Il magnifico viaggio - volume 5

200 205 210 215 220 225 230 235 240 245 dei pellegrini, il palpito del Molino, il gemito della fisarmonica di Zuannantoni. Egli ascoltava, aggrappato bocconi ai muricciuolo e da una parte vedeva la cucina delle sue padrone, dall altra una distesa nebbiosa come lassù dal Monte Gonare. Donna Ester saliva dalla valle col viso coperto da un ala nera; sollevava l ala, mostrava il suo viso scuro, doloroso, gli occhi velati di pietà, ma si traeva indietro dal muricciuolo come per paura di cadere; ed ecco altre figure salivano, tutte col viso nascosto da un ala nera, e tutte si avvicinavano ma si ritraevano subito spaurite, spaventate dal pericolo di precipitare al di là. Efix le riconosceva tutte, queste figure, le sentiva parlare, capiva che erano vive e reali; eppure aveva l impressione di sognare: erano figure del sogno della vita. Era il prete, era il Milese, era Zuannantoni, erano le serve di don Predu, e don Predu stesso e Noemi: a volte qualcuno di loro si faceva coraggio e cercava di aiutarlo, di trarlo giù dal muricciuolo, senza riuscirvi. Ed egli cominciò a provare fastidio di loro; volse il viso di là e fissò la valle nebbiosa. Ed ecco la nebbia cominciò a diradarsi; macchie di boschi dorati apparvero fra squarci di azzurro, e sul ciglione sopra di lui un melagrano come quelli di cui raccontava il cieco curvò i suoi rami pesanti di frutti rossi spaccati che lasciavano cadere i loro chicchi di perla. Ma la gente al di là del muricciuolo non lo lasciava in pace a contemplare tanto bene; egli non si volgeva più, e solo un giorno una mano che si posava sulla sua spalla e una voce che lo chiamava piano piano all orecchio lo fecero sobbalzare. «Efix! Efix! Il viso di Giacinto, gli occhi dolci umidi di pietà stavano sopra di lui: fra tante figure morte quella gli parve ancora la sola viva, tanto viva che le sue mani calde avevano quasi la potenza di tirarlo su, rimetterlo dritto nel mondo di qua. Ma fu un momento: ecco che si velava anch essa, perdeva forza, ritornava fantasma; ed Efix provò dolore, come fosse Giacinto a morire, non lui. «Efix, su, su! Che fai? Non mi dici niente? Sono venuto per te, sai. Sono qui. Non volevano lasciarmi entrare ed ho saltato il muro. Su, guardami! Egli lo guardava, ma non ne vedeva più gli occhi. «Zia Noemi è scappata come di volo, vedendomi! Proprio non mi perdonerà mai! Che cosa ti ha raccontato, dimmi? Che non vuol più vedermi, che ha giurato di non pronunziare più il mio nome? Lo so: ma non importa. Son contento che si sposi; sai cos era accaduto, l ultima volta che venni? Io le dicevo: Sposatevi, zia Noemi; zio Pietro è ricco, vi ama, vi renderà felice . Essa mi guardava con disprezzo, ed io capivo bene che non si sarebbe decisa mai. Allora Efix, senti parliamo piano, non stia ad ascoltare ebbene, ricordai il tuo consiglio. La guardai bene negli occhi e le dissi: Zia Noemi, io sposerò Grixenda, perché solo Grixenda, povera come me, giovane e sola come me, può essere la mia compagna . Allora Noemi si fece pallida come una morta; ebbi paura e me ne andai. Piangevo; te lo disse? Su, Efix, tu non mi ascolti. Su! Ecco zia Ester. Non è vero, zia Ester, che Efix finge d esser malato per non venire alle nozze mie ed a quelle di zia Noemi per non farci il regalo? Eppure, dicono, denari ne hai portati, dal tuo viaggio Efix sentiva le parole e le capiva anche, ma erano senza suono, come parole scritte. «Su, dimmi almeno cos hai. Non mi racconti neppure dove sei stato. Rammenti quando sei venuto al Molino e ti chiesi dove andavi? E tu rispondesti: in un bel posto. Non rammenti? Apri gli occhi, guardami. Dove andavi? Efix ricominciò a provare fastidio: aprì un momento gli occhi, li richiuse, gravi 646 / IL SECONDO OTTOCENTO

Il magnifico viaggio - volume 5
Il magnifico viaggio - volume 5
Dal secondo Ottocento al primo Novecento