2 - Tra impegno e disimpegno: la cultura italiana durante

| 2 | TRA IMPEGNO E DISIMPEGNO: LA CULTURA ITALIANA DURANTE IL FASCISMO Fare i conti con la dittatura Dopo la guerra e l avvento del fascismo, la militanza degli intellettuali cambia drasticamente, costretta a fare i conti con la politica culturale di un regime dittatoriale che condanna ed epura le voci critiche o dissidenti. Infatti, mentre si conclude il periodo eroico del Futurismo, il sovversivismo intellettuale rientra fatalmente nei ranghi. Ma il pressoché generalizzato ritorno all ordine non è solo conseguenza della coercizione e della censura. Il fascismo riesce infatti a mettere in atto una strategia di gratificazione e di coinvolgimento degli intellettuali che Giolitti non era stato capace di realizzare. La fabbrica del consenso Attraverso la fondazione di enti, accademie e istituti il regime fascista tenta di assegnare all uomo di cultura visibilità e centralità nell assetto dello Stato, restituendogli così un rapporto privilegiato con il pubblico e, in generale, con la società. Si va dalla Reale Accademia d Italia (l organismo più autorevole, che vanta al proprio interno nomi quali Enrico Fermi, Filippo Tommaso Marinetti, Pietro Mascagni, Luigi Pirandello, Giuseppe Ungaretti, e alla cui presidenza si alternano, tra gli altri, Guglielmo Marconi, Gabriele d Annunzio e Giovanni Gentile) ai Carri di Tespi (per il teatro); dalle strutture giovanili universitarie (i Guf, Gruppi universitari fascisti, con le loro competizioni nelle diverse discipline, dette Littoriali della cultura e dell arte) al ministero della Cultura popolare (il cosiddetto Minculpop); passando per la miriade di agenzie, istituti e organizzazioni, tutti o quasi di nuova fondazione, in cui l esercito degli intellettuali trova impiego e soddisfazione (economica e sociale): l Istituto Luce, la Scuola nazionale di cinematografia, Cinecittà, la radio e il cinema controllati dallo Stato , imprese editoriali di risonanza internazionale quali l Enciclopedia italiana, fondata e finanziata dall industriale Giovanni Treccani ma diretta da un intellettuale organico al fascismo e di fama europea quale il filosofo Giovanni Gentile. Un fascismo critico Si tratta, naturalmente, di strutture e iniziative finalizzate a garantire il consenso al regime, ma ciò non toglie che l articolata poli- tica culturale fascista dia all intellettuale la sensazione di partecipare attivamente alla politica, sfruttando non di rado gli esigui spazi di libertà concessi per assumere un atteggiamento di fronda (cioè di opposizione interna) o dare voce a un più o meno aperto malcontento. Desiderosi di rifiutare la torre d avorio del disimpegno, molti letterati, per lo più giovani, non rinunciano all idea di una missione civile della letteratura, e si riuniscono in riviste per rivendicare il carattere rivoluzionario e antiborghese del fascismo delle origini e osteggiarne la progressiva involuzione conservatrice. Protetti da possibili ritorsioni da Giuseppe Bottai, un gerarca particolarmente sensibile alla cultura, molti di questi intellettuali (Elio Vittorini, Vasco Pratolini, Romano Bilenchi, ma l elenco potrebbe continuare) saranno poi protagonisti della cultura del secondo dopoguerra su posizioni di sinistra, continuando non senza dolorosi disincanti, come vedremo ad affermare l autonomia del lavoro artistico e la libertà di pensiero. La scelta del silenzio Non tutti i letterati, tuttavia, accettano il compromesso dettato dall opportunismo o da una reale convinzione ideologica con la dittatura. Alcuni scrittori scelgono la linea, per così dire, dell assenza o del disimpegno. Teorizzando una sorta di limitazione dell orizzonte dell arte, essi intendono separarla dalle contaminazioni della politica e della società. Preferiscono, insomma, non partecipare, ignorando le sirene del fascismo e rifiutando di essere integrati nei suoi apparati, pur senza fare aperta professione di antifascismo. Anche in questo caso, sono le riviste a raccogliere gli artisti che, in nome della dignità e dell indipendenza della cultura, ripiegano su una produzione letteraria consacrata esclusivamente al culto della bella pagina. L estraneità a ogni visione artistica impegnata e d avanguardia si traduce anche in precise scelte di poetica: Vincenzo Cardarelli, Emilio Cecchi e Riccardo Bacchelli promuovono dalle colonne della romana La Ronda (attiva dal 1919 al 1923) un ritorno ai classici e alla tradizione. Qualche anno dopo, a partire dal 1926 e fino al 1936, spetta al periodico fiorentino Solaria (il cui titolo rimanda a un utopica città del sole) interpretare un desiderio di moralità e civiltà lontano dalle passioni della cultura militante. Ciò, beninteso, non presuppone un latente antifascismo, ma piuttosto una concezione elitaria e autosufficiente della letteratura, che sposa un idea dell arte limitata 28 / DALLA PRIMA ALLA SECONDA GUERRA MONDIALE

Classe di letteratura - volume 3B
Classe di letteratura - volume 3B
Dalla Prima guerra mondiale a oggi