INTRECCI ARTE - Le immagini della monaca di Monza

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Le immagini della monaca di Monza

La bellezza e il tormento interiore

Il capolavoro della letteratura italiana, I promessi sposi, ha conosciuto una lunga e ininterrotta fortuna iconografica e nel vasto corpus formato dalle illustrazioni del volume e da dipinti a esso ispirati ha sempre grande rilievo la torbida storia della monaca di Monza.

Gonin e l’edizione illustrata del 1840

È già Manzoni, dopo la prima edizione del 1827, a ipotizzare una versione illustrata, in cui le immagini permettano di raggiungere un pubblico sempre più vasto. Dopo un contatto fallito con il pittore Francesco Hayez, l’opera è affidata a Francesco Gonin (1808-1889), artista specializzato in ritratti storici e soprattutto illustrazioni e incisioni (alcune presenti in questa Unità). Amico e frequentatore dei principali esponenti del Romanticismo italiano, Gonin conosce Manzoni tramite Massimo d’Azeglio: uno dei motivi che induce lo scrittore a sceglierlo per l’impresa è una tela realizzata nel 1837, Gertrude pronta a entrare in monastero. Il dipinto assomiglia a una scenografia teatrale (infatti Gonin aveva lavorato come costumista) e, più che sul dramma della scena, l’attenzione si concentra sui favolosi costumi dei personaggi.

Gonin si dedica alle illustrazioni dei Promessi sposi tra il 1839 e il 1842, realizzando ben 350 xilografie, ossia incisioni ottenute da una matrice in legno, per decorare l’edizione a puntate iniziata nel 1840. In questo lavoro è coadiuvato da Massimo d’Azeglio, Paolo e Luigi Riccardi, Giuseppe Sogni, Luigi Bisi, Federico Moia e Louis Boulanger. La collocazione delle immagini avviene con la supervisione dello stesso Manzoni: «Ti dirò che Manzoni stesso ha fatto il lungo e nojoso lavoro di scegliere i soggetti e la grandezza dei disegni in modo che combinassero col testo dell’edizione», scrive d’Azeglio a Gonin nel 1839. Le illustrazioni che accompagnano la vicenda della monaca di Monza permettono di comprendere come i disegni di Gonin si adattino perfettamente al registro linguistico del romanzo: sono ricche di dettagli, ma chiare, perfettamente leggibili e dotate di grande forza comunicativa, attente alla psicologia dei personaggi e alle loro differenti fisionomie.

Immagini efficaci e ricche di dettagli

Secondo la volontà di Manzoni, le immagini dovevano essere talmente efficaci da non contenere didascalie: così, nell’incontro tra Lucia e la monaca i volti di Lucia, Agnese e fra Cristoforo, come i gesti dei corpi e le posture, esprimono preoccupazione e speranza, mentre Gertrude è in penombra, dietro la “singolare” grata.

Analizzando la fortuna iconografica della figura della monaca di Monza emerge che uno dei temi prediletti è quello dell’incontro con Lucia. L’episodio ritorna in un dipinto di Mosè Bianchi (1840-1904), in cui le due donne, accompagnate da Agnese, sono nel margine destro della tela, con Lucia vestita elegantemente, come una ricca dama, e la monaca quasi dimessa nel suo abito religioso. Accanto all’immagine dell’incontro, però, se ne diffonde un’altra, più complessa e tormentata: il ritratto di Gertude nella sua cella, monaca peccatrice ed eroina di un romanticismo nero. Così compare in un olio di Giuseppe Molteni (1800-1867), affermato ritrattista e rivale di Hayez. Gertrude è dipinta nello spoglio ambiente della sua cella, attorniata da simboli contrastanti, il crocifisso, metafora della sua scelta forzata, e la rosa, abbandonata sul piccolo altare, che ricorda l’amore peccaminoso con Egisto.

Il magnifico viaggio - volume 4
Il magnifico viaggio - volume 4
Il primo Ottocento