassi alcol (etanolo)
KCAL/GRAMMO 4 4 9 7

Valori calorici netti dei macronutrienti.


Il contenuto calorico dei singoli macronutrienti e quello complessivo di alcuni alimenti, assieme ad altri dati numerici relativi al loro profilo nutrizionale, sono stati raccolti, verificati e pubblicati dall’INRAN (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione). Esistono dunque delle tabelle calorimetriche che riportano il contenuto energetico dei più svariati alimenti.

Anche sulle etichette degli alimenti confezionati si trovano delle tabelle nutrizionali contenenti lo stesso tipo di dati (vedi Unità 13, La filiera, le etichette e gli imballaggi), ma in tal caso è l’azienda produttrice a farsi garante delle informazioni riportate.

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IL CALCOLO CALORICO DEGLI ALIMENTI

Il contenuto energetico complessivo di un alimento può essere ricavato direttamente bruciandone una quantità nota all’interno di una bomba calorimetrica. In alternativa, si può risalire all’energia complessiva di un alimento ricavandola dall’energia associata a ogni macronutriente: basta infatti disporre del peso in grammi di ciascuna sostanza nutritiva presente nell’alimento e moltiplicarlo per il suo valore calorico netto.

Attraverso il calcolo calorico è possibile pertanto stabilire quanta energia contiene un alimento prima ancora di assumerlo. Si può procedere allo stesso modo per determinare l’energia fornita da tutto ciò che viene ingerito nell’arco di una giornata e avere un quadro preciso degli introiti energetici quotidiani.

L’idea che il controllo dell’alimentazione sia una delle chiavi più importanti per garantire il benessere di un individuo è ormai comunemente accettata. Sempre più spesso i dietologi richiedono ai pazienti di redigere un diario alimentare in cui annotare il peso di tutto ciò che mangiano e insegnano loro a usare le tabelle caloriche, affinché prendano coscienza dell’energia presente all’interno del cibo e si abituino a considerare il controllo dell’alimentazione un timone di buona salute.

L’ossidazione dei nutrienti

Come abbiamo visto, il processo attraverso cui l’organismo, a livello cellulare, degrada le grandi molecole organiche assimilate con la digestione per ricavarne energia è definito ossidazione e avviene appunto in presenza di ossigeno. L’apporto costante a ogni singola cellula sia di nutrienti sia di ossigeno avviene attraverso il circolo sanguigno. Durante l’ossidazione, l’ossigeno finisce incorporato nei prodotti di reazione. La CO2 è il principale fra questi prodotti e, diffondendo nel sangue, passa nei polmoni per essere espulsa in fase di espirazione.

Così come gli atti respiratori di una persona avvengono incessantemente, anche l’ossidazione delle molecole organiche e la conseguente produzione di energia non si interrompono mai. Il nostro organismo, infatti, produce di continuo energia, anche quando non ci stiamo nutrendo, e non smette mai di consumare energia, anche quando siamo a riposo. Questo implica che l’organismo deve disporre di scorte di “combustibile” da ossidare tra un pasto e l’altro, e queste sono contenute nei tessuti adiposo (lipidi), epatico e muscolare (glucidi e proteine).

IL RUOLO DELL’ATP

In termini generali, tutte le reazioni che portano alla produzione delle nuove molecole di cui necessita il nostro organismo avvengono grazie all’energia prodotta con l’ossidazione. Si verifica così un trasferimento di energia chimica tra le reazioni cataboliche che liberano energia e quelle anaboliche che la assorbono.

La molecola che agisce da tramite per tale trasferimento è l’ATP (adenosintrifosfato), costituito da una base azotata (l’adenina), un glucide (il ribosio) e tre gruppi fosfato (Pi) legati in sequenza. Questa molecola viene prodotta soprattutto all’interno dei mitocondri, per unione di un ADP (adenosindifosfato) con un gruppo fosfato.

L’energia liberata dall’ossidazione dei macronutrienti viene in parte usata dall’organismo per produrre moltissime molecole di ATP, secondo la reazione:


ADP + Pi + energia ATP


L’ATP è dunque una molecola con un contenuto energetico superiore alla forma ADP. Ogni ATP può successivamente cedere questa energia acquisita trasferendo il proprio Pi a una molecola organica, secondo la reazione inversa:


ATP ADP + Pi (legato a una molecola)


La molecola che riceve il Pi si ritrova a sua volta in uno stato energetico più elevato e può pertanto essere usata in reazioni che altrimenti risulterebbero energeticamente svantaggiose.

Nel suo complesso il trasferimento di energia mediato dall’ATP non è molto efficiente: in effetti, sia quando il Pi viene aggiunto all’ATP, sia quando viene rimosso da esso, buona parte dell’energia chimica (quasi il 50%) viene dispersa in forma di calore. Tuttavia, tale calore viene utilizzato per mantenere costante la temperatura corporea. Questo processo di produzione di calore è detto termogenesi.

Per la sua funzione di navetta fra reazioni cataboliche e anaboliche l’ATP può essere considerata una “moneta” energetica: tutte le reazioni biologiche possono infatti avere un costo in molecole di ATP consumate, oppure generare un guadagno in molecole di ATP prodotte. Per esempio, la degradazione completa di una molecola di glucosio (composto in cui tutti i nutrienti devono essere convertiti per essere impiegati dalla cellula per produrre energia) produce un massimo di 38 molecole di ATP, mentre la sintesi di una molecola di urea ne richiede 4.

Dopo l’assunzione di un pasto, solo una parte di glucosio è utilizzata dalle cellule per le richieste di energia a breve termine (tra cui la sintesi di ATP), mentre la parte in eccesso viene accumulata nei tessuti di riserva: principalmente nel fegato e nei muscoli, sotto forma di glicogeno. Ne consegue che l’assunzione di nutrienti oltre il necessario non si traduce immediatamente in una quantità maggiore di energia sotto forma di ATP, ma in un maggior accumulo dei nutrienti nei tessuti di riserva.

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