Specchi incantati - volume C

Virgilio | UNIT 1 tura in Virgilio si dimostra oscura e ostile: Era una vasta selva irta di cespugli e di nere / elci, e dovunque la riempivano tti rovi; / lucevano radi sentieri tra piste occulte (vv. 381383). Sembra di vivere il terrore e la disperazione provati in quel momento tragico: mentre Niso riesce a far perdere le tracce di sé, Eurialo è gravato dal peso del bottino e perde l orientamento. Non appena avverte l assenza dell amico, Niso prorompe disperato: «Eurialo, infelice, dove mai ti ho lasciato? / E per dove seguirti? (vv. 390-391). Inutile è la corsa sui suoi passi per ricercarlo (vv. 391-401). A questo punto la narrazione è affidata alle percezioni di Niso stesso, prima visive, poi uditive, poi di nuovo tragicamente visive. Non c è cosa peggiore di ascoltare suoni e rumori preoccupanti senza avere visione di ciò che sta accadendo: Virgilio lo sa bene e lo fa vivere a Niso, che finalmente vede Eurialo, trascinato dall inganno / della notte e del luogo (vv. 397-398). Nella tragicità del momento, ha un sussulto di religiosità che lo porta a rivolgere una preghiera alla luna: «Tu, o dea, favorevole soccorri la nostra sventura, / bellezza degli astri, latonia custode dei boschi. / [ ] fa che sconvolga quella schiera, e guida l arma nell aria (vv. 404-405, 409). La bella morte Quando ancora l amico più giovane si dibatte tra i nemici, Niso decide di scagliare l asta e la lancia, che atterrano Sulmone e Tago, e di uscire poi allo scoperto nell istante in cui Volcente sta per colpire a morte con la spada Eurialo: «Io, io, sono io che ho colpito, rivolgete contro di me il ferro, / Rutuli! (vv. 427-428). Il gesto di Niso non è dettato dalla ricerca di gloria o della morte eroica, bensì dal desiderio di mettere in salvo Eurialo o di morire insieme a lui, ma è destinato a ritorcersi contro l amico. La sua repentina apparizione, rimarcata dalla ripetizione del pronome io, infatti, non vale a impedire il colpo mortale inferto da Volcente al costato di Eurialo, che cade morto come un ore purpureo quando, reciso dall aratro, / languisce morendo, o come i papaveri che chinano il capo / sul collo stanco, quando la pioggia li opprime (vv. 435-437). Le due similitudini floreali, riprese dalla tradizione epica e lirica, fanno da cassa di risonanza del dolore per la morte del giovane, che tende a farsi universale e a coinvolgere la stessa natura. Virgilio giustappone due diversi motivi: il primo, quello del fiore purpureo reciso dall aratro, destinato a rapida morte, era già in un carme del poeta latino Catullo (XI, vv. 21-25), che l aveva a sua volta tratto, variandolo, dalla greca Saffo; l immagine, forse più delicata per via della sua naturalità, del papavero che china il capo sotto il peso dei semi e delle piogge primaverili si trova invece in Omero (Iliade, VIII, vv. 306-308), che pure la usa per descrivere la morte di un guerriero. Dopo la morte di Eurialo, Niso si sente chiamato a vendicarlo e a uccidere senza pietà Volcente (vv. 438-444), per poi esporsi a sua volta a una rapida morte, trafitto dai colpi nemici, sul corpo esanime dell amico. L episodio è concluso da un accorato intervento del poeta stesso: diversamente dal più oggettivo modello omerico, Virgilio si lancia in un accorata apostrofe rivolta ai due giovani eroi, la cui nobiltà d animo e generosità servirà a garantire loro eterna gloria, grazie alla bellezza immortale della poesia (vv. 446-449). Laboratorio sul testo COMPRENDERE 1. Fai un riassunto del brano (massimo 12 righe). 3. Chi è Volcente? a Un eroe troiano. b Un indovino latino. 2. Chi tra Eurialo e Niso stabilisce che è il momento opportuno per la fuga? c Un generale latino. d L auriga di Remo. 350 80079D_48P1013_INTE_BAS@0350.pgs 17.12.2019 13:26

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Epica