6. La sfida della criminalità organizzata

6 La sfida della criminalità organizzata

I gruppi criminali

Al Sud la diffusione del lavoro nero si accompagnava a un tasso di disoccupazione più alto di quello del resto del paese e a una minore efficienza dei servizi e della pubblica amministrazione. Fra gli anni Settanta e Ottanta i gruppi criminali sfruttarono questa situazione per acquisire sempre più potere; in particolare si inserirono nel settore edilizio, arrivando spesso a controllare gli appalti (cioè l’affidamento di lavori da parte dello Stato) di opere pubbliche, come strade, ponti, acquedotti.

Accanto a Cosa nostra, la mafia siciliana, crebbe l’attività della camorra in Campania, della ndrangheta in Calabria e della Sacra corona unita in Puglia. Il traffico internazionale di droga assicurava enormi guadagni, soprattutto alla mafia, grazie ai legami con la criminalità di origine siciliana attiva negli Stati Uniti. I profitti illegali venivano poi investiti in attività economiche e finanziarie “lecite” sia al Sud sia al Nord, contribuendo all’espandersi del fenomeno mafioso su tutto il territorio nazionale, anche in ambienti insospettabili.

L’offensiva maf

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sa degli anni Ottanta

In Sicilia la criminalità organizzata riuscì a infiltrarsi nella classe politica e nelle amministrazioni locali.

La risposta della mafia a politici, poliziotti, magistrati e semplici cittadini che cercarono di opporsi a questa situazione fu l’eliminazione fisica: nel 1982 fu assassinato il parlamentare comunista Pio La Torre, che per anni aveva combattuto la mafia; lo stesso anno cadde in un attentato il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, appena nominato prefetto di Palermo.

LA RISPOSTA DELLO STATO

Dopo questi due delitti fu approvata la legge “La Torre”, che introdusse nel codice penale il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, riconoscendo così la particolarità e la pericolosità dei reati di mafia. Inoltre, fu stabilito il sequestro dei beni dei mafiosi e fu fondata la Direzione generale investigativa antimafia (Dia), per raccordare e rendere così più efficaci le varie inchieste giudiziarie.

Grazie a questi strumenti e all’impegno di un gruppo di magistrati di Palermo, il pool antimafia, nel 1986 si aprì il “maxiprocesso” contro la mafia, così definito per la sua durata e le centinaia di imputati, che si concluse nel 1992 con 346 condanne e 19 ergastoli.

studio con metodo

Memorizzo

1986-92 Maxiprocesso di Palermo contro la mafia

Alcuni imputati assistono al maxiprocesso di Palermo.

1992: l’assassin

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di Falcone e Borsellino

La reazione della mafia di fronte all’impegno dei rappresentanti dello Stato fu brutale: nel maggio 1992 Giovanni Falcone, giudice del pool antimafia palermitano, fu assassinato insieme alla moglie e a tre agenti della scorta nella strage di Capaci; poco dopo, a luglio, la stessa sorte toccò a Paolo Borsellino, collega e amico di Falcone, ucciso insieme a cinque agenti della sua scorta in un attentato a Palermo.

La popolazione siciliana, la classe politica e l’opinione pubblica reagirono a questa sfida da parte della mafia con un’ondata di indignazione e di proteste. Da allora si moltiplicarono le associazioni di cittadini impegnati nella lotta al fenomeno mafioso.

studio con metodo

Memorizzo

1992 Assassinio di Falcone e Borsellino

Le bombe del 1993 e i nodi irrisolti

Nel 1993 la mafia tornò a colpire con ordigni esplosivi direttamente nel cuore di alcune importanti città italiane: a Firenze, a Roma e a Milano. Era un atto di minaccia contro lo Stato, che aveva inasprito le misure di sicurezza nei confronti dei mafiosi detenuti.

Negli anni successivi ci furono nuovi processi e condanne, ma fu difficile stabilire con certezza i legami segreti tra mafia ed esponenti del mondo politico che avevano reso possibile il massiccio attacco degli anni Ottanta e Novanta contro lo Stato.

Molti beni e proprietà dei mafiosi, dopo essere stati sequestrati dallo Stato, furono affidati a cooperative e associazioni.

A sinistra: il tratto dell’autostrada A29 vicino a Capaci (Palermo) subito dopo l’attentato in cui il 23 maggio 1992 rimase ucciso il giudice Giovanni Falcone.

A destra: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

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Ti racconto la Storia - volume 3
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Dal Novecento a oggi