T7 - La sera fiesolana

T7

La sera fiesolana

Alcyone

Si tratta della prima delle composizioni di Alcyone in senso cronologico. Scritta nel giugno 1899 nella villa La Capponcina, dove d’Annunzio si trova in compagnia di Eleonora Duse, la lirica viene pubblicata per la prima volta nel novembre dello stesso anno sulla rivista “Nuova Antologia” con le tre strofe di cui si compone intitolate rispettivamente La natività della lunaLa pioggia di giugno e Le colline.


Metro 3 strofe di 14 versi ciascuna di varia lunghezza con rime libere, seguite da una ripresa di 3 versi, il primo dei quali è in rima con l’ultimo della strofa precedente.

Fresche le mie parole ne la sera

ti sien come il fruscìo che fan le foglie

del gelso ne la man di chi le coglie

silenzioso e ancor s’attarda a l’opra lenta

5      su l’alta scala che s’annera

contro il fusto che s’inargenta

con le sue rame spoglie

mentre la Luna è prossima a le soglie

cerule e par che innanzi a sé distenda un velo

10    ove il nostro sogno si giace

e par che la campagna già si senta

da lei sommersa nel notturno gelo

e da lei beva la sperata pace

senza vederla.


15    Laudata sii pel tuo viso di perla,

o Sera, e pe’ tuoi grandi umidi occhi ove si tace

l’acqua del cielo!


Dolci le mie parole ne la sera

ti sien come la pioggia che  bruiva

20    tepida e fuggitiva,

commiato lacrimoso de la primavera,

su i gelsi e su gli olmi e su le viti

e su i pini dai novelli rosei diti

che giocano con l’aura che si perde,

25    e su ’l grano che non è biondo ancòra

e non è verde,

e su ’l fieno che già patì la falce

e trascolora,

e su gli olivi, su i fratelli olivi

30    che fan di santità pallidi i clivi

e sorridenti.


Laudata sii per le tue vesti aulenti,

o Sera, e pel cinto che ti cinge come il salce

il fien che odora!


35    Io ti dirò verso quali reami

d’amor ci chiami il fiume, le cui fonti

eterne a l’ombra de gli antichi rami

parlano nel mistero sacro dei monti;

e ti dirò per qual segreto

40    le colline su i limpidi orizzonti

s’incùrvino come labbra che un divieto

chiuda, e perché la volontà di dire

le faccia belle

oltre ogni uman desire

45    e nel silenzio lor sempre novelle

consolatrici, sì che pare

che ogni sera l’anima le possa amare

d’amor più forte.


Laudata sii per la tua pura morte,

50    o Sera, e per l’attesa che in te fa palpitare

le prime stelle!

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DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

Siamo in una sera di giugno, bagnata dalla pioggia (commiato lacrimoso de la primavera, v. 21) e illuminata dal pallido barlume della luna, nel momento evanescente del crepuscolo: un momento di passaggio, di trasformazioni impercettibili, carico di attesa e suggestione. Nel silenzio immobile del calare del giorno si percepiscono solo vaghi, lievissimi suoni, piccole variazioni di luce, il fruscio delle foglie del gelso che un contadino, su una scala appoggiata al tronco, raccoglie.

Il paesaggio collinare fiorentino, con la sua dolcezza, i suoi uliveti e il fiume Arno, assiste alla fine della primavera, che muore e si trasforma in estate: immerso in questa atmosfera sta il poeta, che contempla e loda la sera tuffandosi nel suo grembo fresco e dolce, pronto ad afferrare tutte le fuggevoli sensazioni (visive, olfattive, uditive, tattili, anche gustative) che provengono dalla natura. Accanto a lui si coglie una presenza femminile, silenziosa, in attesa di apprendere dall’amante un’arcana rivelazione: il mistero sacro dell’amore, che le labbra (v. 41) delle colline sembrano voler svelare.

Abbiamo provato a sintetizzare il contenuto della lirica, sebbene essa non presenti uno sviluppo logico-discorsivo, ma si articoli in un libero fluire di immagini e percezioni, legate tra loro da una catena ininterrotta di analogie. Più che descrivere, infatti, il poeta esprime uno stato d’animo sospeso e indefinito attraverso impressioni e suggestioni. Anche l’apparizione della luna, che è l’immagine centrale della prima strofa, non viene rappresentata, ma evocata come il momento miracoloso della sera, contemplata nel gioco degli scambi tra dimensione psichica e dato naturale, tra realtà fisica e trasfigurazione antropomorfica. La stessa tacita presenza della donna, alla quale si rivolge il poeta, è ridotta al minimo, richiamata appena da accenni discreti (ti sien, vv. 2 e 19; il nostro sogno, v. 10; ti dirò, vv. 35 e 39; ci chiami, v. 36), mentre la sera viene personificata in una languida figura femminile.

Siamo dunque all’opposto di una resa oggettiva o realistica: la natura è interiorizzata e umanizzata dal poeta, che rappresenta, oltre alla sera, la luna e gli altri elementi del paesaggio come figure umane, partecipi della vita divina che anima l’universo in ogni sua fibra. Al tempo stesso, egli e la donna amata si compenetrano nella natura, entrando in essa e condividendone la continua, vitale e armoniosa metamorfosi.

Di questa meraviglia naturale d’Annunzio si assume il compito di rivelare l’essenza e la musica segreta grazie a una sapiente modulazione di suoni, ritmi, immagini. Come un poeta-veggente, egli si ritiene il solo a poter decifrare la complessità dell’esistenza, a farsi interprete di profonde verità insondabili da parte dell’uomo comune, a decodificare la «foresta di simboli» e le «corrispondenze», come le aveva definite Baudelaire ( p. 361), che si celano dietro il reale, in una fitta trama di rapporti tra le cose.

Non a caso, tutto il testo è attraversato da una notevole tensione espressiva; il poeta annuncia parole (vv. 1 e 18) e ripete ti dirò (vv. 35 e 39); perfino la natura è agitata dalla stessa necessità: verso quali reami / d’amor ci chiami il fiume (vv. 35-36), le cui fonti / eterne […] parlano nel mistero sacro dei monti (vv. 36-38), le colline si piegano come labbra (vv. 40-41) e hanno volontà di dire (v. 42).

La ragione arcana (il segreto, v. 39) che riposa al fondo dell’essenza della natura rimane però indefinibile, come evidenziano le espressioni mistero sacro (v. 38), divieto (v. 41), chiuda (v. 42), silenzio (v. 45). Qualcosa di sacro e inviolabile (un divieto, v. 41) impedisce alle parole di essere pronunciate: la magia enigmatica del potere dei suoni e delle sensazioni può essere soltanto evocata nella trasfigurazione di una vita panica e sublime, oltre la sfera e i limiti dell’umano, nell’impalpabile confine tra il dicibile e l’indicibile. Anche sotto la superficie innocente e pura della Sera fiesolana, d’Annunzio ribadisce le prerogative esclusive di una sensibilità superiore.

Le scelte stilistiche

La ricerca della musicalità emerge innanzitutto dalla fluidità melodica delle strofe, che si snodano senza spezzature, con una punteggiatura ridotta al minimo (la prima ne è addirittura priva) e con un’accentuata concatenazione sia sintattico-retorica sia contenutistica. C’è, è vero, un numero cospicuo di enjambement, che tuttavia, più che frammentare il ritmo, lo cadenza in lunghe sequenze di sillabe. Le figure di suono accentuano il tessuto musicale della lirica: rime (sera : s’annera; foglie coglie; spoglie soglie ecc.), allitterazioni (per esempio, la ricorrenza del suono f nei primi versi) e fonosimboli rappresentano i fenomeni descritti.

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La relazione tra i diversi aspetti delle cose viene sottolineata soprattutto dalla metafora, assai frequente al fine di rendere l’immagine umanizzata della natura. La luce lunare diventa il viso di perla (v. 15) della sera, le vene d’acqua lasciate dalla pioggia sono i suoi grandi umidi occhi (v. 16), il suo profumo è irradiato dalle vesti aulenti (v. 32); e il medesimo processo di umanizzazione tocca anche gli altri aspetti naturali evocati: dalla campagna alla primavera, dai pini alle fronde degli alberi ecc. Particolarmente audaci sono le sinestesie, che rimarcano la compresenza di piani sensoriali diversi: è il caso delle Fresche […] parole (v. 1), che accostano la sensazione uditiva a quella tattile (non sono le foglie a essere umide, ma è la sensazione uditiva delle parole del poeta a rendere la percezione della freschezza); così come del si tace / l’acqua del cielo (vv. 16-17), dove la vista è compenetrata nel silenzio; e delle Dolci […] parole (v. 18), che fondono gusto e udito.
Nella delicatezza di immagini e suoni che caratterizza la lirica non manca infine un importante residuo dell’estetismo misticheggiante tipicamente decadente. Ci riferiamo alle terzine della ripresa-ritornello posta in chiusura di ciascuna delle tre strofe, terzine chiaramente modellate sul Cantico delle creature di Francesco d’Assisi. Tuttavia, oltre a conferire una veste arcaizzante al testo, il motivo della lode offerta in dono alla sera, trasformata in figura femminile, è una suggestione elegante e simbolica. Al di là della formula d’apertura (Laudata sii), il poeta ricrea un’atmosfera di pace e consolazione (come si coglie dall’accenno agli ulivi al v. 29, chiamati, con un termine francescano, fratelli), che si spegne nel sensuale dissolversi della notte (vv. 49-51), epilogo di una estenuata e conturbante partitura liturgica.

VERSO LE COMPETENZE

Comprendere

1 A chi si rivolge il poeta nella lirica?


2 Quali particolari permettono di collocare la situazione evocata in una specifica stagione dell’anno?


3 Riassumi il contenuto di ciascuna strofa.

ANALIZZARE

4 Completa la tabella collegando ciascuna delle seguenti figure retoriche alla rispettiva espressione:

similitudine metafora epizeusi sineddoche personificazione figura etimologica apostrofe


su gli olivi, su i fratelli olivi (v. 29)


o Sera (vv. 16, 33, 50)


come il salce (v. 33)


amare / d’amor (vv. 47-48)


beva la sperata pace (v. 13)


antichi rami (v. 37)


pini dai novelli rosei diti (v. 23)



5 Nel componimento, ciascuno degli elementi naturali elencati qui di seguito compie un’azione, o così sembra, proprio come un essere umano. Indica attraverso quali immagini poetiche d’Annunzio ha reso la loro personificazione:

la Luna .........................................................................................................................................................................

la campagna ..............................................................................................................................................................

la Sera .........................................................................................................................................................................

la pioggia ....................................................................................................................................................................

i germogli dei pini .....................................................................................................................................................

il fieno falciato ...........................................................................................................................................................

gli olivi ..........................................................................................................................................................................

il fiume Arno ...............................................................................................................................................................


6 Individua i fonosimboli presenti nel testo.

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INTERPRETARE

7 Qual è il valore attribuito alla parola poetica? E quale ruolo il poeta assume per sé?


8 Quali parole conferiscono una particolare atmosfera erotica all’ultima strofa?

sviluppare il lessico

9 Individua nel testo almeno cinque latinismi e scrivi, per ciascuno, un sinonimo di uso comune.

scrivere per...

argomentare

10 La sera rappresenta un topos molto frequente in poesia, soprattutto a partire dal Romanticismo. A tuo giudizio, per quale motivo? Facendo riferimento a testi di poeti che conosci, metti in luce l’originalità con cui d’Annunzio affronta il tema.

T8

La pioggia nel pineto

Alcyone

Una passeggiata senza meta in compagnia della donna amata, qui chiamata Ermione, lungo una pineta del litorale pisano, e la pioggia che cade sulla vegetazione e sui due amanti, i quali finiscono per sciogliersi nel paesaggio: la metamorfosi panica, la trama musicale data dal ritmo della pioggia, la segreta armonia della natura dominano questa celebre lirica, composta probabilmente nell’estate del 1902.


Metro 4 strofe di 32 versi liberi ciascuna, con presenza irregolare di rime e assonanze.
 Asset ID: 119001 (let-audlet-la-pioggia-nel-pineto-g30.mp3

Audiolettura

Taci. Su le soglie

del bosco non odo

parole che dici

umane; ma odo

5      parole più nuove

che parlano gocciole e foglie

lontane.

Ascolta. Piove

dalle nuvole sparse.

10    Piove su le tamerici

salmastre ed arse,

piove su i pini

scagliosi ed irti,

piove su i mirti

15    divini,

su le ginestre fulgenti

di fiori accolti,

su i ginepri folti

di  coccole aulenti,

20    piove su i nostri volti

silvani,

piove su le nostre mani

ignude,

su i nostri vestimenti

25    leggieri,

su i freschi pensieri

che l’anima schiude

novella,

su la favola bella

30    che ieri

t’illuse, che oggi m’illude,

o Ermione.

Odi? La pioggia cade

su la solitaria

35    verdura

con un crepitìo che dura

e varia nell’aria

secondo le fronde

più rade, men rade.

40    Ascolta. Risponde

al pianto il canto

delle cicale

che il pianto australe

non impaura,

45    né il ciel cinerino.

E il pino

ha un suono, e il mirto

altro suono, e il ginepro

altro ancòra, stromenti

50    diversi

sotto innumerevoli dita.

E immersi

noi siam nello spirto

silvestre,

55    d’arborea vita viventi;

e il tuo volto ebro

è molle di pioggia

come una foglia,

e le tue chiome

60    auliscono come

le chiare ginestre,

o creatura terrestre

che hai nome

Ermione.

65    Ascolta, ascolta. L’accordo

delle aeree cicale

a poco a poco

più sordo

si fa sotto il pianto

70    che cresce;

ma un canto vi si mesce

più roco

che di laggiù sale,

dall’umida ombra remota.

75    Più sordo, e più fioco

s’allenta, si spegne.

Sola una nota

ancor trema, si spegne,

risorge, trema, si spegne.

80    Non s’ode voce dal mare.

Or s’ode su tutta la fronda

crosciare

l’argentea pioggia

che monda,

85    il croscio che varia

secondo la fronda

più folta, men folta.

Ascolta.

La figlia dell’aria

90    è muta; ma la figlia

del limo lontana,

la rana,

canta nell’ombra più fonda,

chi sa dove, chi sa dove!

95    E piove su le tue ciglia,

Ermione.

Piove su le tue ciglia nere

sì che par tu pianga

ma di piacere; non bianca

100 ma quasi fatta virente,

par da scorza tu esca.

E tutta la vita è in noi fresca

aulente,

il cuor nel petto è come pèsca

105 intatta,

tra le pàlpebre gli occhi

son come polle tra l’erbe,

i denti negli alvèoli

son come mandorle acerbe.

110 E andiam di fratta in fratta,

or congiunti or disciolti

(e il verde vigor rude

ci allaccia i mallèoli

c’intrica i ginocchi)

115 chi sa dove, chi sa dove!

E piove su i nostri volti

silvani,

piove su le nostre mani

ignude,

120 su i nostri vestimenti

leggieri,

su i freschi pensieri

che l’anima schiude

novella,

125 su la favola bella

che ieri

m’illuse, che oggi t’illude,

o Ermione.

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DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

Sulle soglie di una solitaria pineta, lungo il litorale sabbioso toscano, una pioggia estiva sorprende il poeta e la donna amata, qui chiamata Ermione, durante una passeggiata. Le gocce crepitano sui rami e fanno germogliare una nuova vita nella calura estiva (vv. 4-7). Il silenzio della natura è interrotto dai suoni (che sembrano parole): il mutevole ritmo della pioggia, che scroscia più o meno intensamente, compone una lunga sinfonia insieme al frusciare delle foglie e all’eco di versi di animali. Mentre vagano nel pae­saggio naturale completamente estraniati dal resto del mondo e immersi nel concerto dei suoni, il poeta e la compagna si svestono dei panni umani e iniziano un processo di trasformazione verso una forma di vita vegetale che si attua in crescendo: i loro volti diventano silvani (v. 21), l’anima schiude (v. 27) pensieri come fiori, fino a che la loro comunione con la natura è completa. Ormai tutt’uno con il bosco, la loro identità non è più umana, essendosi dissolta in una metamorfosi panica che li ha investiti completamente, coinvolgendo la dimensione fisica e quella psichica, il corpo, i pensieri e i sogni.

Abbattuta definitivamente ogni barriera tra l’io e la natura, l’ultima strofa sancisce il compimento dell’identificazione: il cuore delle due creature è come pèsca / intatta (vv. 104-105), gli occhi sono come polle tra l’erbe (v. 107), i denti come mandorle acerbe (v. 109). Il poeta può finalmente attingere al mistero dell’universo, immergendosi nella profondità remota, arcana e senza tempo della natura.

 >> pagina 590

Come in altre poesie dannunziane, anche qui l’ispirazione nasce da uno spunto narrativo: l’acquazzone estivo che bagna il poeta e la sua compagna. È un esile pretesto, subito trasfigurato nella dimensione mitica della fusione panica con la natura: l’esperienza della metamorfosi è evocata da d’Annunzio come il compimento di una favola bella (vv. 29 e 125), un’avventura purificatrice che li libera dai residui della realtà e della civiltà e permette loro di ascendere a un altro piano, quello dell’estasi dei sensi e della squisita sensazione dell’annullamento nel fluido e nella linfa segreta degli alberi.

Attenzione, però: non dimentichiamo che il panismo dannunziano coincide sempre con l’affermazione di un privilegio riservato solo a creature superiori. Anche nella Pioggia nel pineto, infatti, il processo apparentemente regressivo – dall’umano al vegetale – coincide di fatto con un esercizio di potenziamento di sé, grazie al quale il soggetto, assimilandosi alla natura attraverso la percezione sensoriale, trascende i propri limiti individuali e realizza una piena comunione con il tutto. Le parole più nuove (v. 5) pronunciate da gocciole e foglie (v. 6) possono essere udite infatti solo dallo spirito eletto che è in grado di decifrarle e celebrarle, riproducendole (o traducendole) grazie al proprio virtuosismo in un mutevole spartito musicale.

Le scelte stilistiche

La sensibilità musicale di d’Annunzio (senza dubbio una delle componenti più autenticamente decadenti della sua poesia) si mostra in questo componimento in tutte le sue eccezionali potenzialità tecniche. Il poeta riesce con indiscutibile efficacia a definire il ritmo, il rumore, diremmo quasi il movimento della pioggia e delle altre componenti del paesaggio. L’esortazione rivolta a Ermione nel primo verso (Taci), poi ribadita più volte con ulteriori inviti (Ascolta, vv. 8, 40, 65, 88; Odi?, v. 33), potrebbe benissimo essere estesa a noi lettori: restiamo in silenzio, come in attesa di un prodigio, ad ascoltare i versi di d’Annunzio che traducono magicamente l’armonia del bosco.

Per esprimere analogicamente il perpetuo cambiamento dei più minuti dettagli della natura, l’autore dà vita a una struttura irregolare di versi di misura ineguale, che viene però ordinata su strofe omogenee per numero di versi (32). Accanto a senari, settenari, ottonari e novenari, compaiono versi brevi, brevissimi, spesso coincidenti con un singolo vocabolo formato da tre sillabe (per esempio nella prima strofa incontriamo lontane, divini, silvani, ignude, leggieri, novella).

Anche le proposizioni sono in massima parte brevi; quando si snodano in più versi, vengono frammentate grazie alla brevità delle battute e alla frequente iterazione del medesimo termine. Notiamo, per esempio, nella strofa di apertura, l’anafora del verbo piove, ripetuto per ben sei volte e sempre con valore introduttivo; l’insistenza sulla preposizione su (che compare in undici dei trentadue versi della prima strofa) e la ripresa della congiunzione e, che rende paratattico il discorso nella seconda e terza strofa; e ancora il ritorno di si spegne (vv. 76, 78, 79), che troviamo in clausola nella terza strofa.

L’assoluta libertà metrica che d’Annunzio si concede gli permette di ottenere una musicalità spezzata, tesa a imitare la cadenza variabile delle gocce di pioggia e degli altri suoni naturali. Al mutare del ritmo, garantito dalle spezzature degli enjambement che scandiscono e dilatano il verso, corrispondono le diverse rime, baciate o interne (e varia nell’aria, v. 37; più rade, men rade, v. 39; al pianto il canto, v. 41), spesso alternate dall’altrettanto ricco spettro di assonanze-consonanze e dal recupero delle stesse frasi in punti diversi del componimento: è il caso del chi sa dove, chi sa dove! dei vv. 94 e 115 (il primo è riferito al gracidare della rana, il secondo allude al viaggio misterioso del poeta e della donna), delle anadiplosi dei vv. 95-97 (piove su le tue ciglia […] / Piove su le tue ciglia nere) e soprattutto del poliptoto t’illuse… m’illude e m’illuse… t’illude che chiude, in inversione, la prima e l’ultima strofa.
 >> pagina 591

La musicalità della parola poetica è accentuata inoltre dagli effetti fonici prodotti dall’uso di figure di suono come allitterazioni (per esempio, piove su i pini, v. 12; verde vigor rude, v. 112; al pianto il canto / delle cicale / che il pianto australe, vv. 41-43 ecc.), fonosimboli (crepitìo, v. 36; crosciare, v. 82; croscio, v. 85) e da un lessico, semplice nei significati ma costellato di termini ricercati (tamerici, v. 10; mirti, v. 14) e aggettivi letterari (fulgenti, v. 16; aulenti, v. 19; virente, v. 100), usati dal poeta più per la loro energia musicale che per il loro valore semantico.

VERSO LE COMPETENZE

Comprendere

1 Riassumi il contenuto della poesia, dando un titolo a ciascuna delle quattro strofe.


2 Individua la parola chiave della poesia: qual è la sua importanza, sia sul piano musicale sia su quello contenutistico?


3 Quali sono le parole più nuove di cui il poeta parla al v. 5?

ANALIZZARE

4 Rintraccia le apostrofi presenti nel testo.


5 Completa la tabella individuando i diversi elementi su cui cade la pioggia.


Elementi naturali

Elementi umani

Elementi emotivi









































6 La fronda del v. 81 sta per “albero”. Di quale figura retorica si tratta?

  • a Similitudine. 
  • b Sinestesia.
  • c Sineddoche.
  • d Personificazione.


7 Quali caratteristiche presenta la sintassi? Vi è maggiore presenza di periodi lunghi o brevi? Prevale la subordinazione o la coordinazione? E, infine, c’è coincidenza tra frase e verso, tra periodo e strofa?

INTERPRETARE

8 Quali elementi rendono questa poesia un esempio di poetica simbolista?

scrivere per...

rielaborare

9 Partendo dall’esiguo nucleo narrativo del componimento e sfrondandone tutte le suggestioni poetiche, trasformalo in un testo in prosa d’impronta realistica.


10 Leggi nella scheda nella pagina che segue le parodie della poesia dannunziana composte da Luciano Fólgore ed Eugenio Montale, e prova poi a fare come loro. Prendi il componimento più noto di un poeta che proprio non ti va a genio (magari lo stesso d’Annunzio o chi altro vuoi), riproducine il metro e il contenuto, ma esasperane i temi fino a trasformarlo in una caricatura, proprio come fanno gli imitatori di oggi quando deridono personaggi pubblici che si prendono troppo sul serio.

Il magnifico viaggio - volume 5
Il magnifico viaggio - volume 5
Dal secondo Ottocento al primo Novecento