T3 - Il proemio

T3

Il proemio

Il Mattino, vv. 1-32

Proponiamo qui i primi versi del Mattino (secondo il testo dell’edizione del 1763), che fungono da proemio dell’opera: il Giovin Signore è invitato ad ascoltare il suo Precettor d’amabil Rito, un insegnante – il poeta stesso – incaricato di mostrargli quali siano i suoi doveri sociali.


METRO Endecasillabi sciolti.
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Audiolettura

Giovin Signore, o a te scenda per lungo

di magnanimi lombi ordine il sangue

purissimo celeste, o in te del sangue

emendino il difetto i compri onori

5      e le adunate in terra o in mar ricchezze

dal genitor frugale in pochi lustri,

me  Precettor d’amabil Rito ascolta.

Come ingannar questi noiosi e lenti

giorni di vita, cui sì lungo tedio

10    e fastidio insoffribile accompagna,

or io t’insegnerò. Quali al Mattino,

quai dopo il Mezzodì, quali la Sera

esser debban tue cure apprenderai,

se in mezzo a gli ozj tuoi ozio ti resta

15    pur di tender gli orecchi a’ versi miei.

Già l’are a Vener sacre e al giocatore

Mercurio ne le Gallie e in Albïone

devotamente hai visitate, e porti

pur anco i segni del tuo zelo impressi:

20    ora è tempo di posa. In vano Marte

a sé t’invita; ché ben folle è quegli

che a rischio de la vita onor si merca,

e tu naturalmente il sangue aborri.

Né i mesti de la Dea Pallade studj

25    ti son meno odiosi: avverso ad essi

ti feron troppo i queruli ricinti

ove l’arti migliori, e le scienze,

cangiate in mostri, e in vane orride larve,

fan le capaci volte echeggiar sempre

30    di giovanili strida. Or primamente

odi quali il Mattino a te soavi

cure debba guidar con facil mano.

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DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

Il proemio del Mattino, dopo un’apostrofe rivolta al Giovin Signore, al quale il poeta si offre come Precettor d’amabil Rito (vv. 1-7), presenta l’argomento dell’intero poemetto (vv. 8-15). Dai versi immediatamente successivi, attraverso pochi ma efficaci tratti, comincia poi a delinearsi la figura del nobile protagonista.

Fin dall’esordio è evidente la forte componente ironica del Giorno: si afferma di voler celebrare la nobiltà del giovane quand’anche si trattasse di un titolo acquistato con il denaro da un padre economo e abile nei guadagni, mentre è chiaro che la vera nobiltà, secondo le leggi dell’aristocrazia, dovrebbe essere solo quella di sangue. Ma il poeta-precettore finge di non dare peso a questa fondamentale distinzione, e si dichiara pronto a guidare l’ultimo rampollo di una casata più o meno nobile: un giovane ozioso e frivolo, che non ascolta i richiami dell’impegno bellico né dell’applicazione allo studio, ma consuma il suo tempo e le sue forze in convegni galanti e in giochi d’azzardo.

 >> pagina 503

Il ruolo assunto dal precettore è del resto del tutto anomalo: contrariamente a quanto accade nei poemi didascalici “seri”, egli non impartirà al suo allievo insegnamenti oggettivamente utili, ma si limiterà a mostrargli come ingannare la noia. Il fatto che questo compito sia enunciato con una solenne serietà è parte della strategia di ribaltamento ironico che regola tutta l’opera.

Nel quadro di questo ribaltamento, comunque, c’è lo spazio per un’aperta polemica contro i metodi educativi tradizionali, oscurantisti e punitivi (i queruli ricinti / ove l’arti migliori, e le scienze, / cangiate in mostri, e in vane orride larve, / fan le capaci volte echeggiar sempre / di giovanili strida, vv. 26-30). Si tratta di un argomento tipicamente illuminista, che di lì a poco avrebbe trovato la più celebre consacrazione con la pubblicazione (1762) del romanzo Emilio di Jean-Jacques Rousseau. Tuttavia, per quanto a quei tempi l’educazione fosse condotta in modo tale da creare negli allievi disgusto – anziché amore – per il sapere, ciò non toglie che il giovin signore odi gli studi soprattutto a causa della sua pigrizia e del suo disinteresse per la cultura.

Tipico tema illuministico è anche il rifiuto della guerra (In vano Marte / a sé t’invita; ché ben folle è quegli / che a rischio de la vita onor si merca, / e tu naturalmente il sangue aborri, vv. 20-23), che però il giovin signore fa proprio solo in chiave egoistica, anche qui come pretesto per scansare le fatiche e i rischi della vita militare.

Le scelte stilistiche

Lo stile è alto, solenne, classicheggiante, come si addice al proemio di un poema. Tuttavia, tale enfasi si rivela presto ironica, riferita com’è a un individuo inerte, che disprezza le occupazioni migliori per dedicarsi completamente a ciò che di più vacuo c’è nella vita di una persona. Così l’ampio fraseggiare (si veda la struttura ricca di iperbati del primo, lungo periodo, che occupa i vv. 1-7), il lessico aulico (sangue / purissimo celeste, vv. 2-3; compri onori, v. 4; lungo tedio, v. 9, e così via), i nomi delle divinità classiche (Venere, Mercurio, Marte, Pallade Atena) stridono volutamente con la futilità dell’esistenza del giovane aristocratico.

VERSO LE COMPETENZE

Comprendere

1 A quali due tipi di nobiltà fa riferimento il poeta nella prima strofa?


2 Che cosa sono l’are a Vener sacre e al giocatore / Mercurio (vv. 16-17)?


3 Per quale motivo il giovane nobile non intende dedicarsi alle attività militari? Perché odia lo studio?

Analizzare

4 Perché il precettore si autodefinisce d’amabil Rito (v. 7)? A che cosa fa riferimento?


5 Parini ricorre all’eufemismo? Se sì, dove?


6 In quali punti il poeta utilizza procedimenti retorici di tipo antifrastico?

Interpretare

7 Come si configura, sin dall’inizio, l’atteggiamento del poeta nei confronti del suo personaggio?

scrivere per...

descrivere

8 Conosci persone simili al giovin signore descritto da Parini? Tracciane un ritratto in un testo descrittivo-narrativo di circa 30 righe.

Il magnifico viaggio - volume 3
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