Nella letteratura italiana dell’ultimo mezzo secolo, non c’è forse un poeta più “pascoliano” del marchigiano Umberto Piersanti (n. 1941), autore particolarmente attento, nella sua produzione in versi, alla concretezza della natura e ai temi della terra e del paesaggio.
Egli stesso ha riconosciuto più volte che la lezione di Pascoli è stata di fondamentale importanza nel suo percorso artistico. «Pascoli», ha dichiarato in un’intervista, «mi ha insegnato la precisione dei dettagli e delle parole per indicare la natura, oltre al gusto per una lingua che non ha perso la cadenza e il ritmo della musica. Benché usi parole “basse”, umili, quello di Pascoli è ancora un canto spiegato. Sebbene apra alla modernità novecentesca, Pascoli è ancora, per fortuna, un grande lirico». E ancora: «Pascoli ha dimostrato che essere un “poeta di natura” significa non soltanto dire qualcosa sulla natura, ma essere artista di grandi campi visivi. Vuol dire buttare la testa in mezzo ai fiori, conoscere colori, odori, sapori, emozionarsi di fronte allo scoiattolo che sale sul ramo o al passerotto che passa mezz’ora a beccare un cachi sull’albero. Poi tutto questo bisogna saperlo rendere in poesia. La natura è uno dei grandi archetipi della poesia, insieme con l’amore e lo scorrere del tempo. Questo è ciò che cerco di fare nei miei versi: essere poeta di natura. E in Pascoli ho un validissimo modello».