Storie della Storia dell’arte - volume B

IL RINASCIMENTO MATURO – LEONARDO DA VINCI

ritratti femminili

Durante il soggiorno milanese, Leonardo dà vita a una delle sue opere più toccanti: la  Dama con l’ermellino o, per meglio dire, il ritratto di Cecilia Gallerani, una giovane cortigiana amata dal signore di Milano, Ludovico Sforza.

La donna, ritratta con in braccio un ermellino, è girata di tre quarti, con la testa rivolta verso la sua sinistra, come per rispondere a qualcuno che l’ha appena chiamata. Alla rotazione del volto della giovane si contrappone quella del busto, chiuso nell’abbraccio dell’animale. Un espediente, questo, che dona dinamismo alla composizione.

La donna è abbigliata e pettinata secondo la moda del tempo. La cuffia, sottilissima e trasparente, mette in evidenza il volto candido, reso ancora più luminoso e vivo dal fondo scuro.

Il pennello di Leonardo si sofferma sugli occhi vivaci e sulla bocca aperta in un timido sorriso: l’intenzione dell’artista è infatti quella di cogliere lo stato d’animo della donna.

Molte novità della Dama tornano anche nella  Gioconda. Anche qui la donna è raffigurata di tre quarti, con il busto rivolto verso la sua destra e la testa leggermente voltata a sinistra. Ha le braccia incrociate e appoggiate sui braccioli di una sedia, indossa una veste scollata e tiene gli occhi fissi davanti a sé, accennando un sorriso.

Leonardo, attraverso lo sguardo e la piega della bocca, mette in evidenza l’aspetto psicologico del soggetto e crea quella figura misteriosa ed enigmatica che, divenuta modello per tante generazioni di artisti, continua ad affascinarci ancora oggi.

All’interesse per il soggetto, l’artista unisce quello per la natura: alle spalle della donna si apre infatti un’ariosa veduta, dominata da rocce e acqua. Figura e paesaggio si legano qui intimamente, avvolti entrambi da un’atmosfera evanescente, creata dal sapiente uso dello sfumato e della prospettiva aerea.

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QUEGLI APOSTOLI CHE SEMBRANO PARLARSI

Durante il soggiorno milanese, intorno al 1495, Leonardo viene chiamato ad affrescare una parete del refettorio del convento di Santa Maria delle Grazie. Il tema deve essere l’ Ultima Cena. L’artista si mette all’opera, realizzando nel giro di pochi anni un capolavoro inestimabile, frutto della sua mente ingegnosa e rivoluzionaria.

In una sala perfettamente definita dal punto di vista prospettico, si trova una lunga tavola imbandita, con una tovaglia bianca, dietro la quale siedono Cristo, al centro, e i dodici apostoli, disposti in quattro gruppi simmetrici di tre. Leonardo dipinge Giuda in mezzo agli altri apostoli, sebbene tradizionalmente fosse rappresentato dall’altra parte del tavolo, di fronte a Cristo.

L’atmosfera è concitata.

Sui volti degli apostoli si legge lo stupore per la notizia appena data da Cristo: «Uno di voi mi tradirà». Ciascuno interroga con lo sguardo il vicino o prova a discolparsi protendendosi verso Gesù. Solo Giuda sembra non partecipare, evidentemente colpevole.

Ogni apostolo ha un’espressione diversa: per Leonardo, infatti, non possono esserci volti simili, dal momento che essi sono il risultato dei “moti dell’animo”, ovvero dei sentimenti che ciascun individuo prova in quel preciso momento.

Le figure sono illuminate da sinistra, ma sono anche rischiarate da una luce che proviene dalle tre finestre aperte sullo sfondo e attraverso le quali si intravede un suggestivo paesaggio.

L’Ultima Cena diventa subito famosissima. Tuttavia, solo qualche anno dopo la sua esecuzione, l’opera è già compromessa. Leonardo infatti non ha realizzato un affresco tradizionale, ma ha impiegato colori di sua invenzione (tempera mescolata all’olio) che, purtroppo, cominciano a cancellarsi poco dopo la presentazione dell’opera.

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Dalle origini a oggi