I colori dell’Antropologia

inevitabilmente si perdono senza lasciare traccia. Come le preghiere in ebraico che il narratore non sa più recitare. La memoria degli uomini è fragile. Tutto lotta contro la memoria: le parole, tutte le parole, anche le più solenni, sono puro fiato, si perdono nell aria, sembra aggiungere il racconto. Un secondo senso dell apologo riguarda certamente, di riflesso, la scrittura e l uso dei libri, o del Libro, come è naturale che sia nella tradizione ebraica, e il suo rapporto con la memoria. Si pensa subito alle tradizioni orali: alla loro fragilità, al modo che hanno di scomparire, perché sono sostenute soltanto dal fiato di coloro che raccontano. [ ] Chi racconta è mortale sembra dire l io narrante la sua memoria viva si perde nella polvere, o nell incomprensione. Il narratore stesso è la prova che i dettagli del rito si perdono [ ]. Però, conclude il narratore, anche lui continua a onorare Dio. [ ] Lo fa raccontando come è scomparsa la preghiera, che lui non può più recitare. Qui il testo [ ] traccia invece una prima distinzione nell ambito delle parole dette: tra ciò che si può raccontare, le storie, e parole di ordine diverso, che vanno rivolte, in modo solenne, direttamente a Dio. Alcune parole sono fatte per raccontare, altre per celebrare, sembra aggiungere l apologo hasidim, e insieme offre la più bella prova che solo il narrare, non il rito e le sue esotiche funzioni, fanno memoria. [ ] Eppure [ ] sembra che ci sia qualcosa in questa storia che ne contraddice il contenuto manifesto. [ ] Quella storia non è solo narrazione di qualcosa, da padre a figlio, generazione dopo generazione. anche qualcosa di molto diverso. In realtà è anche una preghiera, raccontata per onorare Dio. [ ] Questa che si rivela essere la storia di una preghiera scomparsa dalla memoria conserva, proprio grazie al suo carattere ironico, che ne accresce l ambiguità, una sua efficacia performativa. Basta raccontarla, e si trasforma in preghiera. Chi narra celebra Dio: la narrazione e la recitazione rituale che sono i due grandi rami delle tradizioni orali si trovano in questa storia in ammirevole equilibro. [ ] per questa ragione che, proprio quando il narratore dichiara che tutto si perde, dice invece che qualcosa di essenziale resta. [ ] dunque [ ] l atto di celebrare, e non il contenuto della storia, a persistere nella tradizione. [ ] Questa storia è perfetta anche per un altra ragione: [ ] perché è una storia raccontata a voce sulla fragilità della parola detta, e così mette contemporaneamente in luce una relazione stretta tra memoria e oblio. [ .] La stessa ambigua relazione che si stabilisce tra parola che narra e parola che celebra, tra storia e preghiera, si riflette nella relazione tra memoria e oblio: una preghiera dimenticata sta in una storia che il narratore non dimentica. [ ] Solo la storia è rimasta nella sua mente. Eppure, quella stessa storia può essere fluida, instabile, contestata, o piena di lacrime. Quel che resta [ ] qui e ora, sta solo nella preghiera che, in forma implicita, contiene. Rispondi 1. Quali sono le riflessioni dell autore circa il tema della memoria nella tradizione orale? 2. Qual è il rapporto tra storia e preghiera così come emerge dall esempio dell apologo hasidim? 3. Prova a spiegare, con parole tue, la contraddizione di cui si parla nel testo: come può l atto di narrare una preghiera scomparsa trasformarsi in preghiera? 4. Che cosa intende secondo te l autore quando scrive che la storia ha un efficacia performativa ? Come si collega questo punto a quello che hai imparato sulle funzioni sociali e rituali del linguaggio? unità 6 | Linguaggi e forme espressive | 255

I colori dell’Antropologia
I colori dell’Antropologia
Secondo biennio e quinto anno del liceo delle Scienze umane