Le storie di Galatea - La maestra Cesira

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IN CLASSE

Che cosa c’è di vero

Cesira Fiori (1890-1976) fu una maestra elementare che insegnò per molti anni a Velletri, nel Lazio. Salì in cattedra a 17 anni. Senza essere sposata, adottò il figlio del suo compagno morto prematuramente, e si attirò così molte critiche da parte dei benpensanti.

Vicina alle idee del Partito socialista, denunciò le cattive condizioni delle scuole del tempo e si batté per assicurare ai bambini poveri un’adeguata istruzione elementare.

di

Galatea

Galatea

Le storie

La maestra Cesira

Velletri (Lazio), 1907

La stanza è grande e spoglia, e ha il pavimento in terra battuta. I bambini arrivano tutti insieme, sembrano un po’ confusi e spauriti. I piccoli piedi, avvolti in scarpe spesso troppo grandi per loro perché ereditate dai fratelli maggiori, fanno uno strano clack clack, perché fuori piove e il pavimento in terra battuta si inzuppa. Con cautela, cercando di non macchiare o rovinare nulla, si siedono sulle panche di legno e tirano fuori, come fossero tesori, il calamaio e il quaderno, dove scriveranno la lezione.

La maestra Cesira ha per tutti un sorriso, una parola gentile. A Velletri, dove è arrivata solo qualche mese prima, molti la guardano con sospetto, perché ha diciassette anni appena e sembra una bambina anche lei. È da sola e lontana da casa, e qualcuna fra le signore “bene” della città dice che è pericolosa, perché pare sia vicina ai socialisti.

Ma ai suoi alunni lei sembra un angelo sceso dal cielo. Con gran pazienza insegna a scrivere a quei figli di contadini e operai, che tutti guardano come se fossero già destinati alla povertà e al dolore. E loro la amano, la maestra Cesira, che di cognome fa Fiori. I bambini pensano che sia giusto: perché è un fiore che sboccia ogni mattina e rende il mondo più bello con il suo sorriso. Più bello per loro, che, come ripete sempre la maestra, sono il suo sole. Persino quando piove, come oggi, e nello stanzone spoglio il pavimento è una pozzanghera di fango.

Perché te l’ho raccontato

Nell’Italia di inizio Novecento l’analfabetismo era ancora molto diffuso, perché spesso i bambini e le bambine dei ceti più poveri non frequentavano la scuola, ma venivano mandati subito a lavorare.

Come leggerai nel capitolo, lo Stato italiano approvò delle leggi per favorire l’istruzione elementare e migliorare le scuole, dove le maestre svolsero un ruolo fondamentale. Spesso erano giovanissime e si trovavano a insegnare lontano da casa, in piccoli paesi o in campagna; molte di loro dovettero separarsi dalla famiglia e raggiunsero così un’indipendenza rara per una donna italiana del tempo.

entra nel capitolo 4

I tuoi pensieri

Che differenza tra la scuola della maestra Cesira e quella che frequenti tu oggi!

Come immagini la tua scuola tra vent’anni?

L’Italia nel nuovo secolo

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Ti racconto la Storia - volume 3
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Dal Novecento a oggi