Storie della STORIA DELL’ARTE

L’Ottocento

I ragazzi sono tornati dalle vacanze estive. Mia sembra ancora entusiasta del viaggio che ha fatto e mostra a Zelda le foto che ha scattato a New York, Leo invece ciondola annoiato per la libreria sfogliando qualche libro distrattamente.

«Ehi, Leo, e tu come sei stato in vacanza?», cerca di coinvolgerlo Zelda.

«Ora ha una fidanzata, lo sai?», si intromette Mia, forse con una punta di gelosia.

«Ma va’, smettila, Mia. Quasi le ho dimenticate, le vacanze. La scuola sta già rovinando tutto. Stamattina la prof ha spiegato l’Ottocento, la Restaurazione e mille altre cose… Una noia mortale!».

«Ha fatto bene la vostra prof a iniziare subito, l’Ottocento e il Novecento sono secoli densi di avvenimenti! Ma sono sicura che ti incuriosiranno. Sai, è logico che abbiate iniziato con la Restaurazione».

«Che cosa restaurarono, Zelda?», domanda Mia.

«Dopo la caduta dell’Impero di Napoleone, nel 1815 si aprì il Congresso di Vienna con cui si tentò di ristabilire in Europa gli antichi equilibri, riassegnando il trono ai sovrani deposti dall’imperatore francese e facendo in modo che nessuna potenza europea potesse prevalere sulle altre. In realtà questo “restauro”, come dici tu, Mia, durò ben poco. I popoli ormai aspiravano alla libertà e, spinti da nuovi ideali patriottici, diedero inizio a insurrezioni in ogni Paese».

«E ottennero qualcosa?», chiede Leo.

«Beh, fu proprio grazie a quei moti, culminati nel 1848, che nacquero le nazioni moderne, compresa l’Italia!».


Mi piacciono le storie di insurrezioni!


Zelda sorride: «Non avevo dubbi! L’Ottocento fu un secolo di lotte e di scontri e non solo dei borghesi contro le vecchie élites aristocratiche. D’altronde, lo sviluppo industriale in tutto il nostro continente aveva acuito la divisione tra la borghesia e le classi sociali più umili. Le durissime condizioni di lavoro degli operai e delle operaie, che lavoravano nelle fabbriche con turni massacranti, a volte anche di 15 ore al giorno, portarono alla rivendicazione di diritti, attraverso il nuovissimo strumento dello sciopero».


Che scompiglio! Immagino che l’arte racconti di lotte, insurrezioni e rivendicazioni.


«Certo! Nella prima metà del XIX secolo nacque un movimento culturale, il Romanticismo, che fece propri gli ideali di queste insurrezioni e allo stesso tempo privilegiò l’espressione dei sentimenti e dell’interiorità».

«Quindi dipingevano coppie di innamorati?», dice Mia alludendo a Leo.

E Zelda sorridendo: «In realtà gli artisti romantici raccontarono il sentimento in tutte le sue forme: alcuni sicuramente si concentrarono sull’amore, altri esaltarono la potenza e la forza della natura e il senso di fragilità dell’uomo davanti a essa, altri ancora si dedicarono a temi politici o patriottici».

«Come nel quadro su quella copertina?» chiede Leo indicando un grosso volume che Zelda sta prendendo dallo scaffale.

«Esatto: Il massacro di Scio di Eugène Delacroix! Un’opera che non venne accolta proprio bene negli ambienti culturali parigini. Pensate che venne definita “il massacro della pittura”», dice Zelda ridendo.

«E come mai?», domanda Leo stupito.

«Beh, i critici contestarono il soggetto troppo attuale, perché denunciava l’eccidio compiuto nel 1822 dall’esercito turco per stroncare le aspirazioni di indipendenza del popolo greco», spiega Zelda.


Guardate i prigionieri seduti a terra, agonizzanti, alcuni sembrano già morti... è un po’ macabro con tutti questi dettagli realistici!


«Giusto, Mia! In effetti per quest’opera potremmo già parlare di Realismo», puntualizza Zelda. «Il movimento era nato a metà Ottocento, in Francia, e intendeva riprodurre la realtà in maniera oggettiva; spesso denunciava anche le condizioni delle classi sociali più umili. Guardate, ad esempio, il Vagone di terza classe di Honoré Daumier».

«Sono contadini vero? Non hanno l’aria particolarmente felice. Sembrano tutti stanchi, tranne l’anziana con lo sguardo perso nel vuoto… Chissà a che cosa sta pensando?», riflette Mia.

«Forse pensa a come sfamare la famiglia, oppure fantastica su una vita diversa…», ipotizza Leo.

Zelda prende la parola: «Il pittore non dice tutto, non dà una risposta alla tua domanda, Mia. Si 

limita a rappresentare una realtà del suo tempo, descrive un fatto quotidiano per accusare i politici che affamavano i poveri…».

«Zelda, io questa estate sono stato al Musée d’Orsay a Parigi! Ho visto quadri dell’Ottocento, ma con personaggi molto più colorati e ben vestiti, decisamente più allegri di questi!», dice Leo.

«Eh sì, quel museo è pieno di opere degli impressionisti…».

Mia si alza di scatto dalla poltrona. «La prof di arte ci ha già detto qualcosa sull’Impressionismo! Le opere degli impressionisti sono fantastiche: quando le ha proiettate sulla LIM siamo rimasti tutti a bocca aperta! Dicci qualcosa in più su Renoir!».

Zelda mostra ai ragazzi L’Altalena di Pierre-Auguste Renoir e poi attende i loro commenti.


Che luce intensa! Fa pensare subito all’estate!


«Verissimo, Leo! Gli impressionisti amavano dipingere en plein air, all’aria aperta: si portavano dietro il cavalletto e lavoravano nelle campagne, sulle rive dei fiumi o anche nei luoghi più alla moda della Parigi del tempo. Erano affascinati da come un oggetto potesse mutare il colore a seconda della luce e si cimentarono nella raffigurazione di questo fenomeno. Volevano mettere sulla tela l’impressione che avevano in quel preciso momento e lo facevano con pennellate rapide per ricreare il senso della vibrazione della luce e dei cambiamenti dell’atmosfera».

Una voce dal bancone richiama l’attenzione di Zelda. È arrivata una cliente…

Bisogna riprendere il lavoro!


La storia continua a pag. 436

Storie della Storia dell’arte - volume B
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Dalle origini a oggi