IL SECONDO NOVECENTO

L’ESPRESSIONISMO ASTRATTO

la rappresentazione delle emozioni

Nel Secondo dopoguerra a New York un gruppo di giovani pittori dà vita al primo importante movimento artistico americano: l’Espressionismo astratto. Il loro interesse è rivolto alla rappresentazione delle emozioni.

LA ROTTURA COL PASSATO

Parallelamente all’Arte informale diffusa in Europa, negli Stati Uniti l’Espressionismo astratto sviluppa una ricerca analoga: si abbandona la rappresentazione del mondo devastato dagli orrori della Seconda guerra mondiale, per comunicare emozioni attraverso un’arte che sia allo stesso tempo astratta ed espressiva. Le opere degli espressionisti astratti sono molto diverse le une dalle altre, ma hanno in comune la volontà di rompere col passato e il desiderio di avvicinarsi allo spettatore. Per questo le tele sono spesso di grandi dimensioni e prive di cornici.

Nell’Espressionismo astratto si possono individuare due tendenze stilistiche:

  • la Color field painting (“pittura per campi di colore”) in cui le emozioni sono espresse tramite il colore;
  • l’Action painting (“pittura d’azione”) in cui sono i gesti veloci e istintivi a trasferire il mondo interiore dell’artista sulla tela.

LA PITTURA PER CAMPI DI COLORE DI ROTHKO

Mark Rothko, pseudonimo di Markus Yakovlevich Rothkowitz (Daugavpils, Lettonia, 1903 - New York, 1970), è uno dei principali esponenti dell’Espressionismo astratto. All’età di dieci anni lascia con la famiglia il suo Paese d’origine per trasferirsi negli Stati Uniti dove, dagli anni Cinquanta, sviluppa il suo stile definito Color field painting.

Su grandi tele dipinge forme geometriche colorate (per lo più rettangoli) che sembrano fondersi insieme. Per ottenere questo effetto usa colori molto diluiti che stende l’uno sull’altro in modo che si possano vedere gli strati sovrapposti. Inoltre, arrotonda gli angoli delle campiture e ne sfuma i bordi sfregandoli con uno straccio imbevuto di solvente.

Osservare  Senza titolo, una delle sue opere, è come “tuffarsi nel colore”: ci si immerge nelle emozioni, come quando si ascolta la musica.

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LA PITTURA D’AZIONE DI POLLOCK

Nato in Wyoming, negli Stati Uniti, Jackson Pollock (Cody, 1912 - Long Island, 1956) si trasferisce nel 1929 a New York. Inizialmente dipinge con le tecniche tradizionali, ma a partire dal 1947 rivoluziona il suo modo di fare arte. Abbandona il cavalletto, appoggia la tela sul pavimento e dipinge con la tecnica del dripping, facendo colare la vernice dall’alto e muovendosi con tutto il corpo. È la cosiddetta Action painting (“pittura d’azione”).

Così realizza  Number 14: Gray: lascia sgocciolare dello smalto nero su un foglio di carta ricoperto di gesso bagnato, in modo che la vernice crei degli aloni grigi attorno alle linee e alle macchie.

I segni sono uniformemente distribuiti e l’occhio dell’osservatore è portato a muoversi su tutta la superficie della tela: per questo per le opere di Pollock si parla di pittura all over (“a tutto campo”).

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Il dripping

Con il termine inglese dripping (“sgocciolamento”) si indica la tecnica che Pollock elabora prendendo spunto dalla pittura con sabbie colorate dei nativi nordamericani. Il colore viene fatto colare sulla tela distesa a terra attraverso un contenitore nel quale sono stati praticati dei fori, oppure viene schizzato con pennelli, bastoncini o direttamente con le mani.

Lavorare in orizzontale evita che la vernice sgoccioli verso il basso e permette all’artista di guidare il percorso del colore controllando meglio il suo effetto sulla tela. Come in una sorta di danza, l’artista gira intorno al supporto e può perfino passarci sopra, dipingendo non più solo con le mani, ma con tutto il corpo.

Storie della Storia dell’arte - volume B
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Dalle origini a oggi