T1 - Il compagno

Il compagno / T1 / Lo scialle andaluso / I sentimenti di due adolescenti / Inserito nelle raccolte Il gioco segreto (1941) e Lo scialle andaluso (1963), il racconto viene pubblicato per la prima volta nel 1940 sulla rivista Oggi . Audio LETTURA 5 10 15 20 25 30 Ero un ragazzo di tredici anni, scolaro di ginnasio: fra tanti miei compagni né belli né brutti, ce n era uno bellissimo. Egli era troppo ribelle e pigro per essere il primo della classe; ma, tutti lo vedevano, il minimo sforzo gli sarebbe bastato per diventarlo. Nessuna delle nostre intelligenze si rivelava, come la sua, limpida e felice. Il primo della classe ero io; avevo l indole poetica e, pensando al compagno, mi veniva fatto di chiamarlo Arcangelo. A rievocarlo con questo nome, rivedo i suoi capelli dorati e piuttosto lunghi, la curva delle sue guance che si accordava così gentilmente con quella delle sue labbra, l orgogliosa luce degli occhi. Risento perfino la sua risata piena d infantile abbandono: simile ad un acqua rimasta limpida attraverso tutti questi anni. Il compagno era così viziato dalla natura, che nessuno di noi dubitava lo fosse anche dalla fortuna. La sua superbia era legittima, certo egli era il più ricco di noi tutti. Aveva i capelli ben pettinati, graziose cravattine, e i libri di scuola rilegati con un bel cartone rosso lucido. Nessuno di noi si presumeva degno di essere ammesso alla sua casa; che, senza averla vista, ci figuravamo regale. Tutti i giorni veniva a prenderlo una donna che, a quanto egli stesso ci disse, era la sua serva. Alta e riservata, superba si sarebbe detto, ella aveva le guance pallide, le palpebre sbattute di chi dorme poco la notte, e una treccia così splendida e pesante da parer d oro massiccio: raccolta in crocchia1 sulla nuca, secondo il costume delle popolane. I due si scambiavano un sorriso; in cui vedo oggi una complicità; poi la donna, con l umile sollecitudine di una serva appunto, prendeva la cartella dalle mani del compagno. E se ne andavano insieme verso quella dimora mai vista, su cui fantasticavo. Sebbene io fossi il primo della classe, e non lui, mi empivo2 di fierezza quand egli mi chiamava col mio nome di battesimo Augusto, invece di chiamarmi col cognome, come faceva con gli altri scolari. Un giorno (il compagno era stato invitato alla cattedra per essere interrogato), alcuni di noi si accorsero subito che il suo viso era diverso. C era nei suoi occhi una specie di spavento furtivo. Pareva uno, io pensai con pietà, che nell uscire ha lasciato a casa un ospite feroce il quale, nella sua assenza, può infuriare3 sulle cose amate. Alla prima domanda del professore, fissò sulla cattedra quegli occhi stupefatti; poi scoppiò in uno strano pianto. Strano perché non liberatore e spontaneo, come quello degli altri fanciulli dell età sua; ma faticoso, amaro come quello degli 1 crocchia: tipo di acconciatura che arrotola la trec- cia e la fissa sul retro del capo. 2 mi empivo: mi colmavo, mi riempivo. 3 infuriare: infierire, scatenarsi rabbiosamente. Le parole valgono ginnasio La parola ginnasio viene dal greco gymnòs, nudo (da cui anche il verbo gymnàzno, fare esercizi ginnici ), perché nell antica Grecia indicava il luogo dove 740 / IL SECONDO NOVECENTO E GLI ANNI DUEMILA i giovani si esercitavano, nudi, nei giochi atletici. Nell ordinamento italiano, è la scuola che prepara gli studenti vestiti, però! al triennio del liceo classico. Il ginnasio era diviso in un triennio inferiore e in un biennio superiore: il primo fu assorbito, nel 1962, dalla scuola media unica, mentre il biennio (IV e V ginnasio) resiste ancora oggi (almeno in alcuni istituti) per indicare il primo biennio del liceo classico. Conosci altri sostantivi italiani che derivano dalla stessa radice greca?

Classe di letteratura - volume 3B
Classe di letteratura - volume 3B
Dalla Prima guerra mondiale a oggi