Classe di letteratura - volume 3B

Glossario verso maggiore del settenario . La c. divide il verso in 2 parti dette emistichi ; esistono versi a c. fissa, come il quinario accoppiato, il martelliano (settenario doppio), il dodecasillabo, nei quali occupa sempre la stessa posizione, e versi a c. mobile, come il settenario e l endecasillabo , nei quali può occupare posizioni diverse contribuendo al variare del ritmo del verso. Esempio: «Autunno. // Già lo sentimmo venire, / [ ] / il miglior tempo // della nostra vita / e lungamento // ci dice addio (V. Cardarelli, Autunno, vv. 1 e 11-12). Chiasmo Figura retorica consistente nell accostamento di due membri concettualmente paralleli, in modo però che i termini del secondo siano disposti nell ordine inverso a quelli del primo (posizione incrociata), così da interrompere il parallelismo sintattico. Esempi: «con tonfi spessi e lunghe cantilene (G. Pascoli, Lavandare, v. 6); «la chiamò, la chiamò per nome in cielo. / Allora anch io per nome la chiamai (G. d Annunzio, Stabat nuda Aestas, vv. 15-16); «del suo e mio tesoro, [ ] / delle mie e sue pene (C. Rebora, Dall imagine tesa, vv. 22-24). Chiave In metrica, verso (più comunemente detto diesi) che nella canzone petrarchesca lega la fronte alla sirma ; anche il verso che, lasciato senza rima nella sirma della prima stanza della canzone, è rimato con un verso che nella coda delle stanze successive si trova sempre nel medesimo posto. Climax Figura retorica, detta anche gradazione o gradazione ascendente, consistente nel passare da un concetto all altro, o nel ribadire un concetto unico con vocaboli sinonimi via via più efficaci e intensi, o più genericamente nel disporre i termini di una frase in ordine crescente di valore e di forza. Esempi: «la terra ansante, livida, in sussulto; / il cielo ingombro, tragico, disfatto (G. Pascoli, Il lampo, vv. 2-3); «il coraggio, l audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali (F.T. Marinetti, Fondazione e manifesto del Futurismo). Congedo Stanza finale di una canzone o di una sestina , detta anche commiato. Consonanza Accordo delle sillabe finali, che forma la rima ; talora s in- 868 tende per c. l uguaglianza delle sole consonanti nella terminazione di due parole (per es., mare e dolore; padre e leggiadro), contrapposta all assonanza in cui sono identiche solo le vocali. Correlativo oggettivo Procedimento poetico teorizzato dal poeta T.S. Eliot e successivamente sviluppato da Montale, in virtù del quale un emozione o una sensazione del poeta viene espressa e rappresentata nel testo poetico attraverso una serie di oggetti concreti o una situazione particolare, senza che sia necessaria alcuna ulteriore spiegazione. Esempio: «la bussola va impazzita all avventura / e il calcolo dei dadi più non torna (E. Montale, La casa dei doganieri, vv. 8-9). Attraverso i correlativi oggettivi della «bussola impazzita e del «calcolo dei dadi che «non torna viene espresso il senso di smarrimento del poeta. D Decasillabo Verso composto di 10 sillabe metriche, la cui varietà con accenti ritmici sulla 3ª, 6ª e 9ª sillaba, senza cesura è molto orecchiabile. Esempio: «Soffermàti sull àrida sp nda (A. Manzoni, Marzo 1821, v. 1). Nell uso antico, ripreso dai Romantici e poi da Pascoli, è spesso nella forma di un doppio quinario con cesura fissa dopo il primo quinario . Esempio: «Al mio cantuccio, // donde non sento (G. Pascoli, L ora di Barga, v. 1). Deittico Che designa con evidenza, con precisione; in particolare, riferito a pronome o aggettivo, sinonimo di dimostrativo. Con significato più ampio, in linguistica, elementi o fattori d., quelle che servono a situare l enunciato nello spazio e nel tempo, e a precisare chi sia il soggetto parlante e quello ascoltante. Esempio: «Di questa poesia / mi resta / quel nulla (G. Ungaretti, Il porto sepolto, vv. 4-6). Diegesi Nel linguaggio della critica strutturalista, la linea del racconto, nel suo svolgimento essenziale (in un opera letteraria, teatrale, cinematografica e simili). Nella più stretta accezione narratologica indica la parte di racconto in cui è preponderante la narrazione da parte del narratore in opposizione alla mimesi . Discorso indiretto Comporta una riformulazione delle parole o delle frasi proprie o altrui. Si può presentare come proposizione oggettiva o interrogativa indiretta, sia esplicita sia implicita. Nel passaggio dal discorso diretto a quello indiretto si verificano alcuni cambiamenti: la 1ª e la 2ª persona (singolare e plurale) del discorso diretto diventano rispettivamente la 3ª singolare e la 3ª plurale; le interiezioni, i vocativi, le formule di saluto e alcuni tratti colloquiali scompaiono, perché non possono essere riprodotti, se non con perifrasi . Discorso indiretto libero Riporta un discorso in forma indiretta, ma con alcune caratteristiche specifiche. A differenza di quanto accade di solito nel discorso indiretto , non è introdotto da verbi come dire , sostenere , affermare , dichiarare ecc. Come invece accade sovente nel discorso diretto, spesso presenta al suo interno interiezioni, esclamazioni, avverbi di luogo e tempo, frasi interrogative dirette, frasi ellittiche e vari costrutti tipici del parlato, mentre i tempi verbali più usati sono l indicativo imperfetto e il condizionale passato, che permettono una maggiore vicinanza di chi scrive a ciò che si racconta. Molto in voga nella prosa narrativa tra Ottocento e Novecento, il discorso indiretto libero ha lo scopo di riferire in 3ª persona le parole e i pensieri di un personaggio, combinandoli con quelli della voce narrante. Esempi: «Ormai! Che doveva importargli delle stramberie dell avvocato? Ma se fosse vero? Eh, via! Ma infine, se fosse vero? (L. Capuana, Il marchese di Roccaverdina, cap. 8); «Un violinista! Se era vero ch egli sonava tanto bene, io semplicemente, ero un uomo distrutto. Almeno non avessi sonato io quell instrumento o non mi fossi lasciato indurre di sonarlo in casa Malfenti (I. Svevo, La coscienza di Zeno, cap. 5). E Ellissi Figura retorica che consiste nell omissione, in una proposizione, di uno o più elementi che si possono

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Dalla Prima guerra mondiale a oggi