CRITICI A CONFRONTO - Antonio Gramsci, Alberto Moravia e Carlo Bo - Qual è l’atteggiamento di Manzoni verso il popolo?

CRITICI A CONFRONTO

Antonio Gramsci, Alberto Moravia e Carlo Bo

Qual è l’atteggiamento di Manzoni verso il popolo?

Se già Benedetto Croce (1866-1952) riteneva che nei Promessi sposi gli intenti morali fossero prevalenti su quelli artistici, Antonio Gramsci (1891-1937) mise in discussione l’atteggiamento dello scrittore verso il popolo, giudicandolo paternalistico, come se l’autore guardasse agli “umili” dall’alto della sua posizione aristocratica. Gli spunti gramsciani sono stati ripresi dallo scrittore Alberto Moravia (1907-1990), che ha affermato che la fortuna di Manzoni è dipesa più dalla sua morale pedagogica che dai meriti letterari, criticando la presenza eccessiva (a suo modo di vedere) della religione nel romanzo: secondo Moravia, quella di Manzoni, è arte di propaganda, sebbene nel suo caso la propaganda non sia diretta, bensì dissimulata e quasi “disciolta” nella poesia. Alle riserve della critica di stampo marxista ha risposto Carlo Bo (1911-2001), che ha provato a smontare le argomentazioni di Moravia (e dunque, indirettamente, anche quelle di Gramsci).

Antonio Gramsci

Il carattere “aristocratico” del cattolicismo manzoniano appare dal “compatimento” scherzoso verso le figure di uomini del popolo (ciò che non appare in Tolstoj1): come fra Galdino (in confronto di frate Cristoforo), il sarto, Renzo, Agnese, Perpetua, la stessa Lucia ecc. […]

Ma non si tratta di volere che il Manzoni “aduli il popolo”; si tratta del suo atteggiamento psicologico verso i singoli personaggi che sono “popolani”: questo atteggiamento è nettamente di casta pur nella sua forma religiosa cattolica; i popolani, per il Manzoni, non hanno “vita interiore”, non hanno personalità morale profonda; essi sono “animali”, e il Manzoni è “benevolo” verso di loro, proprio della benevolenza di una cattolica società di protezione degli animali. […] L’atteggiamento del Manzoni verso i suoi popolani è l’atteggiamento della Chiesa cattolica verso il popolo; di condiscendente benevolenza, non di medesimezza2 umana. […]

Che non abbia un gran significato il fatto che gli “umili” abbiano una parte di prim’ordine nel romanzo manzoniano, è giusto, come dice il Crispolti.3 Il Manzoni pone il “popolo” nel suo romanzo, oltre che per i personaggi principali (Renzo, Lucia, Perpetua, fra Galdino ecc.) anche per la massa (tumulti di Milano, popolani di campagna, il sarto ecc.) ma appunto il suo atteggiamento verso il popolo non è “popolare-nazionale”, ma aristocratico. […]

E il Manzoni è troppo cattolico per pensare che la voce del popolo sia la voce di Dio: tra il popolo e Dio c’è la Chiesa, e Dio non s’incarna nel popolo, ma nella Chiesa. Che Dio s’incarni nel popolo può crederlo il Tolstoj, non il Manzoni. Certo questo atteggiamento del Manzoni è sentito dal popolo e perciò i Promessi sposi non sono mai stati popolari: sentimentalmente il popolo sentiva il Manzoni lontano da sé e il suo libro come un libro di devozione, non come un’epopea popolare.


(Antonio Gramsci, Letteratura e vita nazionale, Einaudi, Torino 1953)

Alberto Moravia

Si è parlato, è vero, in passato, a proposito dei Promessi sposi, di arte oratoria; ma sempre in maniera più o meno conforme alla tradizione, cioè distinguendo oratoria da poesia e intendendo la prima nel vecchio e preciso senso umanistico e didascalico. Che noi si sappia, nessuno ha mai visto che l’arte di propaganda manzoniana non ha niente a che fare, così nei mezzi come nei fini, con la vecchia arte oratoria anche intendendo quest’ultima in senso molto generico; e che essa è invece originata da un concetto molto moderno, per dirla in breve, totalitario, il quale non si accontenta dell’oratoria tradizionale, troppo scoperta e limitata per essere efficace, e vuole invece che la propaganda sia fatta proprio con la poesia ossia con la pura rappresentazione e soltanto con questa. In altri termini: l’arte di propaganda del Manzoni anticipa per molti aspetti i modi e i metodi dell’arte di propaganda quale l’intendono i moderni, ossia gli scrittori del realismo socialista.1 […]

Così, un secolo prima del realismo socialista, noi abbiamo nei Promessi sposi ciò che chiameremo per comodità un tentativo di realismo cattolico. […]

A questo punto qualcuno ci domanderà perché mai siamo andati a cercare proprio il Manzoni per parlare del realismo cattolico o meglio del realismo socialista, ossia dell’arte di propaganda quale è intesa nei tempi moderni. Rispondiamo che siamo andati a cercare il Manzoni appunto perché è un artista di tale grandezza. L’arte di propaganda degli artisti moderni è infatti così scadente che c’è sempre il pericolo di sentirsi rispondere che la colpa non è tanto della propaganda quanto della nativa mediocrità degli artisti. Ma ecco il Manzoni, un artista tra i maggiori di tutti i tempi; eppure, nonostante le risorse del suo ingegno, davvero infinite se paragonate a quelle degli scrittori del millennio socialista, l’arte di propaganda, perseguita alla maniera moderna non con i procedimenti dell’eloquenza ma con le rappresentazioni della poesia, produce in lui gli stessissimi effetti.


(Alberto Moravia, Introduzione ai “Promessi Sposi”, Einaudi, Torino 1960)

Carlo Bo

I Promessi sposi hanno obbligato Moravia a confessarsi in pubblico. […]

Fino a che punto è lecito trasferire nell’ambito delle nostre preoccupazioni un documento profondamente legato a determinate condizioni culturali e spirituali? Il procedimento – non c’è dubbio – è più che lecito, ma detto questo, non si è mai abbastanza prudenti sulle conseguenze e sui limiti dei motivi accettati nel corso del confronto. […]

Ora quando si parla di religione dei Promessi sposi sarebbe opportuno distinguere fra cattolicesimo rappresentato e cattolicesimo ispiratore, vale a dire fra le immagini e l’inventore di queste immagini, fra il quadro descritto e il Manzoni. Una volta fatta tale distinzione, appare ben difficile portare sul banco degli imputati il Manzoni, accusandolo nella fattispecie o di praticare un cattolicesimo aristocratico o di aver lasciato andare da una parte i princìpi e dall’altra l’applicazione pratica delle regole interiori o addirittura di non aver avuto nessuna fiducia nella storia, trovando una troppo facile scappatoia nella Provvidenza. […]

Allo stesso modo non sembra possibile accettare le riserve di Moravia (che del resto seguono le avventate impressioni di Gramsci) sul valore limitato del cattolicesimo di Manzoni e, in particolare, di quello degli “umili”; il limite era dato dalla conoscenza del cuore umano. Sarebbe stato ridicolo dare all’esempio degli umili un riflesso eccessivo, superiore alle loro vere forze umane. Se Manzoni avesse seguito quella strada, oggi davvero potremmo accusarlo di avere cercato la via della propaganda. Moravia si domanda se Manzoni fosse democratico e pensando al Boccaccio risponde di no. […]

Qui ci sono due grossi equivoci e derivano dal fatto che non è stato appurato prima e, cioè, il cattolicesimo se vero, se sincero, ammette di essere definito e classificato? Nel nostro caso, che valore hanno termini come “aristocratico” e “democratico”? Una volta che sia vista l’impossibilità di servirsi di tali misure, è opportuno aggiungere che la morale di Renzo non è la morale finale del libro; non c’è nessun personaggio, anzi, che sopporti questo peso, neppure il cardinal Federigo. La morale di Cristo tocca soltanto a Cristo praticarla in pieno, agli uomini, agli stessi Santi tocca l’avvicinamento, l’approssimazione.


(Carlo Bo, La religione di Serra, Vallecchi, Firenze 1967)

COMPRENDERE IL PENSIERO CRITICO

Quali sono le obiezioni rivolte da Bo a Moravia? Dopo averle riassunte sinteticamente, prendi posizione sulla questione critica dibattuta nei tre contributi proposti. Argomenta il tuo punto di vista sulla base dei brani che hai letto dei Promessi sposi, possibilmente facendo riferimento ad alcuni specifici episodi del romanzo.

Il magnifico viaggio - volume 4
Il magnifico viaggio - volume 4
Il primo Ottocento