Classe di letteratura - volume 3B

Glossario Antonomasia Figura retorica consistente nel sostituire il nome di una persona o di una cosa con un appellativo o una perifrasi che lo identifichi inequivocabilmente. Esempi: il giullare di Dio per indicare san Francesco; «dove stanno le vecchie e nuove Atlantidi (E. Sanguineti, Ballata della guerra, v. 3), a indicare le città scomparse . Apocope Caduta di una vocale finale e in generale di uno o più fonemi al termine di una parola (dir per dire, son per sono, gran per grande). Apodosi In grammatica, proposizione principale che è in correlazione con una subordinata condizionale (detta protasi ) e costituisce con essa il cosiddetto periodo ipotetico . Esempio: «se tu cedi / come un ombra la spoglia [ ] / chi ti proteggerà? (E. Montale, A mia madre, vv. 5-8). Apostrofe Figura retorica per la quale chi parla interrompe la forma espositiva del suo discorso per rivolgere direttamente la parola a concetti personificati, a soggetti assenti o scomparsi, o anche al lettore. Quando è accompagnata da toni violenti, ironia o sarcasmo, è detta invettiva . Esempi: «Romagna solatìa, dolce paese, / cui regnarono Guidi e Malatesta, / cui tenne pure il Passator cortese, / re della strada, re della foresta (G. Pascoli, Romagna, vv. 57-60); «come vorrei che intorno / andassi tu, canzonetta (G. Caproni, La gente se l additava, vv. 18-19). Argomentazione Nella logica, un insieme ordinato di proposizioni, una delle quali è posta come dedotta dalle altre. La proposizione dedotta si dice conseguente o conclusione ; quella o quelle da cui è dedotta antecedente ; il vincolo di dipendenza tra conseguente e antecedente conseguenza . Asindeto Figura sintattica che consiste nella mancanza della congiunzione fra due o più termini in stretta coordinazione, per es., veni, vidi, vici (Cesare). Si adopera per maggiore efficacia espressiva. Esempi: «una casa apparì sparì d un tratto ; «s aprì si chiuse, nella notte nera (G. Pascoli, Il lampo, vv. 5 e 7). Assonanza Forma di rima imperfetta, consistente nel chiudere due o più versi successivi con parole contenenti le stesse vocali a cominciare da quella accentata fino alla fine, mentre le consonanti sono diverse (ma per lo più di suono simile). Esempi: fame e pane, agosto e conosco, lento e tempo. Si ha invece un a. atona quando è identica solo la sillaba (o le sillabe) dopo la vocale accentata, che è però diversa. Esempi: amare e dolore, umile e simile. B Ballata La b. italiana antica è un componimento poetico di origine popolare, collegato con il canto e la danza (detto anche canzone a ballo ) e perciò costruito metricamente in modo che le sue parti corrispondano ai movimenti di questa e ai motivi di quello. Lo schema tipico della b. è costituito di versi o tutti endecasillabi o endecasillabi misti con settenari , così: XY YX // AB AB BC CX + ritornello. In questo schema i primi 4 versi rappresentano il ritornello (detto anche ripresa ); gli altri 8, che formano la stanza , sono distribuiti in 3 parti, ossia 1° (A B) e 2° (A B) piede e volta . La volta si allaccia dunque ai piedi per mezzo della rima del primo verso e ha la stessa struttura del ritornello cui è legata con la rima dell ultimo verso. A una stanza segue il ritornello, poi un altra stanza e così via. Le stanze sono generalmente 4, ma può esservene anche una sola. In base al numero di versi che costituiscono la ripresa, sono stati individuati differenti tipi di ballata: se la ripresa è di un solo verso (monostica) si parla di ballata minima (o piccola qualora il verso sia endecasillabo); con una ripresa di 2 versi si ha una ballata minore ; 3 versi, una ballata mezzana . La ballata di riferimento, con una ripresa di 4 versi, è detta anche ballata grande . Bisticcio Artificio stilistico, usato per raggiungere effetti di comicità o per sfoggio d ingegno, consistente nel mettere accanto parole di suono simile, dello stesso significato o, più spesso, di senso diverso e contrastante. Esempio: «la nostra prole, i nostri polli molli, che ti ballano e ti bollo- no, al sole soli (E. Sanguineti, L ultima passeggiata, 3, 1). Anche, gioco di parole basato sull identità dei suoni e la varietà del senso senza tener conto dell ortografia. Esempio: «Erano i capei d oro a l aura sparsi (F. Petrarca, Canzoniere, 90, 1), dove «a l aura può significare insieme all aria e a Laura . C Canzone La più antica forma metrica della lirica d arte nella letteratura italiana. Trasse origine dalla cans provenzale e subì nel tempo varie modifiche fino agli Stilnovisti e a Petrarca, che fu il modello fondamentale. Era accompagnata dalla musica. Dante la definì la più alta forma della poesia volgare, e per primo ne espose le leggi. La c. che, da Petrarca, è detta anche petrarchesca è composta di un numero indeterminato di strofe o stanze (in genere, tra 5 e 7); la stanza di un numero indeterminato di endecasillabi o endecasillabi e settenari , variamente disposti e rimati tra loro. Le stanze successive seguono lo schema della prima. Nel suo pieno sviluppo la stanza si compone di 2 parti, fronte e sirma (o sirima, coda): la fronte è costituita di 2 parti uguali metricamente, dette piedi ; anche la sirma può essere composta di 2 parti uguali, dette volte . Il passaggio dalla fronte alla sirma si chiama chiave o diesi. La serie delle stanze si chiude su un commiato o congedo , nel quale il poeta si rivolge alla c. per darle qualche ammonimento o inviarla a qualcuno. Esempio: Chiare, fresche et dolci acque (F. Petrarca, Canzoniere, 126, 1). Canzonetta Componimento poetico derivato dalla canzone , con minor numero di stanze , versi più brevi, in cui sono frequenti le rime sdrucciole , d argomento e tono più leggeri e d andamento ritmico mosso, in genere musicato per una o più voci. Cesura Nella metrica classica, pausa nel corso del verso, coincidente con la fine di una parola all interno di un piede ; se cade in fine di parola e in fine di piede si chiama dieresi. Nella metrica accentuativa moderna, pausa all interno di un verso, propria di ogni 867

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Dalla Prima guerra mondiale a oggi