T7 - Alberto Moravia, L’immedesimazione con Buonconte

Verso la prima prova d esame Alberto Moravia, L immedesimazione con Buonconte T 7 La disubbidienza Il passo è tratto dal romanzo La disubbidienza, del 1948, di Alberto Moravia (Roma 1907-1990), esordiente giovanissimo con Gli indifferenti riconosciuto, per quest opera, come fustigatore dei costumi della borghesia italiana attraverso uno stile insieme piano e suggestivo. Il testo proposto racconta di Luca, un ragazzo borghese in cerca di esperienze diverse rispetto a quelle, mediocri e senza passione, che la sua provenienza sociale gli impone. Un fatto in particolare ha innescato la disubbidienza e il disgusto del ragazzo: scoprire lo squallido e vile attaccamento dei genitori al denaro. Nella parte del romanzo riportata siamo in aula: il professore invita a leggere il V canto del Purgatorio, dedicato ai morti di morte violenta che si sono pentiti all ultimo momento. In particolare, Luca legge ad alta voce i versi in cui viene descritta la fine e il destino del corpo del ghibellino Buonconte di Montefeltro, ferito a morte nella battaglia di Campaldino (vv. 64-129), combattuta da Dante tra i guelfi. Buonconte racconta di essersi trascinato in fin di vita alla confluenza del fiume Archiano con l Arno e di essersi qui pentito; il diavolo, arrabbiato per aver perduto un dannato, scatena una piena del fiume: il corpo di Buonconte viene a questo punto trascinato nell Arno e coperto dai detriti, per non essere mai più ritrovato. 5 10 15 20 1 regolo: righello. 246 Un brusio di commenti si sparse per l aula, tosto stroncato dal professore che batté col regolo1 sulla cattedra, gridando: «Silenzio . Ma ormai era tempo. Con sforzo Luca disse: non è nulla ; e senti che le gambe lo portavano di nuovo verso la cattedra. Ci fu daccapo un propagarsi di voci sommesse e il professore ingiunse per la seconda volta il silenzio, ma senza battere il regolo e con voce meno imperiosa. Poi si voltò verso Luca e disse brevemente: «Legga a partire dal verso 85 del canto V . Luca abbassò gli occhi sul libro e incominciò: Poi disse un altro: Deh, se quel disio Si compia che ti tragga all alto monte Con buona pietate aiuta il mio. Io fui di Montefeltro, io son Buonconte... Luca era sempre stato un ottimo lettore; e il professore, al suono della sua voce che leggeva tranquillamente e con espressione, parve rasserenarsi. Anche sulla scolaresca, nell aria buia, passò un alito di sollievo. Luca continuò a leggere con voce forte e chiara. Intanto, però, la sua mente, come se fosse stata dotata di un senso nuovo di ubiquità, gli saltava per cosi dire, fuori dalla testa e andava in fondo all aula, dove, lungo la parete, si allineavano i cappotti e i cappelli; e di laggiù lo guardava. Ricominciava, in tal modo, quel senso della normalità vista come stranezza e arbitrio, angoscioso e insieme piacevole. Ma nello stesso tempo gli pareva di leggere con vigore; seguendo il senso delle parole, il quale, stranamente, si accordava molto bene con il suo sentimento. Ricordava tutte le volte che aveva vagheggiato e desiderato una morte dispersa, sconosciuta, solitaria, oscura. E alle terzine:

Palestra di scrittura
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