L'acqua

 1  LE BASI SCIENTIFICHE DELL’ALIMENTAZIONE >> 4. I micronutrienti

L’acqua

L’acqua condivide con i micronutrienti propriamente detti la caratteristica di non apportare energia, ma a differenza delle vitamine e dei sali minerali deve essere assunta in grandi quantità per assicurare il corretto funzionamento dell’organismo. Del resto, l’acqua permea tutti gli organismi viventi ed è in assoluto la sostanza in assenza della quale la vita stessa non sarebbe possibile.

Le proprietà chimico-fisiche dell’acqua

La molecola dell’acqua (H2O) è costituita da due atomi di idrogeno e uno di ossigeno. Essendo più elettronegativo dell’idrogeno, l’ossigeno tende ad attirare a sé gli elettroni dei legami. Esso risulta in questo modo parzialmente negativo, mentre i due atomi di idrogeno restano parzialmente deprivati del loro unico elettrone, assumendo una debole carica positiva. A causa dunque della distribuzione non uniforme degli elettroni, la molecola dell’acqua si presenta come un dipolo, con due poli opposti, come nelle calamite.

Quando più molecole d’acqua si trovano vicine le une alle altre, tra esse si creano interazioni elettrostatiche: l’ossigeno di una molecola attrae l’idrogeno di un’al­tra molecola, formando un cosiddetto legame idrogeno. Questo legame è debole e può rompersi e riformarsi con estrema facilità. La polarità della molecola e la capacità di formare legami a idrogeno determinano il comportamento chimico e fisico dell’acqua:

  • l’acqua è un ottimo solvente di composti ionici e polari, come gli alcoli, i monosaccaridi, i sali e alcune proteine; i lipidi, essendo generalmente idrofobi, non sono solubili in acqua;
  • se confrontata ad altre sostanze meno polari, l’acqua ha un più elevato punto di fusione (0 °C) e di ebollizione (100 °C); i legami a idrogeno fra le molecole tendono infatti a vincolarle, limitandone la mobilità e la tendenza ad allontanarsi le une dalle altre, anche quando viene loro somministrato calore (energia termica);
  • l’acqua deve assorbire notevoli quantità di calore per scaldarsi ed evaporare: ciò vuol dire che possiede un elevato calore specifico e un elevato calore latente di evaporazione; sono proprio queste caratteristiche a far sì che la temperatura complessiva del pianeta, ma anche dell’interno di un organismo, sia costante;
  • la densità massima dell’acqua è a +4 °C: ciò significa, tra l’altro, che nella struttura del ghiaccio le molecole di acqua sono più distanziate e occupano maggiore volume rispetto allo stato liquido; di conseguenza il ghiaccio ha una minore densità e galleggia sull’acqua.
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L’ACQUA NEGLI ALIMENTI

Negli alimenti di origine animale e vegetale l’acqua può essere presente in due forme: legata o libera.

Si definisce acqua legata quella le cui molecole occupano posizioni ben definite all’interno del reticolo cristallino dei solidi e della struttura di altre macromolecole; una volta legata, l’acqua perde le sue caratteristiche chimico-fisiche, in particolare la possibilità di agire come disperdente, solvente o emulsionante per altre sostanze. L’acqua legata è detta anche acqua di cristallizzazione.

L’acqua libera occupa invece gli spazi interstiziali, costituendo il mezzo o l’ambiente in cui avvengono tutte le reazioni biologiche. Semplificando, rappresenta l’acqua che può essere “spremuta via” da un alimento e la sua quantità è nettamente superiore alla frazione legata. Detta anche acqua d’imbibizione, essa costituisce la maggior parte dell’acqua presente nel cibo.

Più un alimento contiene acqua libera, più i suoi nutrienti risultano diluiti e più la sua consistenza sarà liquida. Al contrario, la quantità di acqua libera può ridursi fino ad avere degli alimenti del tutto secchi e solidi. La concentrazione di acqua libera negli alimenti viene misurata attraverso un indice definito Aw, dall’inglese water activity, ossia attività dell’acqua. L’indice Aw varia fra i valori 0 (alimento totalmente secco o liofilizzato) e 1 (alimento molto liquido). La quantità di acqua libera presente in un alimento rappresenta un fattore importante per valutarne la conservabilità (vedi Unità 12, Alterazione e conservazione degli alimenti). In termini generali, più alto è il valore Aw di un alimento, maggiore sarà l’acqua disponibile per la proliferazione dei microrganismi e dunque minore la sua possibilità di conservazione.

CONTENUTO D’ACQUA IN ALCUNI ALIMENTI (% RISPETTO ALLA PARTE EDIBILE)
0-1% 2-10% 10-20% 20-40% 40-60% 60-80% > 80%
olio biscotti farine pane gelati carne ortaggi
zucchero frutta secca legumi secchi formaggio grana formaggi freschi pesce frutta fresca
sale pop-corn miele pizza salumi uova latte
cioccolato fondente noci pecan pasta tortellini freschi crema di latte tartufo nero verdura

L’ACQUA NELL’ORGANISMO UMANO

In condizioni fisiologiche normali, il contenuto idrico totale di un organismo varia in funzione del sesso e dell’età: nel neonato arriva fino al 75% del peso corporeo, nell’uomo adulto oscilla fra il 51 e il 61%, mentre nella donna adulta può variare tra il 45 e il 57%. La disparità idrica fra i sessi dipende dalla maggior percentuale di massa grassa (25-28%) nelle donne.

Acqua intracellulare ed extracellulare

Nell’adulto, l’acqua totale corporea (ATC) è distribuita per il 67% all’interno delle cellule a formare il citosol, o liquido intracellulare (LIC), e per il restante 33% all’esterno delle cellule a costituire il liquido extracellulare (LEC), comprendente il liquido interstiziale, il plasma e la linfa.

L’acqua totale corporea è stimabile con la seguente formula:


Le membrane biologiche sono liberamente permeabili all’acqua. Quando i liquidi intracellulari ed extracellulari hanno la stessa concentrazione di soluti, non si verifica uno spostamento di acqua, e si dice che i due ambienti sono isotonici. Questo è ciò che accade in condizioni normali. In caso contrario potrebbe verificarsi o un flusso netto di acqua in uscita dalla cellula, che la farebbe avvizzire, o un flusso d’acqua in ingresso che la porterebbe letteralmente a scoppiare.

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Funzioni dell’acqua nell’organismo umano

L’acqua è un nutriente fondamentale e lo dimostra il fatto che possiamo sopravvivere solo pochi giorni senza assumerla.

All’interno degli organismi svolge numerose funzioni:

  • rappresenta il solvente in cui avvengono tutte le reazioni biologiche;
  • regola il volume cellulare;
  • contribuisce alla termoregolazione corporea;
  • rende possibile il trasporto di nutrienti e la rimozione di scorie metaboliche;
  • svolge funzioni idratanti e lubrificanti;
  • consente l’assorbimento di urti meccanici.

L’acqua assunta come bevanda, inoltre:

  • favorisce i processi digestivi;
  • è fonte di sali minerali naturalmente disciolti in essa;
  • agisce come diluente delle sostanze introdotte nell’organismo.
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Fabbisogno e bilancio idrico

Affinché il contenuto idrico dell’organismo rimanga costante, è importante mantenere un equilibrio tra l’assunzione e la perdita d’acqua. Si definisce fabbisogno idrico la quantità di acqua indispensabile a mantenere in pareggio il bilancio quotidiano fra “entrate” e “uscite” d’acqua: tale bilancio a sua volta è chiamato bilancio idrico.

Il fabbisogno idrico dipende dal tipo di alimenti ingeriti, dall’età, dalle condizioni ambientali, dall’attività svolta e dallo stile di vita dell’individuo. I quantitativi d’acqua raccomandati dai LARN sono per gli adulti 1 ml d’acqua per ogni kcal assunta e per i bambini 1,5 ml/kcal. Il neonato, in particolare, necessita di elevate quantità di acqua poiché la notevole velocità dei processi metabolici determina un rapido ricambio idrico.

La maggior parte dell’acqua utilizzata dall’organismo proviene dalle bevande e dagli alimenti. Tale acqua è definita esogena. Essa viene poi assorbita nello stomaco e lungo tutto il canale digerente fluendo spontaneamente all’interno dei vasi sanguigni, dove la concentrazione di soluti è maggiore. Se per esempio si beve acqua di mare, la cui concentrazione salina è di circa 35 g di NaCl per ogni litro, l’acqua tenderà a fluire in senso inverso, ossia dai tessuti circostanti all’interno del canale digerente, causando una rapida disidratazione.

L’organismo è in grado di ricavare acqua anche per via endogena. L’acqua endogena è quella prodotta dall’organismo a ogni atto respiratorio. In ogni cellula, infatti, l’ossigeno proveniente dai polmoni è utilizzato per ossidare i macronutrienti (in particolare il glucosio), allo scopo di produrre energia in forma di ATP. Nella reazione di ossidazione del glucosio, si nota che fra i prodotti di reazione compare l’acqua:


C6H12O6 + 6O2 6CO2 + 6H2O + 38 ATP


Dall’ossidazione di 1 g di glucidi, durante la respirazione cellulare, si generano 0,6 g di acqua, mentre da 1 g di proteine 0,4 g, e da 1 g di acidi grassi 1,07 g di acqua.

Le perdite idriche avvengono per lo più per via renale, vale a dire sotto forma di urina. Ogni giorno i reni producono circa 180 litri di filtrato; la maggior parte di questi viene riassorbita dal sangue, il resto (circa 1,5 litri) viene escreto come urina. La quantità di urina eliminata varia soprattutto in relazione allo stato di idratazione della persona. I reni, infatti, hanno la capacità di controllare il volume di liquido escreto oltre che la concentrazione di soluti disciolti.

Il corpo perde acqua anche attraverso vie extrarenali, indipendenti dalla somministrazione idrica: le principali sono la traspirazione, la sudorazione e la defecazione. La traspirazione è la perdita di vapore acqueo da parte di un tessuto biologico: si tratta dell’acqua persa attraverso la respirazione (acqua espirata) e di quella persa attraverso la cute per evaporazione. È un fenomeno continuo di cui non si è consapevoli, la cui intensità cambia notevolmente in relazione a fattori esterni (temperatura e umidità ambientali) e individuali (attività fisica, metabolismo personale, temperatura del corpo). Basti considerare che quando la temperatura esterna passa da 24 a 31 °C, la perdita di vapore acqueo arriva a raddoppiare.

Molto variabile è anche la quantità d’acqua persa con la sudorazione. Sudorazione ed evaporazione dell’acqua dalla cute sono fondamentali per la termoregolazione corporea, in quanto consentono di sottrarre al corpo il calore in eccesso.

Una modesta parte di acqua è anche persa attraverso la defecazione: in condizioni fisiologiche normali, con le feci si perdono in media 100-150 ml di acqua.

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Il meccanismo della sete e l’ormone antidiuretico

Per mantenere il proprio bilancio idrico, l’organismo è in grado di regolare le entrate e le uscite di acqua attraverso il meccanismo della sete e della diuresi.

Il meccanismo della sete è controllato dall’ipotalamo, una struttura cerebrale in cui vengono elaborate risposte automatiche a molti stimoli (fame, sete, sonno, temperatura, sessualità). In quest’area si trova un gruppo di cellule nervose, formanti il cosiddetto centro della sete, che attivano o spengono lo stimolo della sete in base alla quantità di ioni (in particolare Na+) presenti nel liquido extracellulare. Tale meccanismo di allerta tende a desensibilizzarsi negli individui anziani, i quali sono maggiormente esposti a rischi di disidratazione, poiché avvertono meno lo stimolo della sete.

L’eliminazione di acqua attraverso i reni, ossia la diuresi, è invece controllata dalla concentrazione sanguigna della vasopressina, nota anche come ormone antidiuretico (ADH). La vasopressina è prodotta dall’ipotalamo e liberata nel sangue a livello dell’ipofisi, un’importante ghiandola posta al centro della massa cerebrale. Quando raggiunge i reni, l’ADH determina un parziale riassorbimento dell’acqua e le urine diventano di conseguenza più concentrate.

Lo stimolo della sete e l’attività dell’ormone antidiuretico concorrono a riequilibrare la pressione osmotica dei liquidi corporei.

La disidratazione

Nelle situazioni in cui i meccanismi di controllo della sete e della diuresi falliscono nel mantenere l’equilibrio idrico nel corpo, in breve tempo si manifestano disturbi molto acuti. L’organismo umano ha infatti una tolleranza molto ridotta alle variazioni idriche: con una diminuzione del 2% dell’acqua corporea il volume del plasma sanguigno diminuisce, i meccanismi di termoregolazione possono interrompersi e la temperatura aumentare improvvisamente fino al sopraggiungere di un collasso.

A livello fisiologico, quando diminuisce l’acqua nel plasma sanguigno, esso diviene più concentrato e richiama l’acqua dagli spazi interstiziali e dalle cellule, con alterazione dell’equilibrio ionico (fuoriuscita di K+ dalle cellule ed entrata di Na+). L’ossigeno e i nutrienti presenti nel sangue non possono più raggiungere le cellule e si perdono rapidamente energie (rallenta la produzione di ATP).

La situazione si aggrava ulteriormente se la temperatura ambientale è alta. In queste condizioni l’organismo non riesce più a espellere acqua (e quindi a disperdere il calore in eccesso) tramite la sudorazione. La temperatura corporea inizia a salire velocemente, anche oltre i 40 °C, con conseguente rischio di svenire per un colpo di calore.

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