T5 L’avventura tra i Ciclopi (libro IX, vv. 212-223,

T5 Audio LETTURA L avventura tra i Ciclopi TRATTO DA Odissea, libro IX, vv. 212-223, 250-306, 343-414, 437-460 (in traduzione: vv. 290-306, 341-415, 464-562, 592-624) Una scena dello spettacolo teatrale Odissea, regia di Robert Wilson, 2012. Mentre Nausicaa fa ritorno a casa per proprio conto, Odisseo giunge al palazzo di Alcinoo, restando colpito dalla bellezza del luogo. Festosamente accolto dalla regina Arete, cui si rivolge supplice, ottiene l aiuto che richiedeva, cioè un compagno con il quale tornare a Itaca (libro VII). Il giorno successivo si svolgono dei giochi in onore dell ospite. Durante il banchetto serale, tuttavia, Odisseo si commuove ascoltando il canto dell aedo Demodoco sul cavallo di Troia ed è invitato da Alcinoo a rivelare la sua vera identità e a raccontare il suo viaggio di ritorno da Troia (libro VIII): così l eroe fa, in un lungo flashback compreso tra i libri IX e XII. Dopo aver saccheggiato Ismaro, in Tracia, capitale del popolo dei Ciconi, Odisseo sbarca nella terra dei Lotofagi, i mangiatori di loto. Questi ultimi offrono agli stranieri il frutto che coltivano, il loto, che causa dimenticanza: Odisseo è così costretto a portare con la forza i compagni alle navi, dimentichi del desiderio di ritorno a casa. L avventura successiva è quella presso i Ciclopi, esseri mostruosi con un solo occhio sulla fronte, che non coltivano piante e non hanno né leggi né un organizzazione sociale: vivono ciascuno in una grotta lontana dalle altre e non praticano il commercio. Dopo l approdo nel porto naturale di un isola dell arcipelago, Odisseo attende l alba insieme ai compagni dormendo sulla riva del mare. Avuta prova del fatto che l isola vicina è abitata, il giorno successivo fa rotta con la sua nave in direzione di quella, lasciando tutte le altre al sicuro. Giunto in prossimità della costa, nota in lontananza la grotta di un ciclope, Polifemo; ordina così ai compagni di rimanere sulla nave, mentre lui con i dodici più fidati si incammina verso la spelonca, portando con sé un otre di vino di Ismaro e cibo in gran quantità. 290 295 «Un grande otre portai di questo vino soave, e un sacco pieno di vivande: perché d istinto presagì il mio cuore che dovevamo imbatterci in un uomo vestito di gran forza, empio, selvaggio e ignaro del diritto e di ogni legge. Presto giungemmo alla spelonca, e dentro non lo trovammo: conduceva al pascolo 290-291. Un grande... soave: come spiegato nei versi precedenti, il vino di cui parla Odisseo è quello che gli era stato donato da 242 Marone, sacerdote di Apollo di Ismaro, capitale dei Ciconi, per aver risparmiato lui e la sua famiglia durante l assedio della città. Tale vino era così dolce e così alcolico che per essere bevuto senza ubriacarsi doveva essere allungato con venti parti di acqua.

La luce del futuro - volume C
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Epica