T3 - Sognavo o ero desto?

della prudenza, impara a dominare istinti e passioni sottomettendoli al governo della ragione; egli può così recuperare identità e ruolo, ripristinare l ordine sul caos, dimostrare che il libero arbitrio, vale a dire la capacità di scegliere tra il bene e il male, è più forte di ogni predestinazione. In quest opera Calder n torna sui temi a lui più cari: tutte le cose del mondo sono illusorie e possiedono un unico valore, quello che noi attribuiamo a esse, sulla base della spinta che proviene dai nostri sensi e dalle nostre passioni. Perciò ciascuno di noi è chiamato a purificare il proprio sguardo, per riconoscere la vanità delle vicende umane, dei ruoli sociali, dei beni materiali: solo diventando artefici della nostra vita interiore possiamo aspirare alla vera libertà. Oltre a questa dimensione teologico-morale, il testo possiede però anche una valenza politica: all autore preme fornire la raffigurazione del principe perfetto, che si deve affidare più alla ragione che alle passioni. Sognavo o ero desto? / T3 / Pedro Calder n de la Barca, La vita è sogno, atto II, scene XVIII-XIX / Verità e illusione / Riportiamo il passo del dramma teatrale in cui Sigismondo si risveglia nuovamente nella torre, assistito dal fido custode Clotaldo. Ritrovandosi incatenato nella stessa prigione, crede, ricordando la propria recente esperienza di principe nella reggia, che si sia trattato soltanto di uno splendido sogno. 5 10 15 ATTO II, scena diciottesima [ ] sigismondo (si sveglia) Ahimè, ma dove sono? Sono io, per caso? Sono io che, imprigionato, incatenato, mi veggo ridotto così? Torre, non sei tu la mia tomba? Sì. Iddio m aiuti! Quante cose ho sognato! ora che mi svegli? clotaldo Sì, è ora che ti svegli. Vuoi stare a dormir tutto il giorno? Dacché io seguii con la mia tarda vista il volo di quell aquila, e tu restasti qui, non ti sei più svegliato? sigismondo No. E neppur ora mi sono svegliato; che, per quanto intendo, Clotaldo, io dormo tuttavia.1 E non è grande l inganno. Che, se è stato sognato quel ch io vidi tangibile e certo; quel che ora vedo sarà incerto; e non può far meraviglia che qui, nella mia miseria, io sogni vegliando, giacché vedo così bene dormendo. clotaldo Dimmi ciò che sognasti. sigismondo Se fu proprio un sogno, non ti dirò, Clotaldo, ciò che sognai, ma ciò che vidi. Mi svegliai e mi vidi (oh, crudeltà lusingatrice!) in un letto così variopinto che poteva essere il giaciglio dei fiori, tessuto dalla primavera. Ivi mille nobili, prostrati ai miei piedi, mi nominavan lor principe, mi servivan di vesti, di gale, di gioielli. La calma dei miei sensi tu poi mutasti in letizia dicendomi 1 tuttavia: tuttora. Le parole valgono gala Dal francese antico gale, gala è qualsiasi ornamento un po vistoso (nastri, trine, fiocchi, stoffa increspata ecc.) che si adopera come 182 / IL SEICENTO guarnizione dei vestiti. In senso figurato può indicare un ornamento, una fiorettatura del discorso, dello stile: «prosa tutta gale e lustrini . Un altra parola, omografa e omofona della prima, dallo spagnolo gala (che però deriva probabilmente dal francese antico gale di cui sopra), vuol dire lusso , eleganza sfarzosa e ostentata o anche ricevimento solenne ed elegante . A partire dai significati di questa seconda gala, spiega le seguenti espressioni: «essere o mettersi in gala o in gran gala ; «far gala ; «pranzo di gala ; «abito da gala .

Il magnifico viaggio - volume 3
Il magnifico viaggio - volume 3
Il Seicento e il Settecento