T3 - Il Buon Dio appeso alla forca (E. Wiesel)

Raccontare la Shoah PERCORSI NEL 900 Il Buon Dio appeso alla forca / T3 / Elie Wiesel 5 10 15 20 25 30 35 Ormai non mi interessavo ad altro che alla mia scodella quotidiana di zuppa, al mio pezzo di pane raffermo. Il pane, la zuppa: tutta la mia vita. Ero un corpo. Forse ancora meno: uno stomaco affamato. Soltanto lo stomaco sentiva il tempo passare. Una settimana dopo, rientrando dal lavoro, vedemmo in mezzo al campo, sul posto dell appello, una forca dipinta di nero. Apprendemmo che la zuppa sarebbe stata distribuita soltanto dopo l appello. Questo durò più a lungo del solito. Gli ordini vennero dati in un modo più secco degli altri giorni e l aria aveva strane risonanze. «Scopritevi! , urlò improvvisamente il capo del campo. Diecimila berretti si alzarono contemporaneamente. «Copritevi! . Diecimila berretti ricaddero sui crani con la rapidità del lampo. La porta del campo si aprì. Apparve un reparto di SS e ci circondò: una SS ogni tre passi. Dalle torrette le mitragliatrici erano puntate verso il piazzale dell appello. «Temono dei disordini , mormorò Juliek.1 Due SS si erano dirette verso la prigione. Tornarono scortando il condannato. Era un giovanotto, di Varsavia. Aveva tre anni di concentramento alle spalle. Era un ragazzo forte e ben piantato, un gigante in confronto a me. La schiena alla forca, il volto verso il suo giudice, era pallido, ma sembrava più emozionato che spaventato. Le mani incatenate non gli tremavano. Gli occhi contemplavano freddamente le centinaia di SS e le migliaia di prigionieri che gli erano intorno. Il capo del campo si mise a leggere il verdetto, scandendo ogni frase: «In nome di Himmler 2 il detenuto N ha rubato durante l allarme Secondo la legge paragrafo il detenuto N è condannato alla pena di morte. Che sia un avvertimento e un esempio per tutti . Nessuno si mosse. Io sentivo battere il mio cuore. Le migliaia di uomini che morivano quotidianamente ad Auschwitz e a Birkenau nei forni crematori avevano cessato di turbarmi, ma questo qui appoggiato a quella forca, questo qui mi sconvolgeva. «Finirà presto questa cerimonia? Ho fame , bisbigliava Juliek. A un cenno del capo del campo il Lagerkapo 3 si avvicinò al condannato. Due prigionieri lo aiutavano nel suo lavoro, per due scodelle di zuppa. Il kapò voleva bendargli gli occhi, ma lui rifiutò. Dopo un lungo attimo di attesa il boia gli mise la corda intorno al collo e stava per far segno ai suoi aiutanti di togliergli la seggiola di sotto i piedi, quando il condannato si mise a urlare, con voce forte e calma: «Viva la libertà! Maledico la Germania! Maledico! Male . 1 Juliek: un ebreo polacco, violinista nell orchestra del campo. uno dei compagni del protagonista del romanzo, l io narrante sotto le cui fattezze si cela la figura dell autore. 2 Himmler: comandante supremo delle SS, Heinrich Himmler (1900-1945) fu tra il 1938 e il 1945 uno dei maggiori responsabili della politica nazista in patria e nei paesi occupati, oltre che, dal 1943, ministro degli Interni del Reich. 3 Lagerkapo: nel gergo dei campi di con- 496 / IL SECONDO NOVECENTO E GLI ANNI DUEMILA centramento, era un prigioniero responsabile dell ordine e della disciplina nelle singole baracche, e organizzava il lavoro degli altri prigionieri all interno e fuori del campo, ricorrendo in genere a metodi coercitivi particolarmente violenti.

Classe di letteratura - volume 3B
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Dalla Prima guerra mondiale a oggi