IL NEOCLASSICISMO

ANTONIO CANOVA

(1757-1822)

la perfezione dei marmi

Ispirandosi alle statue antiche, Canova dà vita a una nuova ricerca estetica, che esalta la grazia e una bellezza calma e composta. Diviene così il massimo esponente del Neoclassicismo in scultura.

LA NASCITA DI UN NUOVO GUSTO

Il nonno, uno scalpellino di Possagno (Treviso), è la figura chiave per la formazione di Antonio Canova: è lui a insegnargli i rudimenti della scultura, a trovargli i primi maestri e i committenti e a pagargli gli studi a Venezia.

La fiducia nel giovane è ben riposta: i primi guadagni gli permettono di trasferirsi nel 1779 a Roma, dove completa la sua formazione. Nel suo nuovo studio affronta con uguale disinvoltura commissioni monumentali, temi religiosi e soggetti mitologici. Anche per Napoleone e la sua famiglia esegue diversi ritratti.

I contemporanei lo apprezzano perché le sue opere non imitano l’Antico o la natura, ma propongono un’estetica neoclassica: un nuovo, raffinato ideale di bellezza.

UN TENERO ABBRACCIO

 Amore e Psiche è un gruppo ispirato a una favola narrata dallo scrittore latino Apuleio. Canova rappresenta il momento in cui Amore, appena atterrato e con le ali ancora spiegate, solleva con delicatezza Psiche, caduta in un sonno mortale. Il bacio che darà alla fanciulla, alla quale rivolge uno sguardo pieno di passione, la riporterà alla vita.

I gesti descrivono un’atmosfera sospesa: i visi si sfiorano, le braccia non stringono, ma si appoggiano con delicatezza al corpo dell’altro. L’elaborato intreccio delle figure, che viste frontalmente creano una sorta di X, permette di apprezzare il gruppo da diversi punti di vista.

Il marmo è levigato con cura, per dare l’idea della perfezione e della “vera carne”.

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La favola di Amore e Psiche

Nelle Metamorfosi, Apuleio racconta che Venere, invidiosa della bellezza della mortale Psiche, chiede al figlio Amore di fare in modo che si innamori dell’uomo più brutto della Terra. Ma nello scagliare la freccia, il dio sbaglia e colpisce sé stesso, e si innamora perdutamente della fanciulla.

I due amanti dovranno affrontare molte peripezie, prima di potersi ricongiungere grazie all’intervento di Giove, che concede a Psiche l’immortalità.

 pagina 363 

UN RITRATTO IDEALE

Canova conosce bene l’arte del passato e lo dimostra in  Paolina Borghese come Venere vincitrice, il ritratto della sorella di Napoleone, moglie di Camillo Borghese: la posa, allungata su un divanetto, ricorda quelle dei sarcofagi etruschi e romani (p. 97) ma anche la più vicina Venere di Tiziano (p. 287). Paolina Borghese infatti è rappresentata come Venere, dea della bellezza: nella mano stringe una mela, il pomo dorato che il giovane Paride le aveva assegnato eleggendola più bella tra le dee.

Il marmo, così levigato da essere lucente, sembra morbido nelle pieghe dei tessuti o in quelle del materasso, che sprofonda delicatamente sotto il peso della dea. Il divanetto nasconde un meccanismo che permette alla scultura di ruotare per essere ammirata da differenti punti di vista.

UNA VARIETÀ DI POSIZIONI E DI AFFETTI

È destinato a Giuseppina Beauharnais, prima moglie di Napoleone, il gruppo delle  Tre Grazie, che secondo il mito greco sono le personificazioni della bellezza e dell’armonia del cosmo. Le giovani si stringono in un tenero abbraccio. Piccoli gesti suggeriscono l’idea di un movimento appena trattenuto: le gambe piegate, il gioco di sguardi, le pose variate delle teste e delle braccia.

Questo soggetto tradizionale è affrontato con originalità da Canova: la figura centrale, solitamente di spalle, qui è di fronte e l’abbraccio con cui avvolge le compagne è molto più stretto, vero e sensuale rispetto alle usuali rappresentazioni.

Storie della Storia dell’arte - volume B
Storie della Storia dell’arte - volume B
Dalle origini a oggi