L’approdo al Verismo: Vita dei campi

L’approdo al Verismo: Vita dei campi

Al Verismo Verga approda dopo un lungo percorso di riflessione. Mentre è ancora impegnato nella stesura dei romanzi della prima fase, quella romantica, egli sperimenta un nuovo tipo di racconto, con una diversa ambientazione e personaggi presi dall’umile realtà della sua terra d’origine. La svolta avviene nel 1874, anno di composizione di Nedda, un «bozzetto siciliano» che ha per protagonista una povera raccoglitrice di olive, la quale perde prima l’amato, poi la figlioletta. In questa novella sono però ancora presenti gli aspetti tipici del Verga pre-verista: lo sguardo paternalistico del narratore e un registro stilistico ancora tradizionale.

Dopo la pubblicazione di Primavera e altri racconti (1876), una silloge di testi narrativi sul modello scapigliato, la raccolta Vita dei campi, edita nel 1880, rappresenta l’inizio della stagione verista: si compone di 8 novelle, alcune delle quali già pubblicate su rivista nel biennio precedente (Fantasticheria, Cavalleria rusticana, L’amante di Gramigna, Jeli il pastore, La Lupa, Rosso Malpelo, Guerra di Santi, Pentolaccia), per lo più ambientate nella campagna siciliana e incentrate su passioni elementari e incontrollabili, destinate a un approdo tragico. I temi principali dell’opera sono l’amore, vissuto come sentimento lacerante e trasgressivo; l’interesse economico, che rappresenta spesso la molla delle azioni umane; il carattere viscerale e primitivo dei protagonisti, condannati alla solitudine sullo sfondo di un mondo immobile e arcaico.

Con disincantato pessimismo e mediante l’applicazione delle tecniche espressive veriste (in primo luogo, l’impersonalità), Verga individua le leggi che regolano i rapporti umani, a partire dai princìpi dell’utile economico. Tuttavia resiste una residua valorizzazione del mondo degli umili, ancorati a valori salvifici come la famiglia e l’onore: in particolare, nella novella Fantasticheria, si delinea uno degli assi portanti dell’ideologia verghiana, quell’«ideale dell’ostrica» che garantisce l’appartenenza individuale a una comunità non ancora falsata dalle convenzioni sociali.

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Un “manifesto” del Verismo verghiano

Vita dei campi, Prefazione a L’amante di Gramigna

Il brano che proponiamo è la lettera dedicatoria indirizzata allo scrittore e giornalista Salvatore Farina (1846-1918) che funge da prefazione alla novella L’amante di Gramigna. Il testo, pubblicato per la prima volta nel 1880 sulla “Rivista minima”, di cui era direttore lo stesso Farina, riveste un’importanza fondamentale nella produzione di Verga, in quanto chiarisce princìpi e scelte alla base della sua adesione al Verismo.

Caro Farina, eccoti non un racconto ma l’abbozzo di un racconto. Esso almeno 

avrà il merito di esser brevissimo, e di esser storico – un documento umano, come 

dicono oggi;1 interessante forse per te, e per tutti coloro che studiano nel gran libro 

del cuore. Io te lo ripeterò così come l’ho raccolto pei viottoli dei campi, press’a 

5      poco colle medesime parole semplici e pittoresche della narrazione popolare, e tu 

veramente preferirai di trovarti faccia a faccia col fatto nudo e  schietto, senza stare 

a cercarlo fra le linee del libro, attraverso la lente2 dello scrittore. Il semplice fatto 

umano farà pensare sempre; avrà sempre l’efficacia dell’essere stato, delle lagrime 

vere, delle febbri3 e delle sensazioni che sono passate per la carne; il misterioso 

10    processo per cui le passioni si annodano, si intrecciano, maturano, si svolgono nel 

loro cammino sotterraneo nei loro andirivieni che spesso sembrano contradditori, 

costituirà per lungo tempo ancora la possente attrattiva di quel fenomeno 

psicologico che dicesi4 l’argomento di un racconto, e che l’analisi moderna si studia5 di 

seguire con scrupolo scientifico. Di questo che ti narro oggi ti dirò soltanto il punto 

15    di partenza e quello d’arrivo, e per te basterà, e un giorno forse basterà per tutti.

Noi rifacciamo il processo artistico al quale dobbiamo tanti monumenti6 gloriosi, 

con metodo diverso, più minuzioso e più intimo; sacrifichiamo volentieri 

l’effetto della catastrofe, del risultato psicologico, intravvisto con intuizione quasi 

divina dai grandi artisti del passato, allo sviluppo logico, necessario di esso, ridotto7 

20    meno imprevisto, meno drammatico, ma non meno fatale; siamo più modesti, 

se non più umili; ma le conquiste che facciamo delle verità psicologiche non 

saranno un fatto meno utile all’arte dell’avvenire. Si arriverà mai a tal perfezionamento 

nello studio delle passioni, che diventerà inutile il proseguire in cotesto 

studio dell’uomo interiore? La scienza del cuore umano, che sarà il frutto della 

25    nuova arte, svilupperà talmente e così generalmente tutte le risorse dell’immaginazione 

che nell’avvenire i soli romanzi che si scriveranno saranno i fatti diversi?

Intanto io credo che il trionfo del romanzo, la più completa e la più umana 

delle opere d’arte, si raggiungerà allorché l’affinità e la coesione di ogni sua parte 

sarà così completa che il processo della creazione rimarrà un mistero, come lo 

30    svolgersi delle passioni umane; e che l’armonia delle sue forme sarà così perfetta, 

la sincerità della sua realtà così evidente, il suo modo e la sua ragione di essere così 

necessarie, che la mano dell’artista rimarrà assolutamente invisibile, e il romanzo 

avrà l’impronta dell’avvenimento reale, e l’opera d’arte sembrerà essersi fatta da 

, aver maturato ed esser sorta spontanea come un fatto naturale, senza serbare 

35    alcun punto di contatto col suo autore; che essa non serbi nelle sue forme viventi 

alcuna impronta della mente in cui germogliò, alcuna ombra dell’occhio che la 

intravvide, alcuna traccia delle labbra che ne mormorarono le prime parole come 

il fiat creatore;8 ch’essa stia per ragion propria, pel solo fatto che è come dev’essere, 

ed è necessario che sia, palpitante di vita ed immutabile al pari di una statua di 

40    bronzo, di cui l’autore abbia avuto il coraggio divino di eclissarsi e sparire nella
sua opera immortale.

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DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

In questa introduzione sotto forma di lettera, Verga espone all’amico Salvatore Farina i fondamenti della propria poetica e le opzioni stilistiche che segnano la sua adesione al Verismo. Si tratta, in realtà, di spiegazioni offerte al proprio pubblico di lettori, presumibilmente disorientati dal cambiamento di registro dell’autore, ora consacratosi al “vero” dopo una corposa produzione letteraria all’insegna della ridondanza e della finzione romantica e sentimentale.

Secondo il nuovo Verga verista, la narrativa (il documento umano, r. 2), in quanto espressione di una nuova scienza (la scienza del cuore umano, r. 24), dovrà basarsi sulla rappresentazione di fatti realmente accaduti (i fatti diversi, r. 26), ricostruirli con scrupolo scientifico (r. 14) e riportarli sulla pagina usando il linguaggio popolare. L’autore rinuncerà a ogni invenzione e abbellimento estetico per perseguire unicamente uno scopo documentario: a tal fine egli si eclisserà, in modo da eliminare ogni intrusione interpretativa nella vicenda e far sì che l’arte parli da sola, senza filtri e mediazioni (l’opera sembrerà in tal modo essersi fatta da sé, rr. 33-34).

Una tale poetica comporta la rinuncia agli ingredienti essenziali del “romanzesco” per concentrarsi solo sul fatto nudo e schietto, anche a costo di sacrificare l’effetto della catastrofe (r. 18), vale a dire la conclusione a effetto delle vicende, il cui epilogo starà invece al lettore intuire. È un principio teorico, questo, a cui Verga si atterrà nella pratica, come vedremo nei finali “sottintesi” e non esplicitati apertamente delle novelle Rosso Malpelo ( T2, p. 209) e La Lupa ( T3, p. 225).

Le scelte stilistiche

Nel testo Verga delinea una prospettiva futura, nella quale il perfezionamento dell’impersonalità potrà permettere una totale coincidenza tra realtà e romanzo, fatto e narrazione. Ma come rendere possibile tale effetto? Verga utilizza l’espressione eclissarsi e sparire (r. 40): con il primo verbo, egli indica la necessità che l’autore elimini ogni traccia di sé e del suo lavoro, servendosi delle medesime parole semplici e pittoresche della narrazione popolare (r. 5); con il secondo, si chiarisce il risultato di tale invisibilità sul lettore, che potrà cogliere autonomamente i rapporti di causa ed effetto delle situazioni e delle passioni umane (r. 30), senza percepire la presenza della mano dell’artista (r. 32).

VERSO LE COMPETENZE

Comprendere

1 Dopo aver letto i presupposti teorici presentati in questo brano da Verga, segna con una crocetta quali di questi caratteri sono essenziali in un racconto verista:

  •    la ricchezza degli accadimenti;
  •    la brevità;
  •    il lieto fine;
  •    la conclusione a sorpresa;
  •    l’essenzialità;
  •    l’analisi psicologica dei personaggi;
  •    lo studio scientifico delle passioni.

ANALIZZARE

2 La prefazione presenta tre capoversi. Dai un titolo a ciascuno di essi.


3 Per mettere in risalto il carattere antiletterario dello stile adottato per la novella Verga si serve, all’inizio della prefazione, di un’immagine metaforica. Quale?


4 L’impronta positivista del testo traspare anche dalla terminologia scientifica usata dall’autore. Elenca parole ed espressioni che richiamano tale impostazione.

INTERPRETARE

5 Perché, secondo te, il romanzo viene definito la più completa e la più umana delle opere d’arte (rr. 27-28)?

Il magnifico viaggio - volume 5
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Dal secondo Ottocento al primo Novecento