Gli altri scritti in prosa

Gli altri scritti in prosa

Saggi storici, letterari e filosofici

Buona parte delle opere saggistiche di Manzoni nasce in margine all’elaborazione dei suoi principali lavori poetici, narrativi, teatrali, che stimolano intense riflessioni di carattere teorico. Tuttavia a partire dagli anni Trenta l’autore abbandona sostanzialmente il lavoro creativo, indirizzando i propri interessi intellettuali agli studi storici, letterari e filosofici.

Osservazioni sulla morale cattolica

Per la prima volta, nel 1819, Manzoni si cimenta con la prosa, scrivendo un testo apologetico (rimasto incompiuto) con il quale intende ribattere le accuse lanciate contro la Chiesa dallo studioso di origine svizzera e di religione calvinista Jean-Charles-Léonard- Sismonde de Sismondi (1773-1842). In un’opera pubblicata a Parigi nel 1807, questi aveva sostenuto che la decadenza politica e morale degli italiani derivasse dall’operato delle gerarchie ecclesiastiche, soprattutto a partire dall’età della Controriforma.

Con un approccio linguistico che aspira alla chiarezza espositiva e con un atteggiamento di grande tolleranza verso la tesi opposta, Manzoni replica che la morale cattolica è superiore a quella laica, in quanto stabile, perfetta e non soggetta ai cambiamenti umani, e che i princìpi di uguaglianza, promossi dall’Illuminismo, discendono dal Vangelo, il quale fornisce risposte indiscutibili alle contraddizioni della vita e della storia umana.

Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia

Germogliata dalle ricerche svolte per la stesura dell’Adelchi, l’opera, scritta nel 1822, affronta la questione dei rapporti tra Longobardi e popolazioni italiche, sostenendo la tesi della mancata fusione tra i due gruppi: ne consegue che secondo l’autore la richiesta di aiuto ai Franchi, da parte del Papato, non possa essere considerata la causa della prima invasione straniera in Italia.

L’interesse dell’opera sta tuttavia non tanto nel punto di vista storiografico offerto da Manzoni, quanto nella sua visione romantica della Storia, che appare come teatro non delle imprese di pochi eroi, ma della sofferenza degli umili, cioè di quella «immensa moltitudine di uomini […] che passa su la terra, su la sua terra, inosservata, senza lasciarci traccia».

Storia della colonna infame

Già incluso nel Fermo e Lucia, questo saggio storico viene pubblicato nel 1840 in appendice all’edizione definitiva dei Promessi sposi. Manzoni vi ripercorre il processo a due presunti “untori” (così erano chiamati coloro che venivano sospettati di diffondere il contagio ungendo persone e cose con sostanze velenose), durante la peste milanese del 1630, condannando con sdegno l’uso della tortura e le responsabilità dei giudici che decisero la pena di morte.

Del romanzo storico

Questo discorso, avviato nel 1828 ma pubblicato solo nel 1850, rappresenta una sorta di palinodia, cioè di ritrattazione delle proprie stesse scelte artistiche. Manzoni infatti condanna la mescolanza di Storia e invenzione nelle opere narrative, che era stata alla base della scrittura dei Promessi sposi.

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Dell’invenzione

Si tratta di un dialogo filosofico sul tema della creazione artistica, scritto nel 1850 e fortemente influenzato dalle idee del filosofo Antonio Rosmini. Manzoni nega all’artista la facoltà di inventare dal nulla: richiamandosi all’etimologia del termine “invenzione” dal verbo latino invenio, che significa “trovare”, sostiene che il suo compito non sia dare libero sfogo alla fantasia, ma consista appunto nel rintracciare idee e argomenti che esistono già nella mente di Dio, in linea con la verità della Storia, intesa come espressione della volontà e della Provvidenza.

La Rivoluzione francese del 1789 e la Rivoluzione italiana del 1859

È un saggio comparativo, elaborato negli anni Sessanta ma rimasto incompiuto. Nella sola parte compilata, pubblicata postuma, Manzoni ragiona sugli effetti a suo parere disastrosi della Rivoluzione del 1789, che diede all’oppressione «nome di libertà».

Scritti sulla questione della lingua

Il problema della lingua assilla anche sul piano teorico Manzoni, il quale cerca costantemente di approdare a una soluzione definitiva non solo in riferimento alla propria arte, ma anche e soprattutto in relazione all’esigenza nazionale di un popolo ancora non unito politicamente e, appunto, linguisticamente.

Della lingua italiana

Tra il 1830 e la fine degli anni Cinquanta Manzoni si occupa a più riprese di questo trattato, un «eterno lavoro» rimasto inedito e incompiuto. Le carte superstiti insistono sia su argomenti classici, come l’origine del linguaggio umano, sia su questioni puntuali, come il ruolo da attribuire al fiorentino in ambito nazionale.

Relazione intorno all’unità della lingua e ai mezzi di diffonderla

Si tratta di una relazione inviata nel 1868 al ministro della Pubblica istruzione sulla questione che fino all’ultimo più impegnò Manzoni.

Sentir messa

Risalente al 1835-1836, ma pubblicato postumo, questo scritto è originato da un fatto occasionale, cioè la critica che il grammatico piemontese Michele Ponza aveva mosso alla locuzione “sentir messa”, giudicata un dialettismo, impiegata da Tommaso Grossi nel romanzo Marco Visconti (1834). La replica manzoniana, sottolineando la maggior diffusione di “sentir messa” nell’uso corrente rispetto a “udir messa”, si estende a un’ampia riflessione sul carattere dell’uso linguistico fino a promuovere la concezione di una lingua scritta il più possibile vicina a quella parlata.

LETTERA SULLA LINGUA ITALIANa

Importante è pure la Lettera sulla lingua italiana (1847) all’erudito Giacinto Carena, dove lo scrittore milanese espone con chiarezza le ragioni della sua preferenza per il fiorentino dell’uso colto: la soluzione, del resto, messa coerentemente in atto nella versione definitiva del suo romanzo.

Il magnifico viaggio - volume 4
Il magnifico viaggio - volume 4
Il primo Ottocento