Classe di letteratura - volume 3B

60 tronde, ci siamo presto accorti che non siamo senza scorta: è una strana scorta. un soldato tedesco, irto d armi: non lo vediamo perché è buio fitto, ma ne sentiamo il contatto duro ogni volta che uno scossone del veicolo ci getta tutti in mucchio a destra o a sinistra. Accende una pila tascabile, e invece di gridare «Guai a voi, anime prave ci domanda cortesemente ad uno ad uno, in tedesco e in lingua franca,10 se abbiamo danaro od orologi da cedergli: tanto dopo non ci servono più.11 Non è un comando, non è regolamento questo: si vede bene che è una piccola iniziativa privata del nostro caronte. La cosa suscita in noi collera e riso e uno strano sollievo. 10 lingua franca: sempre Levi spiega che «era un rudimentale gergo misto di italiano, francese, greco, arabo ecc., che fin verso il 1700 veniva usato da marinai e mer- canti nei porti del Mediterraneo. Qui è da intendersi come un confuso miscuglio di tedesco e d italiano . 11 tanto dopo non ci servono più: la fra- Un inferno di violenza e di morti L universo concentrazionario viene descritto come una sorta di inferno dantesco, caratterizzato sin dall inizio da comportamenti animaleschi (barbarici latrati, r. 2; rabbia vecchia di secoli, r. 3) e, più avanti, dalla sensazione, da parte del narratore, di un inesorabile discesa (Troppo tardi, troppo tardi, andiamo tutti «giù , r. 55). Guai a voi, anime prave (rr. 59-60) la citazione ripresa dal canto III dell Inferno (v. 84) recante le parole di Caronte, il quale apostrofa aspramente le anime che si affollano sulla riva dell Acheronte è il primo di una serie di riferimenti danteschi che costelleranno tutto il romanzo. In tale contesto i comportamenti più aggressivi, violenti e aberranti rappresentano la normalità quotidiana (e allora con un solo colpo in pieno viso lo stesero a terra; era il loro ufficio di ogni giorno, rr. 20-21). Non c è alcuna Provvidenza divina che regoli i destini degli uomini, ma è soltanto il cieco caso a decidere della vita e della morte (Entravano in campo quelli che il caso faceva scendere da un lato del convoglio; andavano in gas gli altri, rr. 32-33). I valori della ragione e dell umanità vengono negati, come nota indirettamente lo scrittore quando parla, per antifrasi, della palese [ ] necessità storica di mettere a morte i bambini degli ebrei (rr. 34-35) o del degenere macchinista tedesco (rr. 38-39) che mosso a pietà, con un gesto che infrange le regole a cui normalmente si attengono i nazisti convinti procura un po di acqua tiepida per fare il bagno alla piccola Emilia. La bambina è una delle prime vittime, come evidenzia il fatto che il suo ritratto sia lugubremente incastonato tra il verbo morì (r. 34) e il sostantivo morte (r. 39). L obiettività dei testimoni Con Se questo è un uomo Primo Levi intende rendere partecipe chi legge delle atrocità subite in prima persona. Per farlo adotta un approccio cronachistico, scevro di ogni retorica e moralismo, e per questo ancora più efficace nella denuncia dell orrore. Si tratta di un opzione stilistica che si basa su motivazioni precise, enucleate dallo stesso autore in un appendice scritta nel 1976 per un edizione del se non è pronunciata dal soldato; si tratta piuttosto di un amara considerazione di Levi. libro destinata alle scuole: «Come mia indole personale, non sono facile all odio. Lo ritengo un sentimento rozzo e animalesco, e preferisco che invece le mie azioni e i miei pensieri, nel limite del possibile, nascano dalla ragione. [ ] Per questo motivo, nello scrivere questo libro, ho assunto deliberatamente il linguaggio pacato e sobrio del testimone, non quello lamentevole della vittima né quello irato del vendicatore: pensavo che la mia parola sarebbe stata tanto più credibile ed utile quanto più apparisse obiettiva e quanto meno suonasse appassionata; solo così il testimone in giudizio adempie alla sua funzione, che è quella di preparare il terreno al giudice. I giudici siete voi . Ma la sobrietà e l asciuttezza non sono peculiarità solo della scrittura di Primo Levi. Anche altre testimonianze della Shoah vengono rese con semplicità, con una calma dimessa che può apparire, dall esterno, impassibilità. come se la materia che si sta per descrivere potesse sfidare l incredulità del lettore solo attraverso una lucida essenzialità, senza concessioni all emotività e alla retorica, senza soprattutto tradire lo sconvolgimento che avviene nell animo di chi ha visto e ora scrive. Dio è morto? La notte di Elie Wiesel Tali caratteristiche possono essere colte anche nel brano seguente, tratto da La notte, un racconto in francese dello scrittore statunitense di lingua francese, ma nato in Romania, Elie Wiesel (1928-2016), sopravvissuto alla terribile esperienza dei lager nazisti. Con uno stile laconico che rasenta l impersonalità vi si descrivono due condanne a morte nel campo di Buna (uno dei campi del complesso di Auschwitz): quella di un giovane polacco, che sembra inizialmente non suscitare contraccolpi negli altri detenuti, ormai rassegnati alla morte e quasi privati di umano sentimento, e quella di un ragazzino. Di fronte al patibolo, riaffiora però lo strazio a lungo nascosto nel silenzio: i compagni non possono trattenere più le lacrime e, vittime di un male che ha corroso l idea stessa di umanità e di civiltà, si chiedono dove sia Dio, se si può ancora credere in lui, se dopo Auschwitz la fede sia ancora ammissibile. PERCORSI NEL 900 / RACCONTARE LA SHOAH / 495

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Dalla Prima guerra mondiale a oggi